𝑉𝑒𝑛𝑡𝑖𝑛𝑜𝑣𝑒

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«Veloce»

L 'aria fresca del mattino entrava e usciva dolorosamente dalla gola secca mentre procedevamo velocemente nella radura, il cuore batteva quasi troppo velocemente per essere contenuto nella mia cassa toracica. Nessuno si era ancora svegliato ma nemmeno Dianae sapeva quali guardie fossero fedeli a Ichor, anche lui aveva le sue spie.

Superammo le collinette e a quel punto dovemmo fare ancora più attenzione, lei non mi lasciò mai la mano mentre camminavamo lentamente tra i resti della festa. Se Dianae aveva detto la verità e Sire Auron non avrebbe potuto proteggermi quella notte, la mia unica speranza era di vedere Morfeus con il suo seguito proprio ai confini dei territori del Giardino.

Passammo silenziosamente vicino ad uno dei bracieri lasciati cadere a terra, l'erba era bruciata nella sue vicinanze e qualche pixie gli dormiva accoccolato intorno. Alzai lo sguardo agitato su Dianae e lei mi fece il segno di fare silenzio, era semplice per lei che sembrava essere fatta della stessa consistenza della rugiada ma per me non lasciare un segno tangibile del mio passaggio era pressoché impossibile: l'erba scricchiolava sotto i miei piedi, il respiro usciva a sbuffi dalle mie labbra ed era già un miracolo non aver svegliato nessuno fino a quel momento.

Raggiungemmo finalmente la mia tenda e fui grata che si trovasse in disparte, molto meno che le guardie che avevano giurato di proteggermi sulla propria vita, in realtà non erano nemmeno nei dintorni.

Entrammo ansimando senza respiro e Dianae chiuse accuratamente i lacci della tenda.

«Non uscire da questa tenda, a meno che non sia io o mio padre a venirti a prendere» Sibilò, fui abbastanza sicura di sentire la paura nei suoi bisbigli a anche su chi potesse essere rivolta. Se persino la sua stessa sorella era spaventata delle azioni di Ichor, io avrei dovuto essere terrorizzata.

La corona aveva una pesantezza strana sulla mia testa, dolorosa a volte con le spine del biancospino a ferirmi la pelle, eppure mai abbastanza reale perché il mio valore di regina potesse veramente contare qualcosa. Una pedina che non immovibile sulla scacchiera ma che non può essere nemmeno sacrificabile.

Allora mi chiesi, perché?

Perché avevo sentito il bisogno di indagare nel Giardino? Perché mi ero offerta come regina fin da principio? Arrivai alla conclusione di non saperlo nemmeno io, quello slancio che avevo sentito, ogni volta prima di prendere una decisione, aveva il sapore del coraggio e del potere sulla mia lingua abituata alla solitudine e quiete di una ragazza timida e per qualche motivo era sembrato...giusto.

In quel momento però, la vocina che mi incitava ad agire se ne rimaneva vantaggiosamente in silenzio.

«Bene, certo.» Risposi annuendo velocemente, guardandomi attorno febbrilmente, pregando che Zigo avesse portato il mio messaggio a Morfeus.

Dianae annuii poi, velocemente, lasciò la mia tenda abbandonandomi nel silenzio. Era pieno giorno, l'abitudine crepuscolare delle fate aveva intaccato anche me ed ero stremata, anche se la mia mente era coperta da una fitta nebbia di pensieri.

Mi abbandonai contro i cuscini ed aspettai, reagendo ad ogni piccolo suono e ombra muoversi fuori dalla tenda. I miei occhi iniziarono a bruciare, le palpebre a farsi pesanti e provai a forzare me stessa a rimanere sveglia, pronta per tutto il resto del giorno, fallendo miseramente quando lentamente tutto si fece di nuovo tiepido e buio.

Non sognai nulla, né Morfeus, né i miei genitori.

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Le ore buie erano lunghe e lente in quei territori, era parte del loro fascino terrificante e ogni fata nel Giardino ne era consapevole. La notte era calata con l'odore acre del fumo e del fuoco, chiodi di garofano e cannella profumavano l'aria in modo quasi inebriante cercando di sovrastare tutto il resto.

𝐿𝑎 𝐹𝑎𝑟𝑓𝑎𝑙𝑙𝑎 𝐷𝑖 𝑀𝑜𝑟𝑓𝑒𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora