Honey

16 - Dial Drunk

Sono sempre stata più lenta degli altri bambini. Quando ero piccola, a scuola di danza, la maestra mi riprendeva continuamente perché non andavo mai a tempo con il suo conto. I passi erano semplici per tutti, ma io sembravo sempre arrivare un attimo dopo. Anche a scuola le cose non andavano meglio. Ci mettevo molto più tempo rispetto agli altri a capire la matematica. Mi sentivo sempre in ritardo, sempre un passo indietro.

Con il passare degli anni, questa sensazione di lentezza si trasformò in un tarlo. Mi convinse che c'era qualcosa di sbagliato in me, che ero diversa dai miei coetanei. Alle scuole medie iniziai a isolarmi. Mi rifugiavo nel mio mondo dove non c'era nessuno che mi facesse notare quanto fossi lenta. I miei insegnanti dicevano a mia madre che avevo sempre la testa tra le nuvole, e lei, paziente, cercava di spronarmi, ma era come se non riuscissi mai a svegliarmi.

Fu solo alle superiori che decisi di provare a integrarmi con il mondo che mi circondava. Fu allora che incontrai Serena. Era la mia compagna di banco dal primo giorno di scuola e lo rimase fino all'ultimo. Con i suoi lunghi capelli neri e quegli occhi a mandorla che sembravano sapere tutto, aveva un'aria magnetica che mi colpì immediatamente. Non solo la ammiravo, la idolatravo. A tal punto che iniziai a imitarla in tutto: il modo in cui parlava, si vestiva, perfino i suoi gusti musicali. Essere sua amica mi faceva sentire potente e un po' meno fuori posto.

Al terzo anno di superiori mi presentò Aiden. Lui era all'ultimo anno, alto e sicuro di sé. All'inizio non mi colpì particolarmente, anzi, trovavo il suo modo di fare un po' troppo arrogante. A me piaceva Luke, un ragazzo della mia classe, timido e gentile. Ma Serena insisteva. Mi diceva che Aiden era perfetto per me, che avrei dovuto dargli una possibilità. E così, dopo qualche esitazione, accettai di uscire con lui.

La prima volta fu strana, la seconda un po' più naturale, e alla terza, sotto casa sua, mi baciò. Fu il nostro inizio.

Da quando io e Aiden ci fidanzammo, Serena rimase sempre al centro della nostra relazione. Era lei il nostro collante, la persona che alimentava o spegneva ogni discussione. Mi fidavo ciecamente del suo giudizio, tanto che, in un certo senso, avevo lasciato che fosse lei a decidere cosa fosse giusto per noi.

Poi arrivò l'estate prima di trasferirmi al college. E quando decisi di lasciare Aiden, Serena smise di parlarmi. Di punto in bianco.

Ricordo ancora quanto ci rimasi male. Serena era stata il mio faro per anni, e perderla fu come ritrovarmi al buio. Per giorni pensai di andare a casa sua, di bussare alla porta e chiederle perché mi avesse tagliata fuori. Ma poi, lentamente, mi resi conto che il nostro legame era diventato tossico. Era un'altra di quelle relazioni che avevano reso la mia vita un disastro. E, anche se mi faceva male ammetterlo, sapevo che dovevo accettare di averla persa.

Così come dovevo accettare che Aiden non sarebbe cambiato mai e che le sue parole non erano altro che disperati tentativi di tenermi legata a lui.

Ero seduta al solito tavolo della mensa del campus, circondata da Naomi, Ava, Carl e Richie. Il brusio di fondo delle conversazioni intorno a noi si mescolava al tintinnio delle posate sui piatti, un rumore che era diventato familiare. Gavin mi aveva mandato un messaggio poco prima, dicendomi che avrebbe pranzato con Mae da qualche parte. E così ero lì, a osservare le grandi finestre della mensa, con lo sguardo perso oltre i vetri.

Il cielo era grigio, pesante, e il vento scuoteva gli alberi con forza, piegandone i rami sottili come fossero fili d'erba. Non mi aspettavo un freddo del genere a Santa Barbara. Pensavo che vivere vicino al mare significasse godersi temperature miti tutto l'anno, ma il vento gelido sembrava volermi smentire a ogni passo. A Oakland era diverso. Lì le maestose querce proteggevano la città, trattenendo parte dell'umidità e del vento ma non della pioggia che, invece, era una costante.