Capitolo 9: Heathens- Twenty One Pilots (Aiden's Pov)

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Quando mi avvicinai a Diana, il mondo intorno a me si ridusse a un semplice sussurro. I suoni della festa svanirono, sostituiti dal battere frenetico del mio cuore e dall'eco dei miei pensieri. Lei era accasciata sul marciapiede, le guance pallide e gli occhi chiusi, mentre Camilla cercava di scuoterla con dolcezza. L'aria era pesante, carica di tensione e preoccupazione.

«Diana, ti prego, svegliati», disse Camilla, la voce tremante come se fosse sul punto di scoppiare in lacrime. «Diana!»

Mi inginocchiai accanto a loro, il panico che mi strizzava lo stomaco come una morsa. Non sapevo se fosse colpa della festa o del caos che l'aveva seguita, ma in quel momento non importava. L'unica cosa che contava era aiutarla.

«Cosa è successo?» chiesi, cercando di mantenere la calma. Ma la mia voce tremava, tradendo la mia ansia. Volevo stringere il suo cuore tra le mani, ma non riuscivo a muovermi.

Camilla mi guardò, gli occhi pieni di lacrime. «Non lo so, Aiden. È come se avesse avuto un attacco di panico. Era così tranquilla e poi... poi è svanita. Ti prego, fai qualcosa!»

Sospirai, cercando di prendere in mano la situazione. Presi la mano di Diana e la strinsi delicatamente. «Sirenetta, ascolta la mia voce. Sono qui. Siamo qui con te. Devi tornare da noi, per favore.»

Le sue labbra si muovevano, ma le parole non uscivano. Il suo viso era pallido e la tensione nei suoi lineamenti mi faceva sentire come se il mondo stesse crollando attorno a me. Non volevo pensare al peggio, ma la mia mente correva verso scenari inquietanti.

Un silenzio angosciante circondava il marciapiede. Mentre cercavo di calmarla, il mio telefono vibrò nuovamente, ma ignorai il messaggio. Questo non era il momento per distrazioni. Avvicinai la mia bocca al suo orecchio e sussurrai: «mikrì mou gorgóna sei forte. Ricorda quando siamo arrivati qui e ti sei divertita? Lo puoi fare di nuovo, solo... apri gli occhi, ti prego.»

Dopo un momento che sembrò un'eternità, le sue palpebre tremolarono e finalmente si aprirono. I suoi occhi cercarono i miei, e un'ondata di sollievo mi attraversò. Era viva, ma sembrava ancora lontana.

«Aiden...» mormorò, la voce rotta. «Cosa è successo?»

Ritrovai il respiro e mi affrettai a rassicurarla. «Oddio Sirenetta, sei svenuta, ma adesso sei al sicuro. Camilla e io siamo qui, tutto va bene. Hai bisogno di acqua o di qualcosa?»

Il suo sguardo si spostò su Camilla, e la fragilità del momento mi fece sentire come se il tempo si fosse fermato. «Non riesco a respirare bene», disse Diana, la voce tremante.

La preoccupazione si mescolava alla frustrazione. «Camilla, puoi andare a prendere un bicchiere d'acqua?» chiesi senza distogliere lo sguardo da Diana, mentre la tensione nell'aria cresceva.

Camilla annuì e si alzò in fretta, ma non prima di avermi lanciato uno sguardo significativo. Mentre si allontanava, tornai a concentrare l'attenzione su Diana.

«Lo sai che non ti lascerò più sola, vero?» dissi, tenendo la sua mano tra le mie. «Non ti affiderò mai più a quella disagiata di mia sorella. un compito aveva, uno solo,cavolo!»

Lei annuì lentamente, ma non sembrava completamente presente. Le domande mi tormentavano, e c'era qualcosa che non mi diceva, qualcosa di più profondo.

«Diana, per favore, dimmi cosa sta succedendo. Ho bisogno di capire», la esortai, sperando che le mie parole la portassero a confidarsi.

Ma prima che potesse rispondere, il mio telefono vibrò ancora. Era un messaggio. Lo ignorai ancora una volta, ma un istinto di protezione mi spinse a controllarlo. Volevo che Diana si sentisse al sicuro, ma avevo bisogno di sapere se ci fosse qualcosa o qualcuno che poteva aggravare la situazione.

Guardai Diana, i suoi occhi cercavano i miei. «Aiden, per favore», disse con una voce rotta. «Non voglio che tu sia preoccupato per me. È solo... è solo che a volte mi sento sopraffatta. Non so come gestirlo.»

In quel momento, il mio cuore si spezzò un po' di più. Lei non doveva sentirsi così. Nessuno dovrebbe sentirsi così.

Ero pronto a combattere con tutto me stesso per lei. Ma mentre pensavo a come confortarla, il mio telefono vibrò ancora. Questa volta non potevo ignorarlo. Tirai fuori il telefono e lessi il messaggio.

Il mondo sembrò fermarsi di nuovo.

Jenna

"Sei felice ora? La tua amichetta la prossima volta non potrà più sedersi."

L'ira si riversò dentro di me come un fiume in piena. Le parole di quella ragazzina si ripetevano nella mia mente. Non potevo credere che Jenna potesse aver contribuito a tutto questo. C'era qualcosa di sbagliato, e dovevo scoprire cosa fosse.

Mentre riflettevo su questo, Camilla tornò con l'acqua e la posò delicatamente accanto a Diana. «Ecco, speriamo che questo ti aiuti», disse con un sorriso forzato. Ma il suo sguardo tradiva preoccupazione.

Diana si sedette lentamente, accettando il bicchiere e sorseggiando l'acqua. Le sue mani tremavano, e io non potevo fare a meno di pensare che avrei dovuto proteggere la mia sirenetta.

«Diana, vuoi parlarne?», chiesi, e la mia voce era un misto di dolcezza e determinazione.

Lei esitò, poi abbassò lo sguardo. «Non so da dove cominciare. È solo che mi sento così insicura...» Le sue parole erano come schegge di vetro che si infrangevano nell'aria, lasciando dietro di sé un senso di vulnerabilità.

«Lo so, ma ricordati che non sei sola. Se c'è qualcosa che ti preoccupa, voglio saperlo. Non voglio che tu ti senta mai più così», dissi, cercando di farla sentire al sicuro.

Ma il suo sguardo si spostò oltre di me, come se avesse visto qualcosa che io non potevo. E quel qualcosa sembrava richiamare la mia attenzione. La tensione tornò a farsi sentire, come un'ombra oscura che aleggiava sopra di noi.

In quel momento, il mio telefono vibrò di nuovo, e istintivamente lo afferrai. Era un messaggio da Camilla. Lo lessi, ma non potevo fare a meno di sentire una morsa di paura nel mio petto.

La mia mente tornò a Jenna, a come mi era sembrata così sicura di sé durante la festa, come se nulla potesse toccarla. Ma adesso, con la fragilità di Diana davanti a me, la verità cominciava a chiarirsi.

Camilla mi guardò preoccupata. «Aiden, tutto bene?»

Rimasi in silenzio, fissando lo schermo del telefono. La mia rabbia cresceva, e il desiderio di proteggere Diana si intensificava. Dov'era Jenna adesso? Cosa stava facendo?

«Devo andare a parlare con Jenna», dissi infine, la mia voce decisa. Non potevo lasciare che fosse solo un'ipotesi, dovevo affrontare i demoni che si nascondevano nel caos di quella festa.

Diana mi afferrò la mano, ma la sua espressione di apprensione mi fermò. «Aiden, aspetta. Non voglio che ti metta nei guai.»

«Non posso restare qui senza sapere. È una questione di principio. Se c'è anche solo una possibilità che sia stata colpa sua, dovrò ucciderla»

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