CAPITOLO IX- INFATUAZIONE-PARTE I

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CAPITOLO IX

INFATUAZIONE, PARTE I


Dopo quella serata, Harry mi riaccompagnò a casa. Mi ero annoiata tantissimo, che quasi mi stavo addormentando sulla panca. I maschi era noiosi alcune volte, sempre a parlare di donne e calcio.
«Ti sei annoiata vero?» Harry era un po' amareggiato.
Eravamo fermi sul suo vialetto, nell' auto spenta, e il buio della notte che ci circondava.
«No» mentii.
«Ah...Allora quando ti eri abbassata chiudendo gli occhi era solo per vedere cosa c'era sotto il tavolo, vero?» mi derise con nonchalance.
«...Perdonami, ma ero stanca e Louis non smetteva di ripetere quanto era stato bello cantare con te...Non ho retto e sono crollata» mi scusai veramente amareggiata per l'accaduto.
Mi fissò per alcuni istanti per poi scoppiare a ridere davanti a me, senza ritegno. Quando si ricompose mi diede un bacio a stampo, totalmente inaspettato.
«Ti prometto che sabato sera usciamo da soli» mormorò con le labbra che sfioravano le mie facendomi un solletico alquanto piacevole.
Annuii facendolo sorridere, naturale, sembravo una cretina rimbambita!
Mi diede un ultimo bacio accarezzandomi la guancia per poi spostarsi e scendere seguito sempre da me.
Mi accompagnò fino alla porta di casa e lì ci salutammo con un bellissimo abbraccio.
In poche parole l'intera serata era stata oltre il noioso, ma dopo diventò stranamente interessante e quasi piacevole. Non c'era dubbio: con Harry stavo bene, ma fare già uscite con i suoi amici mi sembrava ancora troppo presto. Dovevo passare più tempo con lui, e non solo per studiare!

La mattina seguente ero a letto a pensare se alzarmi oppure no.
Le lezioni sarebbe iniziate presto e io dovevo affrettarmi a comprare libri e occorrente, ecco perché quella mattina dovevo farmi un giro in centro alla libreria e comprare tutto.
«Lea, ti ho lasciato i soldi sul tavolo» sussurrò mamma, che si era affacciata nella mia camera.
«Io direi che puoi anche lasciarmi la carta di credito» scherzai.
«Allora ti lascio quella e mi riprendo i soldi...» stava per uscire, ma la richiamai alzandomi dal letto e andandole incontro.
«Scherzavo, mamma...» le sorrisi.
La soprassai scendendo al piano terra per fare colazione. Mi affacciai alla finestra della cucina che dava sulla strada del quartiere per vedere se riuscivo ad incontrare Harry che usciva di casa, ma non fu così, e mentre mamma si metteva il cappotto io mi versavo del caffè caldo nella tazza allungandolo con del latte per poi metterci dentro i corn flakes e mangiarmeli tutti.
«Tuo padre oggi dovrà fare un turno in più, perciò rimarrà in fabbrica fino alle quattro della mattina, hanno un grosso carico e non possono aspettare...Mentre io torno verso le nove...Ah! Per cena riscalda le cose che ho fatto ieri» si mise la borsa in spalla, si guardò intorno e alla fine sospirò.
Le andai incontro per abbracciarla un pochino, solo per ringraziarla per tutti i sacrifici fatti per farmi studiare. Lei ricambiò.
«Ti sei divertita ieri con Harry?» domandò dopo essersi staccata da me.
«Poteva andare meglio....» feci spallucce.
«Mh...Fa la brava, e mi raccomando di non spendere molto»
«Non dipende da me!» dissi indignata allungando la mascella mentre m'indicavo con l'indice destro.
Lei mi sorrise e se ne andò chiudendo la porta per andare in macchina e partire.
Finito di mangiare e lavare la ciotola, tornai in camera prendendo un paio di jeans a caso e un maglione blu scuro e le scarpe da ginnastica.
Presi i soldi ed uscii di casa, respirando l'aria fredda.
Avrei preso la metro, non avevo nessuno che mi desse un passaggio e nemmeno avevo l'auto, perciò l'unica possibilità era la metro.
Mi sembrava strano andarci da sola, l'ultima volta l'avevo presa con Harry per andare a prendere un caffè, e non era la nostra prima uscita.
Sospirai, mentre con le mani mi ancoravo al palo al centro del vagone per non cadere.
Quando arrivò la mia fermata scesi e salii le scale, tornando nel mondo esterno e fresco.
Andai dritta alla libreria e cercai subito i libri che mi servivano. Ma con la fortuna che avevo dovetti ordinarli tutti e dovevo attendere una settimana per averli, dato che erano libri "importanti" e "antiquati", come li aveva definiti il commesso.
Quando uscii dal negozio lo mandai a quel paese, dato che mi tenne lì dentro per mezz'ora solo per lamentarsi di quanti alunni fossero andati da lui a richiedergli quei libri e che tutti lo facevano in momenti diversi, così che lui doveva ordinarli sempre.
Non sapendo cosa fare e avendo in tasca uno stipendio intero, decisi di avviarmi da Starbucks per prendere qualcosa di caldo e mangiarmi un enorme biscotto alla vaniglia.
Mentre attraversavo la strada sentii chiamarmi a gran voce, mi girai a destra e a sinistra, senza però vedere nessuno.
Forse in strada c'era un'altra Lea... Continuai a camminare tranquillamente, ma prima di mettere piede da Starbucks, una mano mi prese per il braccio, facendomi girare in fretta verso la persona che mi aveva afferrata.
«Harry! Mi hai fatto prendere un colpo!» quasi urlai.
«Scusami....Come mai qui in centro?» domandò.
«No, mio caro, la domanda dovrei fartela io! Come mai sei qui e non a lezione?» mi aveva lasciato il braccio, così misi le braccia conserte aspettando una sua risposta.
«Non ho lezione» fece spallucce sorridendo.
Quella mattina indossava dei jeans comodi celesti e il solito cappotto nero abbottonato. Mentre i capelli erano sciolti.
«Ti va di prendere qualcosa e di farci una camminata?» proposi.
Annuì, mentre con la mano teneva aperta la porta per farmi entrare e raggiungermi subito dopo.
Ordinammo entrambi un caffè caldo macchiato e uscimmo di lì per andare in un parco dimenticato da Dio a giudicare dall'erba alta.
Finimmo di bere il caffè, dopo di che buttammo il bicchiere nella pattumiera. A volte le nostre mani si scontravano per quanto camminavamo vicini, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di afferrare la mano dell'altro e stringerla forte.
Volevo farlo, volevo farlo sul serio, ma non ci riuscii così mi beai solo del suo tocco delicato.
«...Louis è simpatico...è solo un po' insistente...» parlava sempre e non si azzittava mai, interrompendo spesso il flusso dei mie pensieri.
Mi fermai all'improvviso facendolo andare avanti, ma quando si accorse di non avermi più affianco mi raggiunse preoccupato.
«Cosa siamo noi, Harry?» sbottai.
«In che senso?» domandò perplesso lui.
«Siamo amici, fidanzati, amanti, conoscenti!? Insomma! Cosa siamo?!» domandai ancora.
«Non lo so...Tu cosa vorresti essere?» inclinò di poco la nuca mentre mi guardava divertito.
In quel caso mi prese la mano, chiusa leggermente a pugno, e me la fece aprire per intrecciare le mie dita con le sue.
«Tu cosa vorresti essere, Harry?» gli domandai di rimando, volevo sapere da lui cosa voleva.
Si avvicinò a me e mi diede un bacio, un vero bacio, sottolineando il fatto che non eravamo amici né tanto meno conoscenti.
Quando si staccò tenne gli occhi ancora per un po' chiusi, poi abbassò lo sguardo sull'altra mano e intersecò le sue dita con le mie, poi tornò a scrutarmi gli occhi.
«Ormai sei la mia ragazza» sorrise scoprendo quelle fossette adorabili.
«Bene» sorrisi soddisfatta.
Ci demmo un altro bacio e poi continuammo a camminare lungo il vialetto del parco mal ridotto, per poi sbucare nel lato Nord di esso.
Tornammo a casa con la metro, restammo attaccati per tutto il tragitto, non che ci fosse molta gente, ma io cercavo lui e lui cercava me.
Andai a letto con la voglia di tenerlo vicino a me, tenerlo stretto senza mai lasciarlo andare.
Lo volevo con me, nel mio letto.



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