1 Agosto 2015
Guardava le pagine vuote del suo diario del 2010. Da quando era morto Luca non se l'era sentita di scrivere niente. Era troppo scioccata per farlo. Lo richiuse e lo pose sullo scaffale. Rimase per qualche istante stesa sul letto. Era appena iniziato il mese di agosto. Odiava quel mese. Le metteva ansia. Le faceva pensare che l'estate era quasi finita. Un altro anno sarebbe passato e lei sarebbe andata in quinto liceo classico. Si sentiva male solo a pronunciare la parola "quinto". Non sarebbe mai più stata al liceo. La parola "mai" non riusciva a sopportarla. Le metteva paura, tristezza, malinconia. Le dava un senso di vuoto. "Sarà per quello che gli uomini hanno paura della morte" pensò "in fondo la morte non è forse un mai più?" La cosa le faceva paura. Al contrario amava la parola "sempre". Sin da bambina ascoltava le fiabe e desiderava anche lei un amore che sarebbe durato per sempre. Ma esiste davvero qualcosa che dura in eterno? Questo pensiero la rattristò. Riki le aveva detto che lui ci sarebbe stato sempre per lei. Sarebbe stato ancora così?
Prese il telefono e fece il suo numero. Il telefono squillò più volte. Nessuna risposta. Partì la segreteria. Riattaccò sospirando. Andava avanti così da qualche settimana. Lui non scendeva in spiaggia, non usciva con loro, neanche Roky riusciva a parlarci. Non c'era verso di farlo uscire da camera sua. Si sentiva in colpa. Tutti i suoi tentativi di riallacciare i rapporti con lui erano stati vani.
Quella mattina era scesa tardi. Aveva dormito molto. Erano le due. La sua attenzione fu attirata da un grande cartello rosa appeso un po' da tutte le parti. Sopra vi campeggiava la scritta "Oggi 1 Agosto happy hour alle 18:30 per la nuova apertura del Pineta". Finalmente quel posto riprendeva vita. Negli ultimi anni aveva cambiato spesso gestione e di conseguenza anche i clienti più affezionati avevano perso il gusto di andarci. Pensò che sarebbe stato carino andare con i ragazzi a vedere il nuovo Pineta. Era stato un luogo importante della loro infanzia. Fece una foto al manifesto e lo mandò sul loro gruppo di what's app. Mentre l'immagine si caricava fece più attenzione alla data: "oggi 1 Agosto" diceva la scritta. Daniele le aveva detto che sarebbe partito per dei controlli proprio quel giorno. Per un attimo si fece ansiosa. E se i medici avessero detto che era qualcosa di grave? E se aveva un tumore o qualcosa del genere? Scosse la testa allontanando quel pensiero. Non voleva neanche pensarci. Decise di chiamarlo per vedere come stava e anche per ringraziarlo ancora per averla salvata. Ma la verità era che voleva semplicemente sentire la sua voce. Voleva assicurarsi che stesse bene. Fece il numero. Il telefono squillò più volte ma, come Riki, anche Lui non rispose. Sospirò rimettendosi il telefono in tasca.
Alle 18:30 erano tutti davanti al Pineta. L'antica scritta in legno che campeggiava sull'ingresso era stata sostituita da una luminosa e in stile moderno. Anche l'interno era molto diverso. Prima il pineta era più buio e angusto e dava l'idea di un vero e proprio bosco. Adesso sembrava la sala da pranzo di uno di quei grandi hotel di lusso. C'erano tre tavoli con molte cosa da mangiare: uno per i dolci, uno per la pizza è uno per i fritti. I ragazzi si fiondarono sul cibo, mentre le ragazze cercarono di prendere qualcosa con discrezione.
"Un happy Hour è la forma più simile a una rapina che conosco" disse lei scherzando e vedendo i ragazzi che uscivano con una ventina di babbà di tutti i tipi tra le mani. "In amore come agli happy Hour devi avere una grande faccia tosta per presentarti per la quarantesima volta a chiedere un trancio di pizza." Disse Roky con la bocca piena di pizza. Tutti risero. Improvvisamente squillò il telefono. Ingoiò velocemente il boccone di pizza che stava mangiando e rispose.
"Pronto?"
"Mi hai chimato?"
Rimase con la pizza a mezz'aria. Non poteva crederci. Era lui. Sembrava teso.
"Ehm... Si ti avevo chiamato per sapere come stavi. Sbaglio o oggi avevi dei controlli?"
"Ah..." Disse con noncuranza "si alla fine era una cavolata. Sono sano come un pesce. Beh ci sentiamo."
"No! Aspetta! Volevo solo ringraziarti per quello che hai fatto l'altro giorno."
"Non devi. Spero cha abbiano arrestato quel bastardo."
"Si si. È stato arrestato... Senti quando torni?"
"Domani." Era freddo.
"Ecco... Ti andrebbe di venire a prendere un caffè al bar con me? Per parlare un po'... E poi"
"Veronica... Quello che è successo l'altra sera, non significa niente. Sono contento che tu stia bene... Ma non cambia nulla tra noi."
"Per favore. Solo per ringraziarti. Infondo ho un conto in sospeso con te. Sò che un caffè non è abbastanza ma mi farebbe piacere. Ti prego."
Lui ci pensò un po'. Ci fu silenzio per qualche secondo.
"Ti vengo a prendere domani alle dieci per fare colazione."
"Va bene ci sarò!" Disse lei tutta eccitata.
"Ma non montarti la testa, Veronica. È solo per saldare il conto. Mi offri un caffè e basta. Dopo questo sarà tutto come prima."
"Amici!" Disse lei.
"Dopo questo saremo amici..."
"Non siamo mai stati amici..."
"No. Non siamo mai stati solo amici" lo corresse lei.
Lui non rispose.
"A domani!" Si affrettò a concludere lei eccitata.
"Ciao." Disse lui e riattaccò.
Mise il telefono in borsa e si rese conto che aveva un sorriso a trentadue denti stampato sul viso. Le cose sarebbero cambiate. Anche se lui diceva il contrario. Lo sapeva.
Il giorno dopo alle sei era già in piedi. Non era riuscita a dormire. Si svegliava continuamente nel cuore della notte convinta che stesse facendo tardi all'appuntamento con Daniele. Dopo un po' non resisteva più. Doveva alzarsi. Si fece una doccia fredda. Passo mezz'ora davanti allo specchio senza fare nulla. Si guardava e pensava: a lei, a Danile, a Riki a quelle giornate, a quella strana estate. Cacciò praticamente tutti i vestiti che aveva nel suo armadio senza sapere cosa mettersi. Alla fine optò per un vestito verde scuro dell'armadio. Lo provò. Le cadeva bene sui fianchi e le piaceva molto il colore. Guardò l'orologio. Erano ancora le nove. Mancavano ancora un ora all'appuntamento. Decise di mettersi a disegnare. Si mise sull'amaca in giardino e prese il blocco bianco. Una matita nera. Le serviva solo quello per dar sfogo alla sua immaginazione. Posò la punta sul foglio e poi la ritirò su portandosela in bocca. Non aveva idee. Con i denti mordicchiava la matita pensando a cosa fare. Incominciò a fare cose un po' senza senso: scritte, volti, cuori, stelle, fiori. Al centro, un po' senza volerlo, disegnò due occhi. Le erano familiari. Molto familiari. Continuava ad aggiungere dettagli e alla fine gli occhi sembravano davvero veri: gli occhi di Danile. Sentì un clacson e guardò fuori. Una moto. Arancione e nera. Un ragazzo vi era in groppa come un centauro. Si tolse il casco e un paio di ricci gli ricaddero sulle tempie.
"Andiamo?"
Sorrise e corse nella sua direzione.
"Dove andiamo?"
"Il posto lo decido io, se permetti."
"Ma guido io, se permetti. Questa moto è una bomba!"
"Giù le mani dalla mia piccolina."
"La mia piccolina?!" Gli fece eco lei.
"Ma sei impazzito?"
"Sali. Altrimenti cambio idea e torno a casa."
"Tanto non lo faresti." Sogghignò lei.
"E tu che ne sai?"
"Ci scommetto quello che vuoi" disse salendo sulla moto.
"Tieniti." Disse tagliando corto la conversazione e accelerò più che poté. Andarono veloci lungo la via Vecchia poi passarono per il lungomare e infine fecero un breve tratto verso una torre.
"Ma stiamo andando alla Torre Normanna?"
"Si. Perché?"
"Niente... Non ho mai fatto coalizione lì" disse con un sorriso dolce.
La torre si ergeva ai piedi di una montagna sul mare. Era tutta fatta di pietra. Si vedeva che era molto vecchia. All'interno c'erano diverse stanze che affacciavano tutte sul mare e malgrado l'esterno lo nascondesse, il posto era un bellissimo ristorante di lusso. Si misero ad un tavolo vicino a una ringhiera che affacciava giusto sul mare.
"Allora? Cosa prendi?" Chiese lei aprendo il menú.
"Avevamo detto che mi offrivi un caffè. Dunque prenderò un caffè."
"E non prendi niente da mangiare?"
"Non faccio mai colazione..."
Lei sgranò gli occhi "potevi dirmelo! Ti avrei offerto un pranzo o una cena!"
Lui fece spallucce "che importanza ha? Prima saldiamo questo debito meglio è."
"Ehi! Se per te è una sofferenza stare qui me ne posso tranquillamente andare a casa. Non sono mica un cane che deve essere portato a spasso dal padrone. Fa quello che ti pare."
"Non ho detto questo."
"Allora perché sei qui? Solo per saldare i conti?"
"E tu perché mi hai invitato qui? Solo per saldare i conti?"
"Non rispondere alla mia domanda con la stessa domanda!"
"Senti io non voglio litigare, ok?" Disse lui spazientito.
"Come se la colpa fosse mia! Sei tu che te ne stai lì con la faccia insofferente come se ti stessi portando al patibolo."
Lui stava per controbattere quando arrivò il cameriere. Lei chiese altri cinque minuti per decidere meglio cosa volesse. Il cameriere si allontanò. Ci fu silenzio tra i due e poi lei si fece coraggio.
"Io... Io ti ho chiesto di venire qui solo per ringraziarti. E perché comunque ci tengo al nostro rapporto. Non parliamo da cinque anni! Dobbiamo andare avanti, tutti e due. Dobbiamo concludere ciò che abbiamo lasciato in sospeso e..." Era arrivata finalmente a chiedergli quello che voleva sapere "e voglio capire cosa siamo." Lui la guardò un attimo stava per rispondere quando lei lo interruppe. "Non dire che non ci tieni a me. Perché non è vero. Sai che non è vero. Altrimenti non saremmo qui. Altrimenti non mi avresti aiutata."
"Il fatto che ti abbia aiutata non significa che ci tenga a te. Te l'ho già detto!"
"Allora perché lo hai fatto?"
"Che avrei dovuto fare?! Lasciarti stuprare da quel pazzo maniaco ubriaco?"
Lei fece silenzio. Il cameriere tornò. Ordinarono e rimasero in silenzio. Lei si aspettava che le cose andassero diversamente. Sorseggiarono i loro caffè in silenzio senza guardarsi. La tensione si faceva sentire e lei si stava pentendo di aver fatto quell'invito.
"Allora..." Tento di mettere in mezzo un argomento lui.
"Così tu e quell'imbecille di Riki state insieme? È da quando avevate dodici anni che ti stava appresso..."
"Non chiamarlo così!" Lo rimproverò lei.
"Ok, quell'imbranato di Riki. Meglio così?!"
"No." Tagliò corto lei. Non voleva affrontare quell'argomento. Non con lui.
"Allora state insieme?"
"No. Non stiamo insieme. Abbiamo litigato."
"Per che cosa?"
"Per te."
"Oh che tenero. Ha litigato per il mio amore. Non pensavo di piacergli così tanto. Quindi è imbranato, imbecille e pure gay. Beh digli che sono per altri gusti."
"Non sei affatto divertente."
Lui emise un mugolio alzando gli occhi al cielo. "Sei sempre la solita maestrina. Come quando avevo dodici anni."
"E tu il solito rompiscatole."
"E non ti fai mettere i piedi in testa. Come a dodici anni. Vedo che gli anni passano ma tu non cambi mai, eh?"
"No. Io non sono cambiata. E tu?"
"Sono solo più bello."
"Sei diventato più egocentrico devo dire."
"Il bue che dà cornuto all'asino!" La incalzò lui. Lei fece una smorfia e poi entrambi scoppiarono a ridere
La conversazione continuò per il verso giusto. Nessuno dei due parlò più di quello che era successo il giorno prima, nè di Riki, nè di Luca, nè di altro. Parlarono di loro. Si divertono a riscoprirsi, a fare le domande più strane e mirate per sapere cosa avevano fatto in quegli anni. Fecero una lunga passeggiata sulla spiaggia e arrivarono fino agli scogli. Si sedettero e continuarono a parlare. Lei si sentiva bene come non si sentiva da anni. Era come se tutto quello che era successo fosse scomparso. Erano tornati quei due dodicenni di cinque anni prima. Mentre lui stava parlando ad un certo punto si bloccò. Fissava una cosa che aveva al collo Veronica. Sorrise. Abbassò le palpebre e guardò il mare.
"Buffo." Disse continuando a guardare il mare
"Cosa?"
"Non credevo l'avessi ancora..."
"Ma di cosa parli?"
Lui si girò a guardarla. Le sfilò la
Collana e la prese mostrandogliela a mezz'aria all'altezza degli occhi. "Di questa! Guarda un po'... Cinque anni fa te l'ho data proprio qui." Lei si guardò intorno. Era vero! Non se ne era accorta! Arrossì. "Te l'ho detto. Io ci tengo a te. Ci ho sempre tenuto a te. Per quanto la morte di Luca ci avesse allontanato non ho mai smesso di volerti bene..."
Guardò il mare. Aveva paura di quello che avrebbe risposto lui. Daniele invece giocherellava con la collana e se la rigirava tra le mani.
"Quando è morto Luca..." Incominciò lui. "Ero sconvolto. Luca era un fratello per me. E io lo avevo trattato malissimo quella sera. Gli avevo detto delle cose orrende. Quando ho saputo della sua morte mi sono sentito in colpa e mi sono pentito di non avergli mai detto quanto gli volessi bene. Non riuscivo a capacitarmene, così cercavo di scaricare la colpa su di te. Ma non è mai stata colpa tua. E io lo sapevo. Era solo per giustificarmi in qualche modo." Lei lo guardava seria. "L'altra sera..." Proseguì lui. "Ho avuto paura di star facendo lo stesso errore anche con te. Quando ti ho vista in pericolo ho avuto paura di perderti. Mi sono reso conto che se ti avessi persa anche questa volta non avrei avuto l'opportunità di dirti quanto ci tenessi a te." Ci fu silenzio. Si guardarono per un po' di tempo. Poi lui sorrise abbassandò lo sguardo sulla collana. "Chiudi gli occhi." Disse quasi in un sussurro.
"Perché?"
"Continui a non fidarti di me!" Disse ridendo. Lei allora sorridendo chiuse gli occhi. Si sentì come allora qualcosa che le si infilava dalla testa e poi lenta le scendeva sul collo. Rimase ad occhi chiusi.
"La scena... Allora..." Disse sussurrando "doveva andare così..." Senti il suo viso che si avvicinava al suo. Non aprì gli occhi. Improvvisamente sentì le loro labbra sfiorarsi. Lui le poggiò delicatamente una mano sulla guancia e poi la baciò dolcemente. Non sembrava essere un primo bacio. Non c'era incertezza, nè paura. Era come se entrambi si conoscessero da sempre, ma non solo da cinque anni, da molto più: da secoli, da decenni. Era come se, semplicemente, stessero aspettando il momento giusto per quel bacio, quel
Bacio tanto atteso e bramato. Fu un momento magico. Sentiva il suo odore, il rumore del mare, il calore del sole. Era tutto perfetto. I loro corpi si completamento a vicenda. Erano come due calamite. Lentamente lui si staccò e sorrise sempre ad occhi chiusi.
"Questo bacio" disse "mi era stato rubato tanti anni fa."
"Ma ti è sempre appartenuto" disse lei e lo baciò ancora. Restarono insieme tutto il pomeriggio a baciarsi e a parlare. Rimasero insieme fino al tramonto. Volevano viversi quel momento insieme e volevano godersi ogni attimo, senza pensare al domani.
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Maktub- It is written
RomansaUna storia d'amore. Un tuffo tra i ricordi del passato e l'impatto forte e contrastante con il presente. Veronica insegue il suo primo amore dopo cinque anni. Un evento catastrofico aveva portato alla separazione dei due amanti. Riusciranno ora a to...