CAPITOLO XII- INFATUAZIONE -PARTE IV

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CAPITOLO XII

INFATUAZIONE, PARTE IV



Dopo quella brutta e tremenda figuraccia mi guardai un film degli anni novanta, abbastanza deprimente, e noioso da farmi appisolare a soli venti minuti dall'inizio.

A svegliarmi fu il campanello di casa che suonava in continuazione. Mi alzai con un forte mal di testa e andai ad aprire, con i capelli completamente arruffati e lo sguardo cupo che fissava Harry ancora pimpante.
Mi spostò ed entrò, io traballai, per poi trovare l'equilibrio e la forza per chiudere il portone, che in quel momento sembrava pesare tre quintali.
Andò dritto in sala per spegnere la televisione ancora accesa. La vista era offuscata e quando misi a fuoco l'ambiente circostante, capii che si era cambiato: indossava i calzoni della tuta grigi, una felpona blu, e le scarpe da ginnastica nere. I capelli li aveva legati.
Ma che razza di ore erano?
Guardai al di là della strada, le luci di casa sua erano spente e non c'era più nessuno in giro per casa. Mi grattai la testa strizzando gli occhi mentre sbadigliavo.
Quando Harry sistemò meglio la sala spegnendo le luci, tornò da me, prendendomi in braccio, come una bambina, portandomi al piano superiore. Gli tenevo le gambe allacciate dietro la schiena, come le braccia che erano legate dietro il collo, posavo la testa sulla sua spalla e continuavo a sbadigliare. Quel piccolo gesto mi ricordò quando mio padre mi riportava a letto quando mi addormentavo sul divano o fra le sue braccia. Mi sentivo amata, anche se quello di mio padre era un amore diverso da quello di Harry, che speravo riservasse per me.
Gli lasciai un bacio di ringraziamento sul collo facendolo sorridere.
Quando arrivammo in camera mia mi adagiò sul letto, coprendomi con le pesanti coperte. Mi lasciò un bacio sulla fronte e se ne andò, ma lo fermai prima che varcasse la soglia di camera mia.
«Ma dove vai?» gli chiesi.
«Di sotto....Sul divano» rispose.
«Scemo, vieni qui» mi spostai facendogli spazio e liberando il suo posto.
Mi sorrise, un sorriso indulgente, senza lussuria al seguito. Così venne nel mio letto, levandosi prima le scarpe per poi infilarsi sotto le coperte con me.
Mi attirò a se scoccandomi un altro bacio sulla tempia lasciata libera dai capelli.
«La prossima volta non mi mentire...Io ci sarò per te, sempre» mi ricordò.
«Lo so, Harry. Mi dispiace. Perdonami»
«Ti ho già perdonata. E ora dormi» sussurrò dandomi altri baci dolci e lenti sulla guancia.
«Buona notte» dissi con la voce mezza ovattata.
«Notte, Lea... E buon Natale» sussurrò ancora.
Crollai dal sonno, senza fare sogni particolari, perché il mio sogno si era già realizzato.
Lui era con me.
Harry era con me e sempre lo sarebbe stato.

La mattina seguente la passai con lui, disposto a trascorrere il Natale con me e non con i suoi genitori.
«Ma come? Niente regali? Nemmeno i tuoi ti hanno regalato qualcosa?» domandò allibito.
«No, forse mi riporteranno qualcosa dalla California» feci spallucce.
Eravamo sul mio letto, entrambi seduti, nessuno dei due si azzardava a muoversi per paura di avere le gambe intrecciate in un nodo per la posizione particolare in cui erano.
Con le mani giocavamo a pollice contro pollice, ma quando mi accorsi che mi lasciava vincere cessai all'istante di giocare lasciandolo a bocca aperta.
«Non mi guardare in quel modo! O giochi pulito o smettiamo di giocare» incrociai le braccia al petto.
«Ma io ti amo, è per questo che ti lascio vincere, mi piace vederti sorridere» fu così smielato che quasi mi sembrò di vedere del miele scendere dalla sua testa.
Poi, sorvolando sulla parte smielata, mi concentrai sulle prime quattro parole, rimanendo a fissarlo inebetita.
«Che c'è?» domandò divertito.
«Niente...Anche io ti amo, Harry» quando me lo sentì dire diventò di colpo serio e puntò alle mie labbra facendo centro alla prima botta.
«Allora...Ti va di venire al pranzo di Natale della mia famiglia?» domandò dopo essersi staccato.
«Di quelli in cui si mangia fino a scoppiare e poi si fa una partita a poker?» domandai divertita.
«Ovvio! Tranne per il poker, mamma è contro quel gioco. In compenso giochiamo a Risiko...Allora? Ti va di venire?»
«Dovrò mettermi un vestito?» chiesi.
«Potrai metterti ciò che vuoi. L'importante è che esci da questa casa e ti diverti un po'. I miei cugini non vedono l'ora di conoscerti. E poi ho promesso a tutti che ti avrei presentata alla famiglia»
«Va bene» mi arresi, iniziando a strecciare le mie gambe dalle sue.
Uscita da quella morsa mi diressi verso l'armadio tirando fuori dei jeans completamente nuovi, di un celeste abbastanza scuro, prendendo poi una blusa color panna semi-trasparente con un grande bavero fatto a sciarpetta legato al collo. Mentre sceglievo cosa abbinarci con quei nuovi abiti, comprati da pochissimo dalle mie cugine "amate", Harry si alzò dal letto e mise le mani sulle mie spalle baciandomi il pezzettino di pelle dietro l'orecchio.
«Vado a casa a cambiarmi. Appena sono pronto ti vengo a prendere» fece scivolare le mani lungo le braccia fino a farle congiungere con le mie mani.
Annuii girandomi verso di lui per baciarlo e lasciarlo andare via.
Posai tutto sul letto, chiusi la porta della camera e scelsi con attenzione le scarpe. Non troppo alte e nemmeno scarpe da ginnastica, almeno dovevo fargli fare bella figura! Afferrai dei tronchetti semplicissimi stringati, marrone scuro. Mi tolsi la tuta e mi cambiai l'intimo mettendone uno più elegante. Infilai i jeans, la blusa con sopra un maglione di mia madre color panna come la blusa, e infine le scarpe. Corsi in bagno a truccarmi, finito di fare quello scesi al piano di sotto mentre mi cospargevo di profumo, per poi posarlo sul comò e afferrare il cappotto, e mentre me lo infilavo aprii la porta ritrovandomi Harry intento a bussare.
Mi sorrise porgendomi il braccio per essere accompagnata al di là della strada, dove le prime persone si addentravano in casa Styles.
Sorvolando sul fatto che appena misi piede in quella casa tutti mi squadrarono dalla testa ai piedi, mi ritrovai a provare l'emozione come la prima volta in cui misi piede là dentro.
Salutai Anne, che quasi non mi voleva lasciar andare, poi Gemma, beccandomi da parte sua una specie di sfuriata per essere sparita, ma anche lei non si fece sentire molto nell'ultimo periodo!
Quando passai, dopo Des, al resto della famiglia iniziai ad assumere un tono più distaccato e formale, stringendo la mano a tutti presentandomi.
Finiti i saluti Harry mi portò in camera sua, ma fummo seguiti dai suoi due cugini, Matty e Alex. Già, il primo si chiamava come mio cugino, poi c'è chi sfotte e deride le coincidenze! Mah!
Prima che i due potessero entrare in camera con noi, Harry gli sbatté la porta in faccia, lasciandoli fuori.
«Harry, ma poveri» dissi riferendomi ai due ragazzi che stavano supplicando fuori dalla porta.
«Poveri un corno! Hanno intenzione di non mollarci un attimo» si lamentò lui.
«Ma abbiamo così tanto tempo da passare insieme io e te...lasciali entrare» dissi.
«Già! Infatti! Ascolta la tua ragazza!!» disse uno dei due fuori dalla porta.
Harry sbuffò per poi aprirgli la porta e farli entrare.
Avevano la nostra età e sembravano matti quanto i miei di cugini, solo che lui in quel momento ne aveva solo due, io li dovevo sopportare minimo tre!
Parlarono sempre di calcio, abiti, tute, sport, politica! Tutto! Scoprii che Matty lavorava per una ditta di moda, mentre Alex stava studiando Economia. Erano due bravi ragazzi e con me si comportavano bene, inserendomi di tanto in tanto nelle loro conversazioni.
All'ora di pranzo scendemmo e lì mi cacai in mano. A tavola c'erano i suoi zii e i suoi due nonni, era un pranzo di famiglia, io cosa ci facevo lì? Io e Harry stavamo giusto iniziando a definirci fidanzati, come potevo sentirmi già della famiglia?!
Mi fermai appena finii di scendere gli scalini. Ci tenevamo per mano e così, quando mi bloccai, lui se ne accorse, tornando indietro per controllare che stessi bene.
«Cosa c'è?» mormorò, eravamo nascosti dietro le scale e nessuno poteva vederci.
«E se non gli sono simpatica?» ero completamente terrorizzata.
«Adesso ti fai venire questi dubbi? Ascolta, ai miei sei molto simpatica, mia madre spesso parla più di te che di me con le sue amiche! E poi ti sei conquistata Matty e Alex, perciò il resto è una partita a carte scoperte! Ora mangia, rilassati e se ti chiedono qualcosa respira e rispondi. Semplice, tranquilla che poi ci facciamo una bella partita a Risiko, tanto vince sempre papà» mi rassicurò, dandomi poi un bacio a fior di labbra.
«Ehi! Piccioncini! Uscite da lì e fatevi vedere!» urlò Gemma, facendo uscire il fumo dalle orecchie di Harry, spesso mi chiedevo come mai ancora non l'avesse uccisa, insomma, ogni volta che si parlavano litigavano!
Ah! Fratelli, continuerò a non capirli!
Sbuffando uscimmo fuori di lì e andammo a tavola, io con tutti gli occhi di tutti a fissarmi ogni qualvolta mi muovessi. Era stata messa fra Harry e Gemma, e la cosa mi andava più che bene!

Il pranzo andò più che bene, quasi nessuno mi aveva interpellata e mi andava benissimo.
Anne aveva preparato un ottimo tacchino ripieno con prugne secche e salsiccia, accompagnato con del purè, piselli, patate al forno, verdure varie e tanto tanto champagne di prima scelta.
Harry e Gemma sembravano essersi messi in combutta! Entrambi mi riempivano il piatto di cibo, che lasciavo lì. Non perché fosse cattivo, ma per il semplice fatto che avevo già mangiato due porzioni di tutto quel ben di Dio!
«Harry, se continui a mettermi il purè nel piatto, giuro che ti ci affogo dentro» dissi a denti stretti e sotto voce così che solo lui potesse sentirmi.
Deglutì con forza, oramai sapeva che non scherzavo quando lo minacciavo, e che ero serissima, anche perché sua madre mi guardava e poi si concentrava con sguardo triste sul mio piatto strapieno di cibo che poteva essere tranquillamente messo in frigo e mangiato il giorno avvenire. Mi scusai guardandola solamente, sperando che non mi buttasse fuori di casa a calci.
Mentre Harry aveva calmato la sua "furia", Gemma continuava imperterrita a mettermi il cibo nel piatto. Stavo per risponderle male, ma quando mi vibrò il telefono dovetti reprimere il desiderio di minacciarla come avevo fatto con suo fratello, che il quel momento poggiava una mano sulla mia coscia accarezzandola di tanto in tanto con il pollice.
Tirai fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e lessi il nome "Mamma". Mi scusai alzandomi, facendo così togliere la mano di Harry do sopra la gamba, lasciandomi un sensazione di tristezza appresso. Andai verso le scale, per poi sbloccare lo schermo e iniziare quella chiamata.
«BUON NATALE LEA!!» mi urlarono, ero di nuovo in vivavoce.
«Buon Natale...» mormorai io.
«Senti, Lea...La zia mi ha detto che non sei con loro...» iniziò la mamma, con aria sospetta.
«Ehm...Già...Sono a casa di Harry...» mi andai a sedere sui primi scalini.
«Mh...Salutaci tutti!!» urlò mio padre.
«Lo farò....Volevate dirmi altro?»
«La California è così bella!» la voce di mia madre risuonava quasi sognante.
«Sì, immagino....Volete dirmi altro che non riguardi, magari, la California?» domandai un po' irritata.
«No...Volevamo solo sapere se andava tutto bene....e...vediamo...AH! Torniamo il sei!!» l'ultima frase fu come una bomba, anche perché la dissero all'improvviso pensando che non li ascoltassi in quel momento.
Sapevo che avevano fatto un biglietto di ritorno con data non fissata, ma non credevo si dilungassero in quel modo a lungo. Mi faceva piacere, perché avevo più tempo per me e per Harry e anche per studiare, ma erano comunque i miei genitori e non vederli nemmeno per Capodanno era brutto...Ma avevo scelto io di rimanere ed ero io che me la prendevo nel di dietro, non loro che si stavano divertendo come due adolescenti a Parigi!
«Ah...Come mai questa decisione?» riuscii solo a dire quello, cercando di mascherare la delusione nella mia voce.
«Perché stiamo bene qui e ci hanno anche invitati alla festa di Capodanno più importante di Hollywood e volevamo esserci...Per caso qualcosa non va? Se è così torniamo subito a casa e...» cominciò mio padre.
«No! Va tutto bene! Solo che speravo tornaste prima...Ma non vi preoccupate, qualcosa trovo da fare» dissi quasi sorridendo.
Quasi.
Al mio fianco venne Harry, che si sedette sul mio stesso scalino, abbastanza ampio da accogliere entrambi. Forse aveva ascoltato tutta la conversazione perché sembrava che capisse cosa stesse succedendo.
«Su quello ne siamo certi...Ci sentiamo domani, tesoro...Ciao!!» concluse la mamma che mi salutò seguita da papà.
Quando riattaccai rimanemmo seduti e in silenzio, entrambi guardavamo dritti a noi.
«Capodanno lo passerai con me» mi sorrise, con quelle fossette irresistibili, dandomi una spallata amichevole. Gli sorrisi mezza disperata per la situazione, mentre lui mi metteva un braccio sulle spalle attirandomi a lui.
«LEA!!! IL PURE' TI STA ASPETTANDO!!» Gemma urlò come una matta.
Forse era un po' ubriaca dato che quando si presentò davanti a noi traballava un pochino facendo venire anche a me il mal di mare.
«Gemma, va a letto» Harry sembrava quasi rassegnato.
Mi staccai da lui mentre riponevo il cellulare in tasca.
Erano già le sei di sera, ero rimasta a casa loro per molte ore e la cosa mi fece piacere, stavo bene e non ero lontana da Harry, che in quel momento prese Gemma e se la caricò sulle spalle portandola al piano di sopra seguiti da me, che ridevo ogni volta che la sorella offendesse suo fratello che non le dava spago aumentando il dissenso in lei.
«Harry, sei uno stronzo! Perché non mi rispondi?!?!» la sua voce era ovattata e ogni parola era seguita da uno sbiascico insopportabile.
Quando la posò sul suo letto, la fanciulla, che si era scolata una bottiglia intera di champagne, cadde in un sonno profondo.
Quasi mi fece tenerezza, chissà quando si sarebbe svegliata ancora vestita e con un mal di testa insopportabile cosa avrebbe fatto...
Harry andò nel suo bagno e con se portò un bicchiere che aveva Gemma sul suo comodino. Quando tornò, l'oggetto era pieno d'acqua, pronta per quando si sarebbe svegliata.
Harry mi accompagnò fuori dalla cameretta di Gemma, socchiudendo la porta dopo essere usciti entrambi.
«Beh...Ehm....Grazie per la giornata...Sono stata bene...» dissi poco sicura di me stessa.
Lui annuì e io, non sapendo cosa fare e sentendomi un incapace con la patente per incapaci, lo salutai con un cenno della mano e iniziai a scendere le scale.
«Lea....Ma dove vai?» la voce di Harry sembrava forzata per non ridere.
Senza girarmi, mi fermai a metà scale e sentii le mie guance diventare di un rosso fuoco tremendo.
Percepii i suoi passi avvicinarsi a me e quando mi fu affianco mi cinse la vita con una mano per poi riprendere a scendere le scale insieme.
Metà degli invitati erano partiti ore prima, lì rimasero solo i due anziani e io, che stavo indossando il cappotto con l'aiuto di Harry per tornare a casa mia.
Andai in sala per salutare e ringraziare Anne e Des, che mi strinsero entrambi in un abbraccio alquanto inaspettato e affettuoso, quanto quelli di mia madre. Salutai anche i nonni di Harry e partii con lui al mio fianco, pronto ad affrontare un freddo terribile.
«Vuoi entrare o torni a casa?» gli domandai mentre prendevo le chiavi dalle tasche del cappotto.
«Se non disturbo...» lo guardai male e lui mi strinse a se sorridendo.
Aprii casa e dopo essere entrati facemmo a gara a chi arrivava per primo in camera mia. Ovviamente il vincitore fu lui, dopo che mi diede una spinta e mi fece cadere a terra, e senza nemmeno preoccuparsi filò dritto in camera a sdraiarsi sul MIO letto.
«Stronzo! Non vale se mi spingi!» entrai in camera mentre mi massaggiavo il gluteo destro.
«Che premio mi dai?» chiese soddisfatto.
«Un calcio in culo!» mi misi seduta sulla sedia vicino alla scrivania, dato che il signorino si era preso l'intero letto.
«Scherzi a parte. Esigo un premio» disse serio.
«Oltre che non mi hai fatto il regalo di Natale vuoi anche un premio per aver barato e per avermi procurato un livido sulla chiappa grande quanto la tua testa?» alzai un sopracciglio.
«Mh....Sì...» fece spallucce.
«Stai scherzando, vero?» domandai allibita.
«No, non scherzo mai»
«Potevi uccidermi!!» alzai la voce mentre indicavo la porta della stanza.
«Ma non è successo» mi fece presente lui.
«O mio Dio! Sei sicuro di stare bene?!» gli sventolai una mano davanti alla faccia per vedere se reagisse.
Con un movimento velocissimi mi tirò a se facendomi sdraiare su di lui.
«Da quanto tempo è che non ti vedo nuda?» domandò mormorando.
«Da poco tempo» mi scansai da lui, ma con le braccia mi rimise sopra di lui.
«Lasciami andare Harry...» dissi con calma.
«No...» si lamentò.
«Ma che ti prende?» gli domandai divertita.
«Voglio solo passare del tempo con te...»
«E dobbiamo per forza farlo in questa posizione scomoda?» alzai un sopracciglio.
«Se è possibile sì...» si avvicinò lentamente alle mie labbra.
Dopo poco mi ritrovai a pomiciare senza ritegno sul mio letto, con quello che doveva essere il mio ragazzo, ma in quel momento somigliava più ad una pecora in calore.
Sì, inizialmente, e ancora, volevo fare l'amore con lui, ma riflettendoci bene in quel momento non ero al top. Insomma, i miei sarebbero tornati solo il sei e il mio umore era un po' messo male.
Come a farlo apposta, in quel momento Harry era di buon umore e voleva continuare il lavoretto lasciato in sospeso la prima volta, ma io non me la sentivo di rimanere nuda per lungo tempo e soffrire come un cane. Certo, non ero più vergine, ma comunque non ero ancora abituata e il dolore lo avrei avvertito lo stesso. E poi proprio non ero eccitata, poteva anche ballare una lap dance nudo, io non mi sarei eccitata.
«Come mai sei così rigida?» domandò.
Era sopra di me e mi teneva per i fianchi sperando in un mio movimento "eccitante", ma nulla, ero un pezzo di legno.
«Sono stanca, Harry...Possiamo farlo un'altra volta?» quasi lo supplicai.
«Ma certo» senza lasciarmi i fianchi mi diede una leggerissimo bacio al centro della fronte e poi rotolò da un lato e scese dal letto.
Venne verso di me, mentre s'infilava il cappotto che aveva lasciato per terra e si abbassò per raggiungermi.
Con l'indice seguì il profilo della mia mandibola andando a finire sul mento, per poi prenderlo con il pollice e avvicinarlo a lui, facendo così riscontrare le nostre labbra, accontentandosi di quel poco contatto fisico che riuscivo a dargli in quel momento.
Finiti tutti i baci e i "Buona notte", lui tornò a casa sua e io mi preparai per andare a letto, sperando di cacciare via un po' di malinconia che si era deposita sul petto recandomi dolore, addirittura fisico.
Mi mancavano i miei genitori e saperli in quel modo lontani da me, era snervante e con il fuso orario era sempre un problema tenerci in contatto.
Sì, stavo bene a casa da "sola", ma avevo voglia di rivedere mia madre che scorrazzava in cucina mentre ripeteva a memoria le ricette dei dolci, o mio padre che se ne stava in sala, quando non lavorava, a leggere il suo solito libro preferito.
Mi mancava anche un po' sentire le loro voci in giro per casa.
No, dovevo andare a dormire, altrimenti li avrei chiamati in lacrime.
Troppe emozioni tutte insieme e non ce la facevo a sopportarle ancora per molto.

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