CAPITOLO II - ATTRAZIONE FISICA, PARTE I

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CAPITOLO II

ATTRAZIONE FISICA, PARTE I



Eravamo in quella casa da almeno un'ora e gli unici che parlavano erano i nostri genitori. Noi poveri, poveri, figli eravamo intenti a fingere di seguire la conversazione sperando che qualcuno chiedesse delle nostre vite. A quel punto a me non interessava più dire che non ero stata ammessa per due volte, mi sembrava di essere in un clima così famigliare e accogliente che quasi mi sarei voluta spogliare e girare nuda per casa. Mi sentivo bene! Stavo bene!

I miei anche sembravano essere felici, e anche Anne con Des! Tutti lì dentro eravamo felici!
Forse era dovuto al fuoco che scoppiettava, dal tè che continuava a ed essere tanto e caldo.
Noi tre eravamo sempre sul divano, Des era sempre sulla sua poltrona, mentre Gemma e Harry erano seduti a terra vicino al fuoco e ogni tanto parlavano tra di loro. Anche se non ero considerata da nessuno mi sentivo in pace con me stessa.
Forse dentro al tè c'era qualcosa...
«Allora, Lea...Cosa studi?» Anne si accorse di me dopo molto tempo.
«Voleva studiare medicina, ma ci sono stati vari problemi e per questo tra un mese ci riproverà» rispose al mio posto papà che mi picchiettò il ginocchio come Des aveva fatto a Gemma.
«Mentre Harry che cosa studia?» domandò la mamma, spostando l'attenzione su di lui.
«E' entrato alla London University e studia giurisprudenza » rispose Anne dopo aver sorseggiato dell'altro tè.
La conversazione andò avanti fino a trasformarsi in una discussione sulla criminalità in Inghilterra. Poi non so per quale motivo mi ritrovai a parlare di chimica e biofisica. Erano argomenti che avevo studiato per conto mio e che mi affascinavano. Mentre parlavo tutti se ne stavano lì ad ascoltarmi e per la prima volta dopo anni mi sentii presa in considerazione e anche intelligente.
Come poteva essere accaduto nel giro di poche ore?
«Sei veramente brava. Veramente! Mia sorella lavora in cardiochirurgia e se vuoi appena ti laurei posso prendere provvedimenti e vedere se riesco a farti entrare...» disse gentilmente Anne.
In una botta ero riuscita a cambiare, a conoscere nuove persone favolose e mi ero assicurata, praticamente, un lavoro dopo la laurea. A quel punto davo anche per scontato l'ammissione all'università, ero ormai già a pensare al lavoro! Eppure per medicina ci volevano minimo cinque anni, senza contare la specializzazione! Ma non m'importava!
«Che ne dite di rimanere a cena?» propose sempre Anne.
«Non vorremmo disturbare più del dovuto...» rispose la mamma.
«No, non disturbate affatto! Anzi! Ci fate un po' di compagnia! Però dovete scusarci, ma non avendo ancora fatto la spesa siamo senza nulla...Se per voi va bene Des potrebbe ordinare la pizza»
«Perfetto, grazie» sorrise mamma.
Anne si alzò e con lei anche mamma che l'aiutò a sistemare le tazze e il vassoio, lasciando così me, papà, Des, Gemma e Harry da soli.
Dopo di che Des e papà si alzarono mentre parlavano di vedere dei libri rari. Così rimanemmo solo noi ragazzi.
La situazione era strana. Io ero sul divano e loro davanti a me seduti a terra. Sì, lo ammetto, un minimo d'imbarazzo arrivò, e alla fine nessuno dei tre sapeva cosa dire.
«Allora...Lea, hai vent'anni?» cominciò Gemma.
Annuii.
«Bene, bene....Hai l'età di Harry...Sei fidanzata?» domandò ancora.
Il fratello le tappò la bocca guardandola male, poi guardò me e mi sorrise come per scusarsi del comportamento poco adatto della sorella.
«Scusala, ma solitamente la teniamo chiusa in cantina...» disse in seguito il fratello, mentre ancora le teneva la bocca tappata.
Lei girò gli occhi verso di lui e lo guardò malissimo, così male che lui le tolse la mani dalla bocca e si mise a distanza da lei.
Mi venne da ridere, erano spassosi, si comportavano proprio come fratello e sorella. E per me vedere certi comportamenti era sempre una meraviglia.
«Perciò vuoi studiare medicina... Ho saputo che stanno rifacendo gli esami per chi vuole ritentare» disse cortesemente Harry che poggiò le braccia sul tavolinetto.
«Sì, l'ho saputo oggi...Diciamo che l'altra volta non ero in me» trovai una scusante per il mio rimbecillimento momentaneo.
«Ragazzi, potete andare in camera vostra? Altrimenti per apparecchiare bisogna fare avanti e indietro...» Anne spuntò in sala interrompendo la frase non ancora iniziata di Harry.
Gemma guardò strano la madre, come se non capisse il motivo di quello spostamento.
«Ma non ceniamo in cucina? Là si sta più caldi e poi è più carino....La sala da pranzo è ancora un macello» le ricordò sua figlia.
«E' che in cucina staremo un po' stretti...» Anne storse la bocca.
Mentre io guardavo madre e figlia analizzare su quale stanza sarebbe stato più comodo cenare, Harry fissava me. Lo vedevo con la coda dell'occhio, sembrava quasi analizzarmi, come se volesse leggermi dentro e io glielo permisi, come se lui fosse Edward Cullen e potesse leggere il pensiero delle persone.
«...Tu che ne dici, Lea?» sbottò Gemma girandosi verso di me aspettando una mia risposta.
Scossi la testa risvegliandomi dalla "sonnolenza" che mi aveva trasmesso il tocco dello sguardo di Harry, ancora fisso su di me, senza aver paura di essere scoperto. Come se fosse una cosa proibita, pft!
«Riguardo cosa?» chiesi leggermente in imbarazzo per la mia disattenzione.
«Secondo te è meglio cenare in cucina o in sala da pranzo?» mi rifece la domanda.
«Ehm...In cucina...» dissi non troppo sicura, avendo paura di scatenare il delirio per via di una mia risposta errata che non accontentasse entrambe le parti.
Gemma sembrò felice, forse perché si era risparmiata una brutta mezz'ora per rimettere a posto la sala da pranzo. A Anne sembrava non importare molto, alla fine era meglio anche per lei...
«Okay...Allora vi lascio soli...» Anne fece dietrofront e tornò in cucina.
Mi schiarii la voce, mentre Gemma si alzava da terra seguita da Harry.
«Vieni, Lea....Andiamo in camera mia, voglio farti vedere una cosa» m'invitò Gemma.
«Io ti consiglierei di venire equipaggiata...La sua camera somigliai più ad una caverna...» s'intromise il fratello, mentre io mi alzavo e li raggiungevo.
La sorella gli diede una gomitata tanto forte da farlo piegare in due e dire alcune parolacce.
«Così impari» gli disse lei di rimando.
Finito di scavalcare tutti i tavolini e le poltrone, arrivai a destinazione e appena arrivai, Gemma cominciò a camminare verso le scale. Harry mi fece passare prima di lui, da vero gentiluomo, gli sorrisi e lui rispose a quel mio sorriso.
Salimmo le scale in silenzio, e per quanto spazio ci fosse per camminare tutti e tre vicini, restammo in fila indiana e lui rimase esattamente dietro di me, sentivo il suo sguardo su di me, sul mio corpo, e mi faceva sentire al caldo, protetta e infinitamente attraente.
Gemma continuava a parlare a vanvera, io non l'ascoltavo più ero troppo concentrata a non girarmi e saltargli addosso.
Forse Jenny aveva ragione: ero una ninfomane. Ma forse non era vero, avevo solo bisogno di un ragazzo che posasse gli occhi su di me e mi trovasse bella...
«Ehi! Ma mi state ascoltando?!» Gemma si girò all'improvviso facendomi barcollare per essermi fermata all'improvviso. Harry mi raggiunse e si mise al mio fianco, per poi superarmi e finire gli ultimi due gradini e girare a destra aprendo una porta da dove provenne una fonte di luce che sulle scale era assente perché solo poco illuminate dalla luce in sala.
«Stavo dicendo che è bellissimo averti conosciuta, e che la tua famiglia è stupenda e che Harry è un'idiota!» alzò leggermente la voce girando la testa per farsi sentire dal fratello, che sbuffò dalla cameretta con la porta accostata.
Gemma si rigirò e proseguì verso sinistra aprendo un'altra porta illuminando ancora di più me e le scale.
«Vieni, Lea» mi fece segno di seguirla e così feci ritrovandomi in una semplicissima stanza con le pareti chiare tendenti al beige rosato, un letto ad una piazza e dei quadri appesi con fiori esotici che dessero colore al tutto. Gemma si buttò sul letto, probabilmente, appena rifatto.
Mi guardai attorno provando a non sentirmi leggermente di troppo in una stanza come quella, si era solo una cameretta, ma comunque più bella della mia e più "accessoriata".
«Che fai lì impalata? Vieni qui!» mi fece spazio sul letto e mi ci adagiai sopra con molta più delicatezza della sua.
«Domani devo alzarmi presto, però, sempre se vuoi, mercoledì sono libera e possiamo uscire un po' insieme...Che so, a fare shopping o a prendere un caffè da Starbucks» propose.
«Va bene...» feci spallucce.
All'improvviso si alzò e andò verso la sua scrivania.
«Ti lascio il mio numero» cercò carta e penna e quando le trovò ci scrisse sopra.
Quando ebbe finito tornò verso di me e mi porse il foglio. La ringraziai e lo ripiegai su se stesso per poi infilarmelo in tasca.
Parlammo per un bel po', finchè la mia vescica cominciò a reclamare la mia attenzione.
«Gemma, dov'è il bagno?»
«E' in camera di Harry...Il mio è rotto, mentre quello dei miei è off limits e il bagno di servizio è in garage. Ci crederesti che in tutta casa abbiamo solo quattro bagni, di cui uno è fuori uso e un altro non può essere utilizzato da noi "giovani"?» mimò le virgolette.
Risi e senza pensare a dove dovevo dirigermi uscii dalla cameretta e socchiusi la porta. In poche parole dovevo entrare in camera di un ragazzo e fare pipì nel suo bagno, invadendo la sua "intimità". Forse era meglio scendere nel garage e farla in quel bagno!
Era proprio una casa sfigata, eh!
Presi un profondo respiro e andai verso la porta, anch'essa semichiusa, e bussai.
Sentii dei passi avvicinarsi, finchè la porta non si aprì e mi si parò davanti un Harry con i capelli legati in un codino alto, con un cerchietto che fermasse i primi capelli più corti. Indossava gli stessi abiti, ma quella pettinatura gli donava particolarmente più dei capelli sciolti e fluenti.
Rimasi lì imbambolata a fissarlo, lui mi guardò appena accennando un sorrisetto.
«Cercavi il bagno, vero?» ampliò il sorriso birichino, come lo avrebbe definito mamma.
«Già...» annuii come una completa cretina difronte ad un figo da paura.
Si fece da parte e mi lasciò passare.
La sua cameretta era molto più "cupa" e minimal rispetto a quella della sorella. Aveva le pareti grigie, come un grigio topo, però molto più bello, il letto era singolo, con una testiera degna di nota, su i toni del bianco e del nero. Era molto maschile come cameretta, però mi piaceva molto. Come l'intera casa.
Mi piazzai al centro della cameretta aspettando che il proprietario m'indicasse la via giusta per fare i bisogni.
Mi sorpassò e mi portò fino ad una porta in legno, l'aprì e si fece nuovamente da parte.
«E' tutto tuo» mi sorrise mentre gli passavo affianco per entrare.
Una volta dentro chiuse la porta e io rimasi sola. Come avrei potuto fare pipì se c'era il ragazzo bagnato ma asciutto a due metri di distanza da dove ero io? E sicuramente con la fortuna che avevo avrei fatto anche un rumore assurdo!
In preda al panico rimasi lì ferma, cosa avrei potuto fare? Uscire di lì e chiedergli di uscire dalla sua cameretta perché milady si vergognava a far sentire il rumore della sua pipì? O peggio, rimanere con la vescica piena fino a sera tardi per poi, magari, farmela addosso? O ancora peggio, uscire da quella casa, attraversare la strada, fare pipì a casa mia e poi ritornare da loro, come se niente fosse? E poi dovevo sbrigarmi altrimenti Gemma si sarebbe spazientita e mi sarebbe venuta a cercare e io non volevo quello! Volevo essere discreta!
Ah! Troppo tè!
«Tranquilla, metto le cuffie e la musica alta. Non ti ascolterò» urlò dall'altra parte della porta.
Se la situazione non riguardava me, avrei anche riso come una cretina, ma in quel momento sentii le guance andarmi a fuoco.
Con uno slancio innato andai dritta al water.
Quella fu la situazione più imbarazzante al mondo. Un promemoria: mai fare la pipì a casa Styles.
Scaricai, sperando che Harry stesse ancora sentendo la musica a palla.
Abbassai la tavoletta e andai a sciacquarmi le mani. Quando riaprii la porta, la musica che proveniva delle cuffiette di Harry si sentiva forte e chiaro. Mi venne da ridere, anche se ero un po' preoccupata, magari a causa mia aveva perso l'udito.
Non si era accorto di me, così ne approfittai per ammirarlo. Aveva un profilo stupendo e quando si concentrava corrugava la fronte, e le labbra, quelle stupende labbra ereditate dalla madre, si abbassavano così da diventare quasi imbronciato. Mi poggiai allo stipite della porta, mettendo le braccia conserte, godendomi quella bellissima, bellissima, vista.
Lui continuava a non vedermi e io continuavo a non farmi vedere mentre lo guardavo. Chissà che stava facendo Gemma, mentre io ero lì da almeno dieci minuti. Probabilmente avrà pensato che avessi avuto un attacco di cacarella improvvisa che non mi permetteva di lasciare il bagno per più di dieci secondi. Oh, ma chi se ne frega! Avrei accettato tutte le prese per il culo pur di fissare quel ragazzo in un momento normale, come quello di cercare la canzone giusta o chattare con gli amici.
Poggiai la nuca allo stipite, sembravo quasi rimbambita e lui forse si era accorto di me, ma faceva finta di nulla. Poi si fece scoprire perché all'improvviso gli comparve sul viso un sorrisetto , per poi trasformarsi in un vero e proprio sorriso che si ampliò quando alzò lo sguardo e lo posò su di me.
Come una scossa elettrica raddrizzai la schiena e mi staccai dal supporto in legno. Mi sembrava un dejà vu. La scossa elettrica, la schiena dritta...Come era possibile che anche un solo suo contatto diretto con gli occhi mi provocasse una tale sensazione?
«Fatto?» domandò con il solito sorrisetto stampato sulle labbra, ma che comunque non era uno sorriso sfrontato e prepotente.
Annuii. Si era tolto le cuffiette e si stava alzando dal letto per raggiungermi e farmi uscire dal suo tempio di relax.
«E' arrivata la pizza...Gemma è già scesa...Si era spaventata quando non ti ha visto ritornare, pensava che fossi caduta nella tazza o che io ti avessi seviziata e nascosta nell'armadio» sorrise divertito dalla fantasia della sorella.
«Spero che tu le abbia detto che ero solo scema» sorrisi anche io.
«Ma no, ti capisco. Nemmeno io ci riesco quando c'è qualcuno che ascolta» provò a tranquillizzarmi, ma con scarso successo.
Diciamo che parlare dei problemi intimi in bagno non era il massimo come discorso...
«Scendiamo?» propose.
Annui ancora. Ma che mi succedeva? Avevo finito le parole?! Che urto! Quando non puoi parlare hai tanto da dire, ma quando devi parlare non ti viene più nulla in mente! Ed è orribile!
Mi fece passare per prima e perciò uscii per prima io, seguita subito dopo da lui che mi affiancò sulle scale, a differenza di prima che era rimasto dietro.
«Allora tra un po' ti vedrò gironzolare nei corridoi dell'università» esordì, lasciandomi un po' spiazzata.
«Ehm...Diciamo che prima devo passare l'esame...Poi magari mi vedrai in giro per i corridoi in cerca di qualcuno che sappia qualcosa di anatomia»
«Ho sentito dire che è una materia complessa, per di più fanno imparare a memoria ogni osso e ogni muscolo, per non parlare delle vene!» mi spiazzò ancora di più.
«Sì, lo so...Ma se una cosa ti piace davvero sei pronta a fare di tutto, anche a rimanere sveglia fino a tardi per finire di studiare una cosa che ti permetterà in futuro di diventare una grande dottoressa»
«Hai già scelto che via prendere?» si girò verso di me sorridendomi.
«Sono indecisa fra medico interno o chirurgo...Ma prendo sempre più in considerazione medicina interna...La chirurgia mi affascina, ma la trovo una cosa da macellai» arricciai il naso.
«Effettivamente è la stessa cosa...Tranne che in chirurgia si presume che i "coltelli" siano sterilizzati» mimò le virgolette.
«Già...» sorrisi.
Scendemmo gli ultimi gradini e andammo dritti in cucina, da dove provenivano rumori di movimenti di mandibole assai occupate.
Quando spuntammo per poi andare agli ultimi due posti disponibili, Gemma si girò verso di me e posò la pizza.
«Ma quanto ci hai messo?! Vieni! Mettiti vicino a me» picchiettò con la mano la sedia affianco la sua e andai lì, mentre Harry andò alla mia destra, vicino a suo padre.
Eravamo abbastanza stretti, ma per mangiare la pizza andava più che bene. Afferrai una fetta e la mangiai iniziando dalla punta, da dove penzolava un gran pezzo di mozzarella filante.
«Harry, con tua madre stavamo dicendo che potevi anche venire delle sere a cenare da noi, anche tu Gemma» mia madre le sorrise e lei ricambiò, mentre Harry annuiva e con la gamba batteva il tempo, il tutto mentre masticava.
Io non capivo, però. Perché invitare solo i figli? Insomma, Anne e Des perché non venivano?
La mamma doveva avermi vista, così quando parlò eliminò tutti i miei stupidi dubbi, che anche con solo un po' d'intuito sarei riuscita a capirlo da sola.
«Anne e Des sono spesso a lavoro fino a tardi. Gemma e Harry passano le serate da soli, perciò ho proposto a Anne di farli venire da noi quando volevano, almeno non passano il giorno da soli» mi sorrise per poi riprendere a mangiare la sua pizza.
Bene, avrei passato altri momenti con Harry.
Sì, anche con Gemma, ma Gemma non era Harry e soprattutto Gemma non era un ragazzo come Harry.


-Spazio Autrice-

Buongiorno a tutte voi!

Allora! Eccomi con il terzo capitolo, spero che vi piaccia e magari fatemelo sapere attraverso dei voti o dei commenti :)

Baci Xx

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