4 luglio 2015
7 a 2. Era stata una vittoria schiacciante, come aveva previsto del resto. E seppure lei giocasse come difensore aveva fatto due goal. Era molto orgogliosa. Amava vincere. Lo ammetteva solo a se stessa: non sapeva perdere. Non riusciva proprio a sopportare la sensazione della disfatta. Questo perché vedeva la cosa come una sconfitta personale. Quando perdeva non si sentiva all'altezza delle proprie aspettative e di quelle degli altri. Il giorno dopo era stata una tranquilla giornata di mare. Aveva fatto le solite cose. Sveglia tardi, primo bagno, pranzo, partita a pallone, secondo bagno, partita a carte e ora stava tornando a casa. Amava la routine estiva. La rintronava e le faceva perdere la cognizione del tempo. Di conseguenza tutto sembrava muoversi più lentamente. Pensava spesso che quello che serviva a tutti era proprio un po' di tempo. Quel giorno il sole giocava a nascondino tra delle nuvole bianche e alcune particolarmente grigie e minacciose. Di li a poco sarebbe venuto a piovere. Ormai era in grado di sapere quando avrebbe iniziato a piovere. A Maiori era facile capirlo. Prima della pioggia era un po' come se il tempo si fermasse. Il sole andava via del tutto e il vento iniziava a soffiare fortissimo. Dopo un secondo di silenzio iniziavano lente le prime gocce e poi come una folla in ovazione il rumore della pioggia si alzava gradualmente fino a che non pioveva acqua a catinelle. Rimuginava su questo mentre faceva degli slalom con la moto per non prendere dei tombini. Arrivò a casa per l'ora di cena. Fece appena in tempo a non prendere la pioggia. Quel mese ospitava Riki e Roky a casa. Erano due cugini con lo stesso nome: Riccardo. Aveva sempre amato gli eventi casuali che avevano fatto nascere la loro famiglia. Pasquale e Annamaria si erano conosciuti in quarto ginnasio e si erano messi insieme. Avevano due fratelli:Francesca, sorella di Pasquale e Nicola, fratello di Annamaria che a loro volta si erano messi insieme. Le due coppie avevano dato alla luce due figli. E poiché i nonni delle due coppie di fratelli si chiamano entrambi "nonno riccardo" decisero di chiamare i due cugini con lo stesso nome. Per distinguerli Veronica li chiamava Riki e Roky. Riki aveva la sua età ed era il suo migliore amico. Come lo erano i loro genitori alla loro età. Quando pensava a queste cose, credeva davvero che facciamo tutti parte di un grande disegno. Secondo lei ognuno di noi è nato per compiere un destino sconosciuto. O almeno era una cosa che amava credere per non avere il timore di essere su un mondo del cavolo senza sapere il perché e senza avere un senso. Aprì il cancello di ingresso che cigolò rumorosamente, ma non tanto da far distogliere a Riki, Roky e Alessandro l'attenzione da quello che stavano facendo. Erano tutti e tre seduti vicini. I loro volti erano illuminati dalla luce forte del telefonino e sembravano quasi ipnotizzati. "Ciao" salutò. Nessuna risposta. "CIAO!" Ancora nulla. Scosse la testa amaramente. Si era perso il gusto di farsi quattro chiacchiere. Ormai tutti usavano i telefoni come se fossero dei prolungamenti delle loro braccia. Non se ne distaccavano mai. Le feste si erano trasformate in un "sms party". Ma non voleva fare l'ipocrita. In fondo anche lei usava il telefono molto spesso. "Se non puoi batterli unisciti a loro" bisbiglio. E si mise su una sedia un po' lontana dagli altri. Prese il telefono e si ricordò di cosa le aveva detto sua madre. Guardava il telefono nero sul tavolo bianco. Il numero lo sapeva a memoria. Lo aveva imparato tempo fa, e sapeva che dall'altro lato avrebbe risposto sempre la solita voce. Lo prese e lo riposò diverse volte. Poi finalmente si decise. Non ce la faceva a chiamarlo, ma un sms le sembrava la cosa più adatta.
"Ciao. I miei hanno incontrato tua madre e mi hanno detto che non stai bene. Cosa hai?"
Lo mandò e bloccò il telefono. Si alzò. Prese un bicchiere di succo e tornò lentamente al tavolo. Ancora nessuno risposta. Il telefono era lì fermo, senza vita e senza la risposta che desiderava. Si chiese se lui lo stesse già leggendo; se lui la stesse ignorando; se il suo messaggio gli facesse piacere o meno. Rilesse il messaggio. Non ci trovava nulla di sbagliato. Era stata sobria e disinvolta. Come una semplice amica. Ed era proprio quella l'impressione che voleva dare. Guardò l'ultimo suo ingresso a what's app: risaliva a pochi minuti prima. "Non risponderà mai" pensò. "E non mi stupisco". E si pose di nuovo il telefono in tasca. Andò spedita in camera da letto e si buttò sul letto. Era stanca. Era stata una bella giornata, ma faticosa. Voleva rilassarsi. Andò a prendere il caricatore del telefono e si diresse verso la presa che stava alla destra del comodino. La sua attenzione fu attirata da una agenda rossa. Sorrise e la prese tra le mani come una vecchia amica.
"Leggo solo un'altra pagina." Pensò tra se e se. Cominciò a leggere. Le parole le scorrevano veloci nella mente. Piano piano il mondo attorno a lei scomparve e fu inghiottita dai vecchi ricordi.
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Maktub- It is written
RomanceUna storia d'amore. Un tuffo tra i ricordi del passato e l'impatto forte e contrastante con il presente. Veronica insegue il suo primo amore dopo cinque anni. Un evento catastrofico aveva portato alla separazione dei due amanti. Riusciranno ora a to...