6.

794 24 1
                                    


La puntata è sempre più vicina e il compito che mi è stato assegnato mi tormenta i pensieri, spero che nell'esibizione io riesca a dare il massimo senza far vincere la paura.

Dopo la lezione con Elena dove abbiamo perfezionato gli ultimi dettagli, sono rimasta in sala provando ad andare più a fondo nei passi che mi mettevano più paura.
Non so che ore sono ne da quanto tempo sono chiusa qui dentro ma dopo aver passato questo tempo immersa nel silenzio e nei miei passi sento la mente molto più leggera. Ho riordinato i pensieri e mi sono promessa di tirare fuori la ragazza che ero prima e lasciare, per un momento, l'ansia fuori da tutto questo.

La strada per tornare in casetta è buia, mi stringo continuamente nel mio giubbotto dato il vento freddo che mi invade la pelle.
Entro dentro la porta salutando Ilan e senza Cri che stanno cenando e mi dirigo verso la camera rossa.

Poso bruscamente il borsone per terra e mi butto sul primo letto disponibile, ovvero quello più vicino alla porta, quello della ragazza che ho incrociato poco prima in cucina.
«È andata così male?» sbarro gli occhi che precedentemente avevo leggermente chiuso e scatto in piedi, ero così tanto sulle nuvole che non mi ero accorta della presenza di Gabriel sul mio di letto. «Potevi almeno avvertire invece di farmi prendere un colpo?» mi avvicino a lui portando una mano sugli occhi, mi siedo nel piccolo spazio lasciato libero dal suo corpo, letteralmente stravaccato e sbuffo leggermente «non è andata malissimo, sono rimasta in sala tutto questo tempo per provare i passi più difficili» rispondo alla domanda lasciata in sospeso prima «sono solo stanca» alzo gli occhi su di lui, mi accorgo solo ora che non porta il cappello ed è per questo che inizio a guardarlo in un modo strano «dove hai lasciato il tuo cappello?» gli chiedo seriamente, lui accenna una risata portandosi le mani sulla faccia «oggi non l'ho messo, cos'è sto male senza» fa una smorfia, la classica da finto offeso «non ho detto questo» gli do manforte scompigliandoli i capelli, lui mi sorride e quando lo fa gli sorridono anche gli occhi proprio come un bambino.

Non so perché o come ma dopo una lunga doccia l'ho ritrovato esattamente come l'avevo lasciato, con le mani dietro la testa, steso sul mio letto e lo sguardo fisso sul soffitto probabilmente perso nei suoi pensieri. Così senza motivo ora siamo stesi insieme, nello stesso letto, parliamo del più e del meno in modo del tutto naturale.
Mi giro con il corpo verso di lui portandomi la mano sotto al viso per sorreggerlo, «parliamo tanto di me ma tu cosa porti in puntata?» il suo sguardo si incupisce e io mi sento improvvisamente in colpa per la domanda che gli ho posto «canto albachiara» si tormenta le mani e i suoi occhi si concentrano su di esse «scusa non volevo farti stare male io non..» lascio la frase a metà pensando di aver già detto abbastanza «non hai detto nulla di male, è una canzone importante per me e in più c'ho scritto delle barre per mia mamma» si gira verso di me scontrando i suoi occhi chiari con i miei corvini. Restiamo fermi a guardarci, nello stomaco dei piccoli movimenti e quando in mente mi tornano le parole di Chiara torno a stendermi a guardare il soffitto.

Dopo un momento di silenzio si gira di scatto verso di me «ma tu non hai mangiato» afferma mettendosi seduto, appoggia una mano sul materasso, gesto che gli risulta comodo per girarsi, di nuovo, verso di me ancora stesa a peso morto sul quel comodo materasso.
«No ora che ci penso, non ho ancora mangiato» lo raggiungo seduta e insieme ci dirigiamo verso la cucina occupata da Trigno e Ilan intenti a farsi una tazza di latte nella quale inzupperanno dei buonissimi biscotti «oh non m'avete chiamato, mi unisco eh» a parlare con il suo solido accento romano è proprio il ragazzo vicino a me, che raggiunge velocemente il mobile dove teniamo le tazze per afferrarne una «eri occupato» alza le spalle con un sorriso furbo il ragazzo dai capelli scuri che trova appoggio dato dal suo amico.

Lascio i tre amici nonché compagni di stanza, discutere tra di loro e dopo aver afferrato velocemente una mela raggiungo Nicoló che sta andando a passo svelto verso la sua camera. Afferrò il suo braccio facendomi notare «che succede?» do il primo morso alla mela che occupa la mia mano destra mentre uno sguardo preoccupato fa capolino sul mio viso «Rudy mi ha dato un compito e ne ho appena parlato con la Pettinelli» si rigira la busta blu tra le dita riprendendo a camminare «e..?» lo spingo a continuare il discorso «lei pensa io che io possa benissimo fare questo compito e ha detto che più canto e più lei è felice» viste le parole belle dette dalla sua prof mi aspettavo un cambiamento di espressione ma nulla, rimane cupo con la testa china verso quella busta «e non sei contento per le parole che ti ha detto la tua maestra?» una volta arrivati in camera sua, mi sistemo con le spalle al muro seduta comodamente sul suo letto, mentre lui continua a fare avanti e indietro per tutto il perimetro della stanza «si sono felice per le sue parole ma sono stranito perché so che in parte Rudy ha ragione» ed ecco che per la prima volta oggi alza gli occhi verso di me, stringendosi nelle sue spalle io di rimando lascio comparire sul mio viso una faccia contrariata «per emozionare chi mi ascolta dovrei emozionarmi io per primo ma mi sento come se nulla potesse realmente entrarmi dentro» gesticola velocemente lasciando cadere la busta blu sul letto di fianco al suo «che canzone devi cantare?» gli faccio cenno di avvicinarsi e sedersi vicino a me cose che poco dopo fa «abissale di tananai» mi appoggio sulla sua spalla, sono davvero sicura che lui possa spaccare sia su questa canzone sia su qualsiasi altra ma se lui sta così la sua performance non sarà delle migliori. «Lavoraci, tanto, sia io che te sappiamo di cosa sei capace, spaccherai» gli lascio un veloce bacio sulla guancia prima di alzarmi e dirigermi verso il secchio per buttare ciò che rimane della mia mela.

Dei tre ragazzi di prima, in cucina ne è rimasto solo uno: Ilan, intento a pulire le tazze usate da lui e dai suoi compagni. Mi fermo affiancandolo «ei superstite, Gabriel è in camera?» lo prendo in giro ridendo, la mia espressione è interrogativa mentre aggancio le mani ai miei stessi fianchi «ei simpatica, no è fuori nel retro» mi tiene testa continuando il "giochetto" appena inventato per poi continuare con il suo da fare mentre io lo sorpasso, attraverso le stanze dando la buonanotte a chiunque ci sia dentro. Apro la porta che da sul giardino, il ragazzo è avvolto nel suo grande giubbotto ed ha, come sempre, lo sguardo perso davanti a lui, mi faccio spazio affiancandolo provando a guadagnare un po' di calore «che succede?» mi chiede uscendo dal suo stato di trans «nulla» alzo le spalle mettendo le mie mani nelle tasche, lui mi passa un braccio intorno alle spalle facendomi rannicchiare in prossimità del suo fianco. Mi godo il calore che emana come se fosse ossigeno.

I miei occhi si chiudevano da soli data la tanta stanchezza, così a malincuore dedico di lasciare quel posto caldo e andare a rifugiarmi sotto le coperte altrettanto calde, «io vado» mi stiracchio velocemente prima
di avvicinarmi per lasciargli un bacio sulla guancia «notte e grazie per il calore» ridacchio sotto i baffi alzandomi, prima di lasciarmi il freddo dietro le spalle mi sento richiamare «Lea» mi giro trovandolo già a guardarmi «dimmi» gli sorrido spontaneamente «ti ricordi il bigliettino letto in puntata?» mi chiede abbassando velocemente lo sguardo «si» la mia sembra quasi una domanda più che una vera e propria risposta «l'ho scritto io» rimango ferma, in realtà io a quel bigliettino non avevo minimante pensato non per cattiveria ma semplicemente perché lo avevo completamente rimosso. Con la puntata andata male e il compito di Deborah tutto è passato in secondo piano. Non avrei mai pensato che a scriverlo fosse stato proprio lui.
«Anche io quando parlo o semplicemente quando sto con te sto bene» mi sorride timidamente augurandomi buonanotte, dopo aver fatto altrettanto mi chiudo la porta dietro le spalle e mi dirigo verso la mia camera con un sorriso a trentadue denti.

intertwined - Vybes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora