capitolo 15- confessioni

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Non avrei mai voluto allontanarmi dalle sue labbra ma quando ci staccamo io ero senza fiato e senza parole, andai a casa sua e restammo sdraiati sul letto a ridere e scherzare e baciarci, non potevo fare a meno di quelle labbra. Ad ogni bacio mi cresceva la speranza di poter avere una vita normale fatta di amore, amicizia ed esperienze belle o brutte che siano ma ogni attimo di felicitá era sempre oscurato dal segreto che mi portavo dentro da tutta la vita. Nessuno sapeva apparte Maya e lei era un ottima amica non lo avrebbe mai detto a nessuno, anzi non ne parlava mai neanche con me, sapeva ma restava in silenzio. Daniel l aveebbe fatto? Sarebbe rimasto in silenzio? Avrebbe ancora voluto una ragazza segnata da quelle cicatrici? Non so, era troppo presto. Ma non sapevo che il passato mi si sarebbe ripresentato davanti alla porta cosí a breve.
Erano due settimane che stavamo insieme ed era ancora tutto cuori e fiori, qualche litigata ma niente di che, tutto era meraviglioso e nonostante fosse ormai inverno tutto era magnifico e lui mi scaldava il cuore.
" andiamo al cinema"
Mi disse.
" certo perché no?"
" vediamoci un horror non avere paura ti proteggo io"
Cosí deciso il film prendemmo la macchina e venti minuti piú tardi eravamo seduti sugli scomodi sedili del cinema.
Il film era carino, niente di eccezionale, lui mi ha tenuto la mano per tutto il tempo, é stato molto molto dolce. Siamo usciti per ultimi e quando ci incamminammo sul marciapiede per tornare a casa eravamo soli.
" tu sei Alissia?"
Chiese un uomo panciuto che era appena uscito dall' auto, una bella auto sportiva. Erano mesi che nessuno mi chiamava piu in quel modo e questo riportó tutto a galla di nuovo, mi immobilizzai.
" si sei tu"
disse ancora con voce mielosa, avevo sentito troppe volte voci del genere. Daniel mi stava accanto e non sapeva cosa fare lo sentivo mi teneva stretto la mano ma sapevo che si sentiva a disagio, si sentiva a disagio per colpa mia, mi odiavo per questo.
" assomigli davvero tanto a tua madre"
Continuó con lo stesso tono di voce.
" vattene"
Dissi d'un fiato.
" io e tuo padre dobbiamo firmare un contratto e io sono molto indeciso, mi ha detto che tu riesci a convincere la gente molto bene."
Disse ancora avvicinandosi. Daniel si agitava al mio fianco voleva picchiarlo lo so ma io sapevo come erano gli uomini di papà, e lui non era da meno sicuramente aveva un arma e Daniel non doveva avvicinarsi perció lo tenni stretto. Non so neanche io come ho fatto a non farlo muovere ma avevo paura per lui.
" non sono piu sotto il potere di mio padre puoi anche andartene e riferirglielo se vuoi e riferisci anche che se prova a fare di nuovo una cosa del genere vado alla polizzia."
" peccato eri davvero un bel bocconcino, tuo padre perderà un sacco di clienti avendo perso te"
Era a pochi millimetri dal mio viso e mi aveva preso il mento tra le mani, Tenevo Daniel ancora piu stretto in quel momento se no sarebbe partito in quarta. Detto questo se ne andó ma aperto lo sportello dell auto si giró di nuovo verso di me.
" ah Tommi mi ha detto di dirti l' ultima cosa: nessuno crederá mai ad una ragazza pazza"
E ridendo montó in machina e se ne andó. Appena ebbe svoltato l'angolo io crollai a terra singhiozzando, non pensavo mi avrebbe trovato, non pensavo avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, adesso perderó Daniel, avrà capito tutto e non mi vorrà piú come puó volere una ragazza così ma dopo qualche secondo sentí le sue mani avvolgermi e tirarmi su, io non obbiettai e mi lasciai condurre alla sua macchina e poi nella sua stanza dove mi adagió sul letto stringendomi a se. Avevo ormai pianto tutte le mie lacrime in silenzio quando lui paró.
" Ali ti prego parlami, io non riesco a collegaro ció che é successo e sono pronto ad andare ad uccidere questo Tommi ma voglio che mi spieghi"
Disse e a quelle parole non riuscí piu a mentirgli. Passarono un paio di minuti di totale silenzio, non riuscivo a parlare, avevo paura, ma non si meritava questo, doveva sapere.
" mia madre era una donna bellissima, e mio padre un uomo d'affari, si amavano molto. mamma quando avevo tre anni ebbe un crollo, non voleva più mamgiare, ne dormire, fissava il vuoto per ore, non me lo spiegavo era cosí bella e piena di vita, depressione post parto avevano detto i dottori, era colpa mia, tutta colpa mia, se io non fossi nata lei sarebbe ancora in vita, cosí quando lei si suicidó tagliandosi le vene nella vasca quando io avevo sei anni mio padre dette la colpa a me. Non mi parló per un anno, non faceva niente per me, non cucinava per me, non mi preparava i vestiti la mattina, io per lui non esistevo. Avevo da poco compiuto i sette anni, anche se lui non mi aveva fatto ne una festa ne un regalo e ne mi aveva fatto gli auguri, quando una sera si sedetto sul mio letto, ero contenta perché papá voleva parlarmi o mi voleva ancora bene, inizió ad accarezzarmi la guancia, mi diceva sei bellissima, prorpio come tua madre poi senza preavviso mi colpí la guancia fortissimo, io urlai dal dolore ma lui mi ordinó di stare zitta, io piangevo e non la smettevo così prese lo scotch e me lo mise sulla bocca poi riprese ad accarezzarmi la guancia. Si era seduto sulle mie caviglie, in modo da non farmi muovere le gambe e con una mano mi reggeva entrambi i polsi, con la mano libera scese lungo il collo e poi sul petto e sulla pancia fino ad arrivare alla parte piu intima di me, mi toccava da sopra i pantaloni del pigiama, io piangevo, non volevo, poi mi prese una mano e se la infiló nei pantaloni mi fece afferrare il suo coso con la mia piccola manina e inizió a fare su e giu e io non volevo, volevo andarmene ma lui mi bloccava, quando ebbe finito iniziò a picchiarmi, mi piacchiava sul sedere, sulla schiena , sulla testa, aveva detto che non dovevo dirlo a nessuno perché se no mi avrebbero preso per pazza. Dopo due anni era diventata una cosa abituale ogni sera.Veniva da me e faceva tutto questo. Una sera peró non gli bastò e si tirò giu i pantaloni del pigiama, chiusi gli occhi non volevo vedere, lo sentí armeggiare con il mio pigiama e tirarlo giu alle caviglie, poi in dolore lancinante in mezzo alle gambe urlai ma lui prese lo scotch e mi coprí la bocca e mi lasciò cosí, in una pozza di sangue. Fu quando i suoi affari non iniziarono ad andare bene che inizió ad usarmi. Faceva fare ai suoi clienti quello che lui faceva a me, ero una bambina avevo paura, avevo imparato che se restavo ferma tutto quello non sarebbe durato tanto e cosí facevo, ogni volta mi irrigidivo e poi mi lasciavano nella mia stanza buia a piangere. Avevo tredici anni quando un cliente nonostante tutto non aveva firmato il contratto, Tommi andó su tutte le furie, era colpa mia, non lo avevo soddisfatto abbastanza, mi picchió quel giorno come mai aveva fatto, poi preso il vaso sul tavolino e lo scagliò per terra accanto a me, schegge di vetro mi si conficcarono nella schiena e rimasi li per un ora prima che lui me li levasse. Sono stata dominata da lui fino a quando non decisi di scappare per venire qui, pensavo non avrebbe potuto trovarmi, pensavo che qui sarei stata al sicuro. Pensavo che tutto sarebbe finit. Non l'ho mai detto a nessuno. Eppure eccolo qui che mi si presenta davanti tutto lo schifo che ho dentro... tutto lo schifo che mi è successo..." piangevo ininterrottamente e parlavo automaticamente, senza pensare, doveva sapere tutto.

Non farmi scivolare via da te.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora