Capitolo 3.

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Sento il mio cuore battere. Forte. Troppo forte.

Mi guardo intorno e lo vedo. È proprio li, a qualche passo da me che mi guarda tristemente. L'ho offeso ancora una volta.

-E dai Nick, lo sai che stavo solo scherzando. Hai dieci anni ormai, dovresti capirle queste cose- dico con il fiatone avvicinandomi a lui. Gli porgo una mano nel buio della notte per farlo tornare indietro.

-No, basta Alexandra. Ora mi hai stancato!- urla piagnugolando. Lo so che scherza, fa sempre così. Esce di corsa di casa e si fa inseguire, piagnugola un po' e poi ti prende la mano e torna a casa con te. Sempre. Ma forse quel sempre non era vero.

Mi avvicino e quando sto per sfiorarlo scappa nella direzione della strada. Vedo solo una luce che si avvicina velocissima ed illumina sempre di più la figura di Nick. Poi uno schianto.

-Nicolas!- urlo mettendo le mani fra i capelli. Corro verso mio fratello, ormai steso a terra.

-Mamma aiuto! Chiamate un'ambulanza per favore!- urlo sempre più forte in preda alla disperazione, mentre dei ragazzi scendono un po' barcollando dalla macchina.

Prendo la testa di mio fratello fra le mani e vedo i suoi occhi socchiusi.

-Scusa Alex...- sussurra a fatica.

-Nick non devi scusarti di niente, è solo colpa mia- dico cominciando a piangere e accarezzandogli il capo.

-Non mi lasciare ti prego. Devi resistere- sussurro avvicinandomi a lui, per poi lasciargli un bacio sulla fronte.

Lo vedo sorridere debolmente e sento la sua mano innocente stringere la mia, per lasciare la presa subito dopo. Per sempre.

Comincio a piangere sempre più forte, mentre sento i songhiozzi di mia madre alle mie spalle e delle ambulanze avvicinarsi. Comincio a vedere sempre più scuro fino a perdere i sensi.

L'ultima cosa che riesco a sentire è una vocina nella mia testa che continua a ripetere:"È tutta colpa tua".

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Mi sveglio di scatto con il fiatone. Mi siedo sul letto e mi guardo intorno, spaventata.

Ricordo quella scena come se fosse accaduto ieri ed ogni volta il dolore è più forte, incessante.

Guardo l'orologio che segna le tre di notte e decido di scendere in cucina per prendere un bicchiere d'acqua. Prendo dal frigo la bottiglia e verso il liquido trasparente nel bicchiere, per poi mandarlo giù in un sorso. Torno di sopra per tornare a letto, quando il mio sguardo cade sulla stanza di Nicolas. Mi avvicino alla porta e tiro giù la maniglia, entrando nella stanza. Le pareti blu mi irradiano allegria e tristezza nello stesso tempo, mentre le sue macchinine accuratamente posizionate sulle mensole mi regalano un sorriso. La sua stanza è ancora tutta in ordine ed il letto non ha nemmeno una piega. Purtroppo.

Mi siedo delicatamente sul materasso e chiudo gli occhi, cercando di ricordare la voce di mio fratello. Ricordo ancora quando non riusciva a dormire, allora venivo a fargli compagnia e parlavamo finchè non si addormentava, ma non riuscivo più a ricordare la sua voce. Nella mia mente ormai era rimasto solo il suo viso ed il suo corpo freddo, abbandonato sulla strada di fronte casa. Una piccola lacrima mi riga la guangia sinistra e la asciugo velocemente.

Torno nella mia stanza e vado a farmi una doccia, sapendo che ormai non riuscirei mai ad addormentarmi di nuovo. Prendo dei jeans chiari strappati eccessivamente su varie parti del tessuto, un maglione non troppo pesante color panna e le converse bianche. Indosso tutto velocemente e prendo il mio zainetto nero, il telefono e le cuffie.

Mi precipito fuori casa e prendo il mio skate. Infilo le cuffie facendo partire la riproduzione casuale e mi dirigo verso il parco.

Appena arrivo mi siedo sulla prima panchina che incontro e spengo la musica, godendomi il silenzio notturno di Londra.

Alive.//B.W.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora