CAPITOLO 14

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Nel frattempo, Elvira accompagnò Tony in un luogo non molto lontano dalla Questura, circa cinque minuti a piedi da lì. Lo fece accedere a quello che pareva l'ingresso a una cantina abbandonata, un'anonima e piccola porticina in un anonimo vicolo. Tony lasciò condurre per quella grigia strada di Pontiera del Colle, oltrepassando ogni sorta di negozio, abitazione e struttura nei più disparati stati di mantenimento, finché non venne condotto in un sospetto vicolo. Il sole del pomeriggio batteva forte sulle pietre della città, ma non era sufficiente a contrastare la gelida aria di Dicembre - ormai quasi Gennaio - che sferzava incessantemente le stradine di antica pietra. Il giretto durò pochi minuti, una fortuna inaspettata: era ora di vedere quanto questi Aasimar si fossero invischiati con gli innovatori. La donna bussò, e dopo pochi secondi una voce profonda le rispose.

«Parola d'ordine?»

«L'ala destra del Divino.»

Subito dopo la porta si aprì, rivelando un Aasimar alquanto insolito: vi era un uomo alto e imponente, una folta barba argentata, come i suoi lunghi capelli, si contraddistinguevano dal classico bianco della vecchiaia. Poteva avere una quarantina d'anni, non di più. Squadrò Tony con uno sguardo che pareva quello di un bruto, ma il suo allegro amichevole e allegro tono di voce lo tradì completamente.

«Oh, Elvira. Ne hai reclutato un altro? Pensavo che da queste parti ci fossimo solo noi.»

«Viene da Velsia, è un mio nuovo collega di lavoro. In effetti mi chiedo perché non ci sia un'organizzazione di Aasimar proprio nella capitale...»

Tony squadrò dal basso verso l'alto l'imponente omaccione di fronte a lui, ne rimase stupito, non pensava potessero esistere Benedetti tanto massicci, aveva dato per scontato che tutti fossero un po' più esili, com'era lui, ma a guardare quel barbuto lì sembrava di avere davanti la versione Aasimar dei gemelli Ambervale. Inoltre, per ora due membri su due si erano rivelati ben oltre la gioventù. Che fossero tutti così tanto adulti? In effetti Pontiera sembrava proprio la classica città piena di anziani.

«Penso che nella capitale molti abbiano una mentalità poco estroversa, un gran peccato.»

Sciolse il braccetto con Elvira e passò il bastone nell'altra mano, per salutare il grosso Aasimar con la mano dominante.

«Piacere, Tony. Voi come vi chiamate?»

Il grosso uomo gli strinse ben volentieri la mano, e ciò lo si capiva dalla sua forte presa stretta. Era vestito come un normale cittadino di basso ceto, più precisamente pareva un boscaiolo.

«Oh, Tony, che grandissimo piacere conoscere un altro Aasimar! Io sono Ugo. Prego, prego, accomodatevi!»

Lo prese per le spalle e con un enorme sorriso lo trascinò di forza all'interno del locale, suscitando un risolino da parte di Elvira.

«Scusatelo, Ugo è parecchio eccitato nel conoscere un altro come noi. Comprensibile, no?»

Mentre lo accompagnava a quello che sembrava un bancone di una birreria, Ugo si girò verso di lui, e osservò la sua maschera, battendo l'indice un paio di volte su di essa.

«Oh, questa è di ottima fattura, si vede. Chi ve l'ha costruita?»

Tony si sentì estraniato da tutta quella gentilezza; faticava a ricordare l'ultima volta che qualcuno l'avesse accolto con così tanto entusiasmo. Si lasciò condurre felicemente fino al bancone, sforzandosi un po' per stare al passo di Ugo.

Il ritrovo degli Aasimar di Pontiera aveva l'aspetto della tipica taverna di strada costruita nel medioevo, ma non era un male, nonostante Tony fosse solitamente avverso ad atmosfere così pacifiche. Si respirava un'aria di familiarità e comunità al suo interno, tutte sensazioni che al chierico, nonostante l'appartenenza ad un culto, erano mancate immensamente. Era così contento che neanche si infastidì quando Ugo picchiettò sulla maschera, anzi, fu lieto di avere finalmente un'occasione per parlare del suo indumento preferito con gente che poteva realmente capire perché la indossasse. La tolse per mostrarla meglio.

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