Capitolo 21

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20 Agosto 2015
Non migliorò. Non migliorò affatto. Ci pensava continuamente. Era diventato un chiodo fisso.
"Certo che tu sei assurda!" Le diceva spesso Riki. "Quando una sbaglia, di solito poi non ricade nello stesso errore. Tu invece perseveri. Non hai ancora capito che non ne vale la pena per uno così?!"
Eppure lei ormai non pensava ad altro. Sapeva che ci voleva tempo. Sapeva che non sarebbe cambiato tutto di punto in bianco. Spesso piangeva tutta la notte, passava le notti insonni o si svegliava all'alba. Desiderava cancellare tutto ciò che era successo.
Eppure era tutto inutile. Era in ogni canzone che ascoltava, in ogni volto che vedeva e in ogni paesaggio che osservava. Non riusciva a tirare su il proprio morale. Più passavano i giorni e più la tristezza si trasformava in rancore e il rancore in odio.
La rabbia salì alle stelle una mattina calda di agosto quando venne a bussare alla sua porta la persona con cui meno si aspettava di parlare. Aveva aperto la porta con un cigolio lento e rumoroso. La guardò. I capelli erano di un rosso acceso tendente al arancione. Aveva due occhi magnetici blu come il mare e uno spruzzo di lentiggini subito sotto gli occhi. Aveva dei lineamenti dolci e poco marcati. Le sorrideva sicura di se e stringeva tra le mani qualcosa in una busta. Era davvero bella. La cosa la fece irritare ancora di più.
"Tu sei Veronica, vero?" Disse sorridendo. Aveva un forte accento inglese.
"Cosa vuoi da me?"
"Solo parlarti. " disse con un gesto di noncuranza con la mano.
"Non credo che noi due abbiamo niente da dirci."
"Forse tu no, ma io si. Dammi solo cinque minuti e ti lascerò in pace."
Lei rimase a guardarla con la mano sulla porta. Poi uscí di casa e rinchiuse la porta  dietro di se.
"Andiamo a parlare in giardino." Disse indicando la strada. Veronica posizionò due sedie vicino alla pianta di gerani. Lei fu la prima a sedersi. Lo fece in modo scomposto e spazientito, al contrario di Monica che si sedette con estrema eleganza. Sembrava che ogni gesto che facesse fosse perfetto e misurato. La cosa la mandava in bestia.
"Ti ascolto." Disse Veronica verde di invidia.
"Prima di tutto voglio dirti le cose come stanno. Io e Daniele stiamo insieme da tanto tempo, ma io ho sempre saputo che lui non era davvero innamorato di me. Lo avevo capito fa da subito. In tutto questo arco di tempo, però, non mi ero mai preoccupata di nulla. Fino a questo momento almeno."
"Senti se sei qui per farmi una ramanzina per la storia tra me e Daniele, taglia corto. Perché non ci tengo! Lui non mi ha detto che stava con te."
"Ne tanto meno io sapevo che mentre non c'ero stava con te."
"Perfetto quindi nessuna delle due lo sapeva. Ora che abbiamo chiarito possiamo concludere con questa pagliacciata."
"Non sono qui per farti un favore nè una ramanzina. Sono qui per Daniele. Quello che sto per dirti è difficile per me. Quindi ti prego ascoltami e fammi finire di parlare." Monica si era fatta seria e sembrava sul punto di piangere. Veronica si risedette con calma e la guardò fissa negli occhi.
"Come dicevo non mi ero mai preoccupata di nulla. Daniele non è mai stato preso da queste ragazze di paese. L'unica persona che temevo era una ragazza di città, una di Roma precisamente, di cui non avevo mai saputo il nome. Ma sapevo che era una minaccia. Quella persona eri tu, Veronica."
"Io?!" Le sembrava impossibile. Una ragazza così bella, così perfetta. Come poteva temere una come lei?
"Perché avevi paura di me?"
"Il tutto è spiegato qui." Le disse porgendole un quaderno tutto nero e con un bordo squarciato. "Lo trovai anni fa in un cassetto di Daniele. Lui non sa che ce l'ho io. Leggilo."
Disse alzandosi. Veronica rimase impietrita a guardare il quaderno. Un misto di curiosità ed eccitazione la invasero. In quel momento desiderava leggere quel quaderno più di ogni altra cosa al mondo.
"L'ho lasciato." Disse secca. Sembrava che Monica stesse facendo uno sforzo enorme per dire quelle parole. "Infondo era quello che voleva. Ti ama. Ti ama davvero. Non potrà mai provare per me le stesse cose che prova per te. In questi giorni è stato molto male. Inizialmente non voleva dirmi cosa avesse. Dopo un po' di insistenza ha vuotato il sacco e mi ha raccontato tutto. Così ho deciso di venire qui. Non si prova un amore così tutti i giorni. Pensaci." E fece per andarsene. Lei non sapeva cosa dire. Era rimasta interdetta, scioccata. Non sapeva davvero cosa dire.
"Monica!" Le urlò dietro. Lei si voltò appena. "Grazie." Disse in un sospiro.
"Figurati" rispose lei e una lacrima le rigò lentamente il viso. Era ovvio che ci tenesse molto a lui. Aveva appena sacrificato il suo amore per renderlo felice. Ammirò quella ragazza, che a quanto pare era comunque due passi avanti a lei. Vide la chioma arancione di Monica allontanarsi lentamente e poi sparire in lontananza. Appena scomparve puntò di nuovo gli occhi sul quaderno. Le sembrava di contenere il cuore di Daniele tra le sue mani. Se lo rigirava tra le mani e lo guardava curiosa.
Lo aprì. Era un semplice quaderno a quadretti. Sopra con un inchiostro nero c'era scritto: "
12 luglio 2010
Caro Diario,
Oggi controvoglia sono andato a fare quella stupida lezione di tennis. Mamma ci teneva tanto che andassi e non volevo farla dispiacere. Alla fine non è stata un' esperienza così terribile. Non per lo sport, quello lo detesto. Ma per la persona che ho conosciuto. Ho incontrato una ragazza molto carina. Con gli occhi scuri e profondi. Sembrano marroni, ma quando sono riflessi dalla luce del sole prendono lo stesso color verde delle divise dei miei soldatini. Ha i capelli biondi come il grano e ricci come le onde del mare. Mi piace davvero tanto. Non sapevo cosa dirle, così ho iniziato a farle degli scherzetti e dei dispetti. Ma lei non l'ha presa proprio bene. Non so come comportarmi con le ragazze. Si chiama Veronica. Abita a Roma. È così bella. Questi giorni ho pensato molto a lei. Non vedo l'ora che arrivi la prossima lezione di tennis.
Daniele
Quel ragazzino di dodici anni riuscì a farla arrossire. Le faceva uno strano effetto leggere le cose che aveva vissuto dal punto di vista di lui. In quel momento pensò che forse non era meglio continuare, perché era una cosa privata. Ma la curiosità era troppa e decise di andare avanti. Lesse di quell'estate, di come lui si era piano piano innamorato sempre più di lei, di come aveva avuto l'idea della collana con la pietra a forma di cuore, della delusione che aveva provato quando lei non aveva voluto baciarlo e del dolore per la morte di Luca. Quelle pagine erano le più consumate e sembravano anche state bagnate. Da lacrime, pensò lei.
Le pagine successive erano bianche.
A metà quaderno la penna nera aveva ripreso a scrivere con una calligrafia diversa, meno scolastica. Più libera e disordinata. Lesse di come aveva trascorso quei cinque anni e di come anche lui l'aveva pensata spesso. Non l'aveva mai dimenticata e aveva aspettato con ansia ogni anno l'estate per rivederla almeno di sfuggita. Arrivò infine al 2015. A quell'estate. A quella strana e pazza estate che li aveva fatti riunire. Lesse di quei giorni e della sua passione per lei. "Lei mi ha salvato. Mi ha fatto provare sensazione che non avrei mai pensato di poter provare. È stata come un angelo sceso dal cielo per salvarmi. Lei sa di estate anche quando fuori piove. Lei era nel mio destino e lo è sempre stata. Non voglio perderla. Non voglio che tutto questo finisca. Non voglio essere di nuovo solo. Perché anche se saremo solo io e lei contro il mondo mi basterà. Lei mi rende felice e io voglio renderla felice."
Lesse quelle ultime parole del diario lentamente, bisbigliando le parole a mezza voce. Chiuse lentamente in quaderno. Non si era accorta che stava piangendo. Sorrise. Pensò a lui. Le apparteneva. Oramai era parte di lei. Era stato un percorso lungo e tortuoso, ma forse finalmente la loro felicità era arrivata. Non poteva aspettare ancora. Prese velocemente le chiavi di casa e si mise a correre. Sapeva la strada. Percorse la strada in salita che costeggiava il fiume senza badare ai passanti. Correva come non aveva mai fatto prima. In lontananza vide una casa giallastra con il tetto rosso spiovente. Bussò più volte al campanello e finalmente le aprì la signora Capone.
"Veronica! Che ci fai qui! Quanto tempo è passato! Vuoi..."
"Mi scusi signora se arrivo così su due piedi." Disse ansimando con il petto che le si alzava ed abbassava velocemente. "Ma devo vedere suo figlio. Adesso."
Lei sembrò interdetta.
"Daniele non c'è è andato via senza dirmi dove andasse."
Lei non disse nulla. Sgranò un po' gli occhi e poi fece retro front. Corse di nuovo verso casa. Prese la moto blu e si mise a cercarlo per tutto il paese. Poi a metà della strada Vecchia si mise a pensare. "Credo di sapere dove si trova adesso" disse fra se e se. E accelerò. Percorse tutto il lungomare e arrivò di corsa alla fine di Maiori. Attaccò la moto in fretta e furia e corse verso gli scogli. Le onde si infrangevano rumorose e producevano alti spruzzi. Erano le sette e mezza di sera e il cielo si era tinto di rosso e rosa. Lui era lì, rannicchiato su uno scoglio che guardava verso il mare. Sullo scoglio del loro primo bacio. Lei gli si avvicinò lenta. I suoi piedi nudi lasciavano leggere impronte sulla sabbia che venivano cancellate quasi subito dalle onde. Quando gli fu abbastanza vicina lui sembrò accorgersi della sua presenza. Fece un salto all'indietro.
"Veronica! Che cosa ci..."
Lei gli porse il quaderno. Lui lo guardò dubbioso aggrottando la fronte.
"Il mio quaderno? Perché lo hai tu?"
"Non ha importanza. È vero?"
"È vero cosa?"
"Che ami così tanto? Allora, è vero?"
Si specchiarono l'uno negli occhi dell'altra. Rimasero in silenzio con il rumore delle onde a fare da sfondo e il vento che li abbracciava entrambi. "Si è vero." Disse lui alzandosi, ma senza distogliere lo sguardo da lei. "Ti amo, Veronica... Ti amo davvero."
Lei cominciò a piangere e gli salto addosso. Pose la testa nell'incavo del collo di lui. Piangeva e rideva e tra le lacrime lo baciava dolcemente. Ogni carezza era un "perdono" e ogni bacio era un "ti amo". Si donarono completamente a vicenda. Erano finalmente insieme, felici, senza confini, senza limiti. Il sole tramontò del tutto e iniziò a calare il buio, ma l'oscurità non li fece separare. Avevano dimenticato tutto il resto. In quel momento erano solo loro due. La sabbia si appiccicava ai loro corpi. Fu bello e piacevole. Lentamente iniziarono a spogliarsi a vicenda. La passione li trasportava. Lui accarezzò dolcemente il seno di lei e gli pose le sue braccia tornite attorno alla schiena bronzea. I loro corpi si completavano e si contorcevano dolcemente come in una danza. Accadde così, naturalmente. Senza se e senza ma. Fecero sesso su quella spiaggetta, soli e incuranti di tutto. No... Perdonatemi... Non fecero sesso... Fecero l'amore. E fu come se Veronica avesse capito per la prima volta il vero significato di quella parola così bella e così potente.
Erano due anime gemelle che finalmente, dopo tanto vagare erano riuscite a trovarsi ed erano sicure, che non si sarebbero mai più lasciate.

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