CAPITOLO XVIII - LEGAME AFFETTIVO - PARTE III

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CAPITOLO XVIII

LEGAME AFFETTIVO, PARTE III


Era ormai domenica undici Gennaio ed Harry aveva iniziato solo in quel momento a riprendersi. Passò l'intero sabato a lamentarsi dei forti mal di testa accompagnati da febbre alta per tutta la giornata, il dottore ci tranquillizzò dicendo che andava bene, anche perché anch'io avevo la febbre alta, che poi si abbassò, come la sua, durante la notte lasciandoci dormire in tranquillità, ovviamente sotto l'occhio vigile di mamma, che aveva vietato a tutti di vederci, tranne a Anne e a Gemma, ma per parenti e amici l'ingresso di casa era vietato.

Erano le undici di mattina e stavamo parlando sul mio letto, lui era contento di non essere più un vegetale e io ero contenta di vederlo sorridere e soprattutto di sentirlo pulito e profumato, dato che dopo tutte quelle sudate non si era lavato mai.
Quella mattina cambiammo le lenzuola mettendone altre pulite e noi non eravamo più sotto le coperte, ma ben sì sopra e la cosa ci faceva un gran piacere.
Kevin mi scrisse in continuazione preoccupato per Harry, come tutti gli altri, tanto io stavo bene! Che bello scoprire che non interessavo a nessuno!
«Louis mi ha scritto chiedendomi come stai...» sorrise mentre leggeva il messaggio.
Lui era poggiato, come me, alla spalliera del letto e teneva le gambe allungate, mentre io le avevo piegate e sopra le sue.
«Oh! Finalmente qualcuno che s'interessa di me!» esclamai.
«Ehi! Anche se non lo davo a vedere ero molto preoccupato per te e se invece di delirare potevo parlare ti avrei chiesto come stavi» si girò guardandomi.
«Sì, ma mia madre, Kevin e gli altri si preoccupavano di te, non di me» dissi sorridendo, mentre poggiavo le testa sulla spalliera e mi lasciavo andare riposando il collo.
Mentre digitava sul telefonino, tossì forte, aveva una tosse raschiante e fastidiosa solo a sentirla.
«Mi passi la pasticca per la tosse?» domandò allungando la mano senza distogliere lo sguardo dal cellulare.
Mi girai verso il comodino e presi il blister delle pasticche lasciandogliene una sul palmo della mano, che poi si portò alla bocca e la lasciò frizzare sulla lingua.
Quando posò il cellulare sul materasso gli presi le mani e le strinsi tra le mie e iniziai a giocherellarci. Le aveva calde e morbide.
«Dio solo sa quanto ti amo» sbottò.
Non lo so, ma ogni volta che glielo sentivo dire il cuore si arrestava per un momento e poi riprendeva a battere normalmente.
Alzai lo sguardo verso di lui e lentamente lo baciai lasciando che i nostri germi venissero in contatto ancora una volta.
«Lumaconi! Smettetela!» ci rimproverò mia madre che entrò in camera con due tazze calde di tè.
Per tutti quei giorni non avevamo toccato cibo, ovviamente sotto consiglio del medico, che ci vietò il cibo come la peste, facendoci andare avanti ad acqua calda e tè con ogni tanto un po' di miele per mangiare qualcosa di zuccherino.
Infatti entrambi eravamo dimagriti molto, dimagrimento soprattutto dovuto alla febbre e al sudore che avevamo fatto nei giorni di febbre alta.
«Ancora non vi sono bastati i due giorni d'inferno?» continuò riferendosi ad Harry malato e mezzo morto.
Mi asciugai gli angoli della bocca e presi la mia tazza.
Dopo di che, mamma uscì e ci lasciò soli a sorseggiare in silenzio i nostri tè caldi.
Mentre beveva il suo, Harry mi prese la mano e la strinse, e quando ci guardammo mi rubò un altro bacio.
«Stavo pensando che domani sia il giorno giusto per sloggiare da casa tua...Tua madre inizia a guardarmi male» mormorò sorridendo.
«No, pensa solo che, stando abbastanza bene tutti e due, possiamo fare delle cose poco adatte...» lasciai intendere.
«Mh...Credo che per un po' dovremmo accontentarci dei baci...» storse la bocca.
«E anche pochi se è per questo» aggiunse papà mentre entrava in camera.
Era alle prese con i polsini della sua camicia, così venne da me per farseli allacciare, cosa che feci, dopo mi diede un bacio fra i capelli.
«Come mai così elegante?» domandai mentre lo guardavo.
«Tua zia ci ha invitati da lei...» disse iniziando a sistemarsi la cravatta.
«Ah...»
«La prossima settimana vengono da noi...Non vorremmo far ammalare tutti, vero Lea?» mi diede un buffetto sulla guancia e se ne andò salutandoci.
«CI VEDIAMO STASERA! FATE I BRAVI!» urlò mamma da di disotto.
«LO SIAMO SEMPRE!» rispondemmo all'unisono.
Alla fine se ne andarono, lasciandoci soli.
«Bene...E ora che facciamo?» sospirai annoiata, per quanto mi potesse piacere passare del tempo con Harry, dovevo ammettere che era noioso starsene ore e ore seduti sul letto senza fare nulla.
Percepii il suo respiro sul collo, facendomi venire una scarica di brividi pazzesca.
«Che vuoi fare, Harry?» chiesi quasi senza fiato.
E fu così che cominciò con i preliminari, mettendosi sopra di me, baciandomi ovunque.
«Avevi detto niente sesso» dissi col fiato corto quando alzò la felpa e mi baciò l'addome.
«Ho cambiato idea...» le sue parole uscirono come soffiate aumentando in me la voglia e i brividi, sicuramente non dovuti alla febbre!
Mentre facevamo l'amore tutti i dolori fisici sparirono venendo sostituiti dal piacere. Ogni volta era sempre meglio con lui, perché lo amavo e i suoi modi di fare quasi d'altri tempi nei miei confronti rendevano tutto molto più intenso. Lo amavo, tanto, e avrei voluto il meglio per lui, anche se significava lasciarlo andare, io lo avrei lasciato andare, non tanto facilmente, certo, ma se era la cosa che lo avrebbe reso felice lo avrei lasciato andare.
Per quanto la mononucleosi ci ostacolò in alcune cose, una serie di orgasmi intensi riuscimmo ad averli ed ero così felice che nemmeno una bomba atomica mi avrebbe fatta rattristare.
Si buttò sul suo lato del letto con il fiatone. Mi girai con la testa verso di lui iniziando a ridere, cosa che fece anche lui. Ridemmo così tanto che iniziò a farmi male la pancia, così m'imposi di smettere.
«Se la malattia ti fa fare tutte queste cose tanto vale girare nudi per strada per ammalarci» lo guardai divertita.
«Mh...Non credo di voler rivivere le giornate di ieri e l'altro ieri...»storse la bocca.
«Già...Mi hai messo una paura pazzesca...» ammisi.
«Lo so, ti sentivo piangere qualche volta» mi accarezzò il braccio nudo che fuoriusciva dalle coperte.
Mi girai di fianco per abbracciarlo e sentirlo ancora una volta mio, così, capendo le mie intenzioni, si spostò verso di me e mi strinse a lui facendomi posare la testa sul suo petto.
Con le lunghe dita mi sfiorava la pelle chiara della schiena lasciando che mi rilassassi sotto il suo tocco da favola. Per ricompensarlo di tutto gli lasciai, vicino al capezzolo sinistro, un bacio per poi coprirlo con la guancia.
Era un momento magico quello. L'amore che c'era nella stanza era tangibile, così tanto che pensai di averlo sfiorato.

Passammo le altre ore a coccolarci e stringerci, quel giorno lo avrei sempre ricordato, per tutta la vita.
Solo che dopo l'arrivo di mamma e papà si scatenò l'inferno. Ovviamente, avevamo usato le precauzioni, solo che, presi dal momento, non le buttammo quelle precauzioni.
Cominciò tutto mentre eravamo a dormire. Mamma ci svegliò urlando. Mio padre era una iena e mia madre gli faceva compagnia. Erano furiosi sia con me che con Harry, soprattutto con lui, poverino.
Alla fine, essendo amici degli Styles, i miei non se la sentirono di farlo tornare a casa alle due del mattino con una pioggia che cadeva a secchiate, così mamma dormì nel letto con me e Harry sulla brandina.
Ma cosa si aspettavano? Insomma, eravamo fidanzati! Secondo loro ogni tanto non potevamo fare l'amore? E poi il letto era mio! Potevo capire se lo avessimo fatto sul loro lettone, ma non fu così, perciò non riuscivo a comprendere il vero motivo della loro sfuriata. Forse perché mi vedevano ancora come la loro bambina?
Mah...
Comunque sia, andammo a dormire senza tante storie, non avevo voglia di discutere con mamma.
Alle quattro del mattino mi svegliai sentendo la febbre salire leggermente, facendomi sudare molto, costringendomi quindi a dovermi levare la felpa di pile pesante.
Con un sospiro tornai a sdraiarmi sul materasso che cominciava a diventare tremendamente scomodo. Sentivo Harry ronfare, nel suo modo dolce e leggermente rumoroso, poi girai lo sguardo verso mamma.
Sobbalzai per lo spavento: era girata di fianco verso di me e mi fissava con due occhi a palla che riflettevano nel buio della stanza.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» sussurrai mentre mi portavo una mano al cuore.
«Lo ami?» domandò con una calma inquietante, sempre con quell'aria da psicopatica.
«Ovvio che lo amo! Ma come ti salta in mente di farmi certe domande a quest'ora della notte?!» ero scioccata!
Da quello che potevo vedere aveva delle profonde occhiaie, e voleva dire solo una cosa: non avevo chiuso occhio per pensare a me e ad Harry.
«Tu credi che lui ti ami?» continuò a domandare.
Mi chiesi se non fosse sonnambula e che stesse parlando nel sonno, delirando come suo solito fare durante il giorno, da sveglia però.
Sbattei varie volte le palpebre cercando di fare entrare aria nel cervello, riuscendo a partorire una risposta degna di una ventenne innamorata.
«Certo! Me lo ha detto e dimostrato molto spesso ultimamente» mi girai con il corpo verso di lei, mettendo una mano sotto la guancia per sollevarmi appena e guardarla meglio in faccia.
«E' un così bravo ragazzo...» sospirò.
«Lo so» affermai mentre le labbra si allungavano in un ampio sorriso, autenticamente felice.
«Io e tuo padre vogliamo solo il meglio per te...Cerca solo di non soffrire per le scelte degli altri» era seria, e aveva smesso di avere l'aria da matta, sostituendola con una più rilassata e decisamente stanca.
Aveva passato quattro giorni ad accudirci, spesso senza dormire la notte per controllarci la febbre e darci le medicine.
Era una madre così premurosa e buona con me, ero la sua unica figlia e mi aveva sempre trattata da principessa, e gliene ero grata.
Dopo quella frase ad effetto, degna di un Oscar, cadde in un sonno profondo, lasciandosi andare tra le braccia accoglienti e gentili di Morfeo, sempre pronto a ricevere noi umani dormienti.
Allungai una mano, carezzandole la guancia delicatamente, per non svegliarla. Era così bella.
In quel momento sperai di diventare come lei un giorno: una moglie amorevole e una madre rispettosa delle idee e scelte dei figli.
Mentre la febbre scendeva sempre di più, fino a scomparire, mi lasciai andare anche io raggiungendo mia madre dal nostro amico Morfeo.
Ero stanca morta e non ce la facevo a tenere gli occhi aperti, maggiormente appesantiti da quella febbre momentanea e senza senso.

L'indomani mattina mi alzai da sola in camera. Presa dal panico, non curante del fatto che fossi anche senza pantaloni, tolti anch'essi durante la notte per una vampata di caldo atroce stile deserto all'ora di pranzo, scesi le scale a due a due, piombando in sala, dove ad aspettarmi trovai Anne, Gemma, Des, appena tornato dal viaggio di lavoro, Harry, Kevin, Trevor, Jenny, mamma e papà.
Tutti quanti erano seduti in giro per la sala a fissarmi, chi con un sorriso divertito (Harry, Kevin, Trevor, Gemma e Jenny) e chi con uno sguardo imbarazzato (Des e papà) e chi con non curanza...Poi c'ero io in mutande davanti a tutta quella bella gente.
Il primo che scoppiò a ridere fu Kevin, quell'adorabile cugino sempre pronto a non farmi sentire in imbarazzo...Già.
Alla fine fu seguito da tutti gli altri, tranne che dai grandi adulti, vaccinati, che sapevano distinguere una situazione in cui ridere da una situazione in cui far finta di nulla e continuare la conversazione, mentre la mal capitata, cioè io, si andava a mettere qualcosa addosso senza essere seguita dalle loro risate! Ma no!
La maggioranza vince sempre, perciò l'unica cosa che potei fare fu coprirmi con la maglietta del pigiama non abbastanza grande.
«Buongiorno, Lea...Vedo che stai molto meglio» sghignazzò Jenny.
Le feci una smorfia di rimando, per poi ricevere una linguaccia da lei.
«Se non vi dispiace io andrei a cambiarmi...» mormorai in imbarazzo per quella brutta entrata brutale.
«OH! Veniamo anche noi!» urlarono all'unisono Jenny, Gemma, Kevin e Trevor, mentre Harry si limitò a sorridere e ad alzarsi dal divano venendomi incontro per coprirmi il fondoschiena per quando mi sarei girata di culo per andarmene in camera.
Quando fummo fuori dalla portata degli adulti, Harry si mise al mio affianco, cingendomi le spalle con un braccio avvicinandomi a lui per poi lasciarmi un bacio fra i capelli.
Salimmo tutti insieme le scale, gli altri facevano un baccano assurdo, mentre io me ne stavo zitta a cercare di non iniziare a tremare per il freddo alle gambe che iniziavo a percepire.
«Comunque, bella entrata prima...Io ti consiglierei di farla anche quando tornerai all'università» mi prese in giro Kevin, che si beccò quasi subito una ceffone a mano aperta sulla spalla, facendolo ululare di dolore.
«Non ti facevo così violenta» sbottò meravigliata Gemma che andava verso Kevin per aiutarlo a non soffrire troppo, cosa che si meritava.
«Oh, sì che lo è» esordì Harry.
Tutti, e dico tutti, nella stanza rimasero a fissarlo a bocca aperta, per poi spostare lo sguardo su di me facendosi cadere la mandibola a terra.
Non riuscii a capire se era una battuta a sfondo sessuale o semplicemente un dato di fatto, nel senso che effettivamente ero violenta.
Mi feci scappare una risatina imbarazzata, mentre li fissavo uno ad uno sperando che la smettessero di fare gli idioti, raccogliendo le mandibole e lasciarmi stare mentre mi cambiavo. Ma no, c'era il mio amico Kevin che doveva fare l'idiota sempre.
«Bene, Harry. Ora vieni con noi e raccontaci tutto quello che ti ha fatto quella maniaca» si avvicinò a lui prendendolo per le spalle per poi portarlo sul mio letto disfatto e farcelo sedere, mentre gli altri lo accerchiavano.
Gemma mi venne incontro sorridente, la salutai con un minuscolo abbraccio, dato che ero ancora un po' contagiosa.
Si mise al mio fianco, godendosi quella scenetta.
«Ci avete fatto preoccupare...» disse sbuffando un sorriso.
«Io stavo abbastanza bene era Harry quello messo peggio...Che vergogna...Mononucleosi. E il dottore si è anche raccomandato di non scambiarci la salivazione per almeno due settimane» ero leggermente alterata.
«Già, e per ovviare avete fatto l'amore ieri pomeriggio» si sforzò per non ridere, ma tutti i tentativi svanirono quando le partì una risata abbastanza forte, ma non tanto da richiamare l'attenzione degli altri che parlottavano con Harry.
Mi girai lentamente verso di lei, spaventata, anche perché se Gemma lo sapeva voleva dire che anche tutti gli altri ne erano a conoscenza.
Non riusciva a smettere di ridere, al che la soprassai sbuffando per andare verso l'armadio e prendere il cambio, per poi dirigermi, con lei alle calcagna, in bagno.
Appena superammo la porta la chiusi lasciando gli altri fuori, che nemmeno si erano accorti della nostra uscita di scena momentanea.
Mentre mi cambiavo, Gemma andò a sedersi sullo sgabello vicino al cesto dei panni sporchi, dove buttai il resto del pigiama.
«Deduco che anche Anne e Des sappiano tutto» m'infilai i jeans.
«Sì, tua madre ci ha raccontato tutto...Diciamo solo che si preoccupa...»
«Sì, ma deve anche capire che noi abbiamo le nostre esigenze e non sempre siamo solo strette di mano e arrivederci!» alzai la zip.
«Io lo so...» cominciò a giocherellare con un batuffolo di cotone trovato sulla credenza vicino al lavandino, spiluccandolo fino a ridurlo a niente.
«Come va il lavoro? Harry mi ha detto che fai gli straordinari per velocizzare il tuo trasferimento...» m'infilai il maglione oversize bianco panna.
«Già...Ci crederesti che un direttore di banca deve fare gli straordinari? Che poi non è nemmeno detto che mi trasferiscano e se accadrà sarò solo il vice direttore» sbuffò alzandosi dallo sgabello, per raggiungermi davanti allo specchio, mentre io mi truccavo appena per far scomparire il color giallognolo che avevo a causa della malattia.
«E seconde te è una cosa brutta essere vice direttore?» le domandai nel momento in cui mi iniziai a mettere il mascara.
«Beh, sì! Tanto vale che rimanga qui! Almeno ho la mia famiglia!» mi prese una ciocca di capelli iniziando a giocarci.
«Ma non è quello che vuoi...» tappai il tubetto di mascara rimettendolo a posto «Secondo me dovresti andare. E' quello che hai sempre desiderato e poi parti molto avvantaggiata! Sei vice direttore non l'inserviente! Metti caso che il direttore scompare o muore, tu diventerai di diritto direttore della banca d'Europa!» già solo con le parole riuscii ad esaltarmi.
«Lo so, ma...» storse la bocca.
Stufa di sentirla scontenta, mi girai verso di lei facendole vento con il mio sbuffo continuo.
«Gemma, alza quel culo e vattene di qui»
«Come sei dolce, Lea...Senti, domani ti va di andare a prenderci qualcosa?...Magari porti anche Harry» propose.
«Ma non viene a casa con voi?» domandai confusa.
«No, non vuole tornare, e tua madre, a patto che non facciate come i conigli, vi lascia anche dormire insieme» le venne da ridere e a me da arrossire.
Feci giusto in tempo a spruzzarmi il profumo che in bagno entrarono Kevin e Trevor.
«Bussare no, eh?» domandammo io e Gemma all'unisono.
«Harry sta di nuovo male» sbottò Trevor, che a pensarci bene aveva due fanali al posto degli occhi.
Li scansai iniziando a correre per tutto il corridoio fino ad arrivare in camera mia e non trovare nessuno.
Me lo dovevo aspettare, soprattutto da Kevin, e mentre facevo mente locale sul fatto che Harry stesse bene, una mandria intera di persone mi saltò addosso. Grazie al cielo piombammo sul mio letto, ma lo prendemmo di sbieco finendo comunque con il culo a terra.
«Kevin! Giuro che ti ammazzo questa volta!» gli urlai in faccia dato che era sopra di me e rideva felice «Spostatevi che non respiro!» li richiamai alla realtà.
Già facevo fatica a respirare a causa dei polmoni ancora intasati dal muco, in più avevo addosso almeno un centinaio di chili che ricoprivano ogni parte del mio corpo immobilizzandomi a terra.
Mi aiutarono a mettermi in piedi. Harry non aveva preso parte, ma se ne stava in lontananza a ridere beato. Mi ero appena sistemata e loro avevano rovinato tutto saltandomi addosso senza nemmeno preoccuparsi che potessi sbattere la testa e morire! Mio Dio che ingenuità in quella stanza!
«Facciamo così: io non vi tocco e voi non toccate me, okay?!» ringhiai nel momento in cui in camera entrò Anne per salutare suo figlio e riprendere l'altra.
«Ehm...Scusate se interrompo questo momento catartico...» passò affiancò a Trevor che si spostò e la lasciò libera di passare per andare ad abbracciare Harry.

La sera, dopo che tutti se ne andarono, rimanemmo di nuovo io, Harry, mamma e papà, tutti e quattro in sala, in silenzio, a sorseggiare altro tè, che sembrava non mancare mai in quella casa.
Papà e mamma erano sul divano, mentre io ero per terra con la schiena poggiata sulle gambe di Harry, che si trovava seduto sulla poltrona che dava le spalle alla grande finestra.
Un silenzio assordente ci circondava senza lasciare spazio nemmeno ai nostri respiri irregolari. Il tempo sembrava essersi fermato, ma quando mia madre puntò i suoi occhi marroni e a palla su di noi sentii come milioni di specchi frantumarsi a terra.
Anche papà ci stava fissando, così alzai lo sguardo verso Harry, ma lui ne capiva meno di me, così l'unica cosa che potevamo fare fu aspettare che uno dei due parlasse.
Ma nessuno si prese la briga di iniziare il discorso, si limitavano ad osservarci attentamente, come ad analizzare perfettamente i nostri comportamenti.
Mi schiarii la voce, e quando sussultarono mi resi conto che ancora erano vivi.
«Ehm...» mamma ruppe finalmente il silenzio «Pensi di andare con Harry al matrimonio di Troy?» ecco, forse era meglio se stava zitta.
«Se è possibile sì, perché?»
«Chiedevo solo...E ora andate a letto che tra un po' dovete prendere l'antibiotico...Passo dopo in camera per sentirvi la febbre...»
Posammo le tazze sul tavolinetto e andammo verso le scale per salirle e andarci a mettere un pigiama pulito.
Mentre ero intenta a mettermi il maglione, mamma, a grandi falcate, attraversò la stanza e arrivò da me porgendomi il siluro e un bicchiere d'acqua per mandarlo giù, stessa cosa replicò con Harry.
«Non dormi qui con noi, mamma?» la fermai prima che potesse sfuggirmi.
«No, non avete più febbre e voglio dormire nel mio letto questa notte...Perciò...Buona notte...AH! Noi da di là sentiamo tutto, anche se non respirate più» e con quella frase a dir poco inquietante, se ne andò via lasciando, come sempre, la porta aperta.
Rimanemmo a fissare il punto in cui c'era lei poco prima, finché uno dei due non si stancò e andò a dormire, facendosi raggiungere dall'altro.
Harry se ne stava sul suo lato a dormire beato, con un sorrisetto stampato in faccia, mentre io ero ancora sveglia.
Sapete quando, prima di mettervi a letto, avete quel sonno che vi addormentate anche in piedi e poi quando andate a letto, sotto le coperte, gli occhi si riaprono e non riuscite a smettere di pensare? Beh, ero in quella situazione snervante.
Avevo provato tutti i lati del letto, anche quello di Harry, ma quando sentì il mio corpo vicino mi allontanò sentendo caldo.
Sbuffai, erano già le tre del mattino e io ero ancora sveglia. Tutti quei tè si facevano sentire e la cosa non mi faceva molto piacere, anche perché avrei dovuto risposare, ma stavo facendo tutt'altro.
Stufa di sentire ogni esatta molla del materasso sotto il mio culo, mi alzai infastidita, da Dio solo sa che cosa, e andai dritta alla scrivania, accesi l'abatjour, e aprii i libri di medicina. Le cose le sapevo molto bene, ma ripassare non mi avrebbe fatto male e comunque non avevo altra scelta.
Dopo l'ennesima lettura dell'apparato respiratorio, cambiai capitolo andando avanti, studiandolo tutto per poi ripeterlo e incasinarmi la vita.
In poche parole studiai quasi metà libro, dato che l'apparato respiratorio ne ricopriva gran parte, e il tempo di ripetere tutto e rileggere, passarono due ore, e dopo quelle due ore passate a scervellarmi, il cervello decise di dover andare a dormire, rendendomi felice della sua decisione improvvisa.
Né la mamma, né papà e né Harry si accorsero del mio sfogliare le pagine, ripetere, imprecare, sbuffare e ripetere le cose prima elencate, no, dormivano tutti e l'unica scema ancora sveglia ero io!
Appena mi rimisi sotto le coperte, divenute fredde a causa della mia assenza, Harry si girò verso sinistra e mi strinse a se, strofinando leggermente la punta fredda del naso dietro il mio orecchio.
«Dici tanto di me, ma...» sbadigliò «...Almeno io non mi alzo a quest'ora della notte per studiare» continuò sussurrando, con la voce impastata dal sonno, facendolo sembrare mezzo ubriaco.
Sorrisi prendendogli la mano e stringendogliela nella mia, cosa che anche lui fece ricambiando il gesto di amore silenzioso.
«Adesso prova a dormire...»continuò.
Dopo di che non lo sentii più parlare o muoversi. Sembrava morto e, a parte il petto che sentivo muoversi contro la mia schiena, sembrava esserlo veramente!
Durante il dormi-veglia feci sogni stranissimi. In uno ero un polmone pieni di liquidi e che stava per morire, in un altro ero una costola conficcata nel polmone traforandolo per poi farlo morire, in un altro ancora ero l'esofago trafitto da una lama!
Tutto quello studiare mi aveva incasinato la mente e non in senso positivo!
Poi dormii profondamente, sognando, magari, ma sognando sogni che non avrei ricordato.

Erano passate due settimane dalla malattia, e dopo una settimana di convalescenza in cui Harry riprese a studiare diritto, ritornammo entrambi a seguire le lezione e a dare gli esami.
Io mi ero ripresa bene, ma Harry portava ancora gli strascichi, e a volte gli saliva la febbre.
I miei avevano deciso di lasciarci un po' più liberi, anche perché si erano accorti che in un modo o nell'altro avremmo trovato il modo di stare insieme, con la "I" maiuscola.
Dopo aver passato una settimana uniti, e sempre insieme, andare a dormire e ritrovarmi nel letto da sola era alquanto strano, ma si trattava solo di abitudine, o almeno lo sperai, altrimenti non avrei dormito bene per molto tempo, finchè lui non sarebbe tornato da me nel mio letto.
«Lea!!» mi sentii chiamare.
Ero appena uscita dall'aula di chimica, per poi ritrovarmi nel corridoio della London University. Era strano sentirmi chiamare, lì nessuno mi conosceva e io non conoscevo nessuno ed era perfetto in quel modo. Mi girai incontrando solo facce sconosciute e disinteressate. Harry non poteva essere, dato che era in un'altra facoltà, separata da medicina, e poi perché la sua voce l'avrei riconosciuta fra mille.
Alquanto scocciata per quell'interruzione, mi rigirai e continuai a percorrere la mia via, ma appena mi voltai mi sentii toccare la spalla costringendomi a rigirare.
«Louis? Ma che ci fai qui?» gli chiesi alquanto confusa.
«Hai impegni per pranzo?» non mi rispose, facendomi così un'altra domanda.
«Dipende...Che hai in mente?»
«Ti va di andare a mangiare a ristorante e poi ti riporto a casa?» chiese speranzoso.
Harry mi aveva "avvisata" del fatto che alla fine a Louis gli ero simpatica e che gli sarei stata utile, ma ancora non capivo il vero motivo di tutto quell'interesse nei miei confronti...
«Non lo so...Dovevo vedermi con Harry...» storsi la bocca.
«Tranquilla, è stato già avvisato...Allora?»
«Va bene...» sbuffai.
Lui sorrise compiaciuto. Il parcheggio era lontano da noi, così camminammo per tutto il tempo vicini, cercando di non farci "uccidere" dalle persone che correvano per raggiungere le aule in tempo. Io non avevo lezione per tutto il pomeriggio, e sinceramente avrei preferito passarlo con Harry, invece di stare con Louis, che nemmeno si sprecava a parlarmi!
Mentre ero malata non si era fatto sentire e poi sbuca così, come se niente fosse, e mi chiede anche di uscire a pranzo con lui!
Arrivati davanti la sua super macchina luccicante, salimmo e partimmo verso una meta a me sconosciuta.
«Come stai?» frenò davanti ad un semaforo rosso, per poi girarsi verso di me, mentre teneva una mano sul volante e l'altra sul cambio automatico.
«Abbastanza bene...Senti, Louis....Patti chiari e amicizia lunga» sbottai per poi prendermi un bel respiro profondo e continuare a parlare «Cosa vuoi che faccia?»
A quella mia domanda abbassò lo sguardo e prese un respiro profondo anche lui. Non mi rispose, si limitò a scuotere la testa e poi rimettere la prima e partire andando dritti.
La macchina si fermò davanti ad un ristorante in centro, piccolo e poco affollato. Le cose erano due: o era molto costoso o il cibo era pessimo.
Preferivo la prima, anche perché era Louis ad offrire.
Scendemmo insieme e quando arrivammo alla porta Louis mi passò avanti a me l'aprì con un sorriso tutto contento.
Ero stanca del suo comportamento altalenante. Era quasi peggio di Harry e certi comportamenti facevano venire solo il mal di testa!
Una tizia ci portò fino al tavolo più isolato e appartato del locale. Non avevo ancora capito come Louis fosse in quel modo ricco da potersi permettere tutto quel lusso senza tanti problemi.
Continuava a sorridermi cordialmente, ma io, da brava schizofrenica (come mia madre)mi lasciai trasportare dell'emozione che provavo in quel momento: rabbia.
Insomma, mi aveva portata via annullando i miei impegni con Harry e nemmeno mi aveva detto l'utilità della mia presenza in quel momento!
Prendemmo le ordinazioni, cioè, lui prese le ordinazioni. Preferii non parlare altrimenti lo avrei sbranato, così scelse lui ordinando dell'insalata e del buon vino bianco.
Dopo che la cameriera se ne andò, Louis mise entrambi i gomiti sul tavolo e congiunse la mani come i preti, poggiando il naso all'altezza dell'indice.
Sospirò e poi alzò lo sguardo su di me.
«Mi sposo»
La mia espressione fu unica nel suo genere. Ero stupita, confusa e soprattutto non capivo ancora perché io ero lì con lui!
«Allora Eleanor ha cambiato idea» provai ad essere il più felice possibile, anche perché lo ero, almeno avrebbe smesso di assillare me ed Harry!
«Non mi sposo con lei» sbuffò una risata di rancore, levando i gomiti da tavola per mettere il tovagliolo sulle gambe e lasciar spazio al piatto enorme che ci si presentò davanti.
«Oh...E con chi? Sempre se posso chiedere....»presi una forchettata di valeriana fresca.
«Con...» lo interruppi puntandogli la forchetta addosso.
«E poi perché ci sono io qui e non Harry? Lui lo sa che ti sposi con un'altra?» strinsi gli occhi fino a farli diventare due fessure.
«Sì, certo che lo sa» si asciugò i palmi delle mani sulla stoffa dei jeans.
«E che cosa ti ha detto?» ripresi a mangiare.
«Nulla, non mi ha detto nulla. Ha solo detto di chiamare te e che lui non aveva nulla da dirmi» dal suo tono di voce dedussi che fosse giù di morale, così alzai le sopracciglia senza nemmeno guardarlo, perché troppo presa da quell'insalata troppo buona.
«Simpatico...Mi ha lasciato il lavoro sporco» posai di botto la posata sul piatto in ceramica bianca e lo guardai negli occhi sospirando.
Allungai la mano e afferrai il calice di vino bianco freddo, ne presi un sorso, ovviamente già dandomi mal di testa, poi tornai a guardarlo.
«Tu vorresti sapere da me cosa ne pensa Harry di tutta questa faccenda vero?»
Lui annuì.
«Ovviamente non gli leggo nella mente ma posso dedurre quello che pensa...Uno: lui è amico sia tuo che di Eleanor, ed è ovvio che non si voglia esprimere su tutto quello che sta accadendo. Due: ti stai sposando solo per fare un dispetto ad Eleanor, anche se sai che a lei non le importa più di te. Tre: è stufo di sentirti incazzato con Eleanor, perché non è colpa sua se non ti ama più. Perciò smettila di fare cazzate e non ti sposare!»
Era immobile a fissarmi, incredulo su quello che gli avevo detto, così continuai a parlare mentre prendevo altre forchettate d'insalata.
«Beh...Forse il punto tre riguarda più quello che penso io di tutto questo che quello che pensa Harry...» presi il boccone e masticai, poi ingoiai e continuai la mia tiritera «...Comunque sia, è una situazione ridicola e il fatto che tu ti voglia sposare fa di te un emerito idiota, perciò, usa quel cervello che ti hanno voluto dare e prova a fare la cosa giusta. Louis, non scherzo, dico seriamente. Penso che se ti sposerai farai la cazzata più grande della tua vita..» poggiai le braccia sul tavolo incrociandole mentre lo fissavo in attesa di una sua reazione, positiva o negativa che fosse.
Ma lui si limitò a respirare e basta, sbattendo di tanto in tanto le palpebre.
Sbuffai annoiata anche perché avevo finito l'insalata e non sapevo che altro fare, così cominciai a spiluccare il pane nel cestino bevendo il vino rimanente, tutto sotto lo sguardo stordito di Louis.
«Louis, dimmi qualcosa o me ne vado» annunciai dopo mezz'ora passata a bere e mangiare mentre lui se ne stava lì fermo.
Scosse la nuca, come a svegliarsi, così afferrò il calice e prese un bel sorso prima di parlare.
«Credo che...»si schiarì la voce, mentre mi accingevo ad ascoltare bene la sua voce alquanto bassa in quel momento «...tu abbia ragione...Mi dispiace esservi così di peso, ma in questo ultimo periodo non sono stato al massimo e cercavo qualcuno con cui distrarmi e Harry era l'unico a sopportarmi, ascoltandomi sempre dandomi poi dei consigli...Consigli che non hanno mai portato a niente di buono, perché come hai detto tu lui è da entrambi le parti e non vuole ferire Eleanor né tanto meno me...» si prese una pausa per sorseggiare altro vino, ma con più calma e poi continuò «Vorrei solo farla tornare da me, ma credo sia impossibile...Perciò ho preso la prima mal capitata che avevo sotto mano e le ho chiesto di sposarmi...» scosse la testa abbassandola mentre sorrideva amaramente «Non sono mai stati bravo nelle relazione, ma non perché non fossi sincero o fedele, ma perché spesso mi ritrovavo a pensare solo a me stesso e mai all'altra persona che mi era affianco...Eleanor mi ha dato tante possibilità, ma non sono riuscito a sfruttarle» storse la bocca.
«Perciò ora che farai?»
«Credo che lascerò libera Kate e andrò un po' in giro per il mondo...Da tempo avevo voglia di partire per posti sconosciuti e credo sia giunto il momento di farlo» sorrise, mettendomi allegria.
«Spero di non averti offeso o traumatizzato prima...» la tensione si stava alleggerendo.
«Oh, no, tranquilla. Non mi hai offeso...Solo che non mi aspettavo tutta questa sincerità da te...Ogni volta che abbiamo parlato era una chiacchierata di due secondi presso a poco e non sono riuscito a farmi un'idea su chi fossi veramente...Harry è fortunato ad averti» cominciò a mangiare la sua insalata, finendola in pochi secondi sotto il mio sguardo allibito.
«Più che mai sono io ad essere fortunata ad avere Harry, spesso sono una palla al piede»
«Sì, ma sapete accettarvi per quello che siete»
«Non ti credere, eh. Spesso litighiamo per delle cazzate» mi venne da ridere ripensando a quella volta che si era arrabbiato perché mi ero truccata.
«Quello è normale...Vuoi il dolce o ti riporto a casa?» cambiò argomento andando su cose molto più concrete.
«Io direi che un dolcetto ci sta. Mi hai fatto mangiare l'insalata! Vergognati!» feci la finta indignata.

Dopo il dolce, come promesso, mi riportò a casa lasciandomi sul mio vialetto, ringraziandomi di nuovo per avergli dato una bella svegliata. Così ci salutammo con un bell'abbraccio.
Alla fine Louis era molto simpatico, Harry aveva ragione, ma effettivamente in quel periodo non era una bella compagnia da portarsi dietro il sabato sera.
Aprii casa ritrovandomi da sola, così decisi di andarmi a rilassare da Harry. Presi un libro che ero intenta a leggere, e posai i libri dell'università pesanti come macigni.
Legai i capelli in una crocchia spettinata mentre scendevo le scale. Avendo ancora il cappotto uscii di casa prendendo solo la borsa.
Attraversai la strada e mi ritrovai a bussare al portone di casa Styles.
«...Arrivo...» sentii Harry correre dalle scale, così quando mi vide decelerò e se la prese con comodo, venendomi ad aprire dopo amen.
«Ah! Bravo che mi fai aspettare con questo freddo dopo aver passato una settimana con la febbre!» lo scansai ed entrai rabbrividendo.
«Come mai qui?» domandò prima di salutarmi con un bel bacio.
«Volevo usufruire della tua vasca da bagno per farmi una "nuotatina" rilassante» arricciai il naso mentre sorridevo.
«Ah...Ecco, perciò non vieni qui per me ma per la mia vasca, eh?»
Stavo per rispondergli, ma dopo nemmeno un nano secondo mi ritrovai sulla sue spalle messa a mo' di sacco di patate.
Urlai di mettermi giù, mischiandoci anche delle risate, mentre lui saliva le scale correndo per poi raggiungere la sua stanza e buttarmi sul letto facendomi rimbalzare.
Mi raggiunse sdraiandosi su di me, lasciandomi baci sul collo, la mandibola e ogni parte del corpo lasciata scoperta dal cappotto e dalla sciarpa.
«Dicevo sul serio, Harry. Sono venuta qui per la tua vasca da bagno» mormorai sorridendo, facendogli fermare lo sguardo sui miei occhi.
«Sei insensibile» si levò lasciandomi libera di scappare in bagno.
«Senti chi parla...Quello che mi ha lasciata fuori a gelare solo perché ero io» ero ormai in piedi diretta al bagno, ma prima di entrare cominciai a spogliarmi, mentre Harry tornava alla sua scrivania e riprendeva a studiare e stare su internet.
Tolsi il cappotto e tutto il resto, poggiando tutto sul suo letto. Quando rimasi in slip e basta, sentii il suo sguardo su di me.
Poi andai verso la mia borsa e presi il libro. Aprii i rubinetti e riempii la vasca cospargendola di sapone profumato alla lavanda, che sua sorella teneva nel bagno di Harry. Alla fine m'immersi per poi prendere il libro e leggere in tranquillità, ogni tanto interrotta da Harry che mi rifilava qualche battutina trovata su internet in quell'istante.
«Lea?!» dopo l'ennesima chiamata da parte dell'uomo nell'altra stanza, sclerai, chiudendo con un tonfo il libro e alzando la voce che andava a sbattere su le pareti del bagno creando un gran rimbombo.
«Se non la finisci di chiamarmi giuro che esco di qui e mi asciugo sopra il tuo letto!»
Non mi disse nulla, solamente avvertii uno spostamento di sedia e poi dei passi venire da me, così mi sporsi appena per vedere cosa volesse.
Si affacciò dalla porta con quel suo solito sorriso da impertinente e stette lì a guardarmi per svariati secondi.
«Che vuoi, Harry?» ero quasi in lacrime mentre glielo chiedevo.
«Ti amo» disse facendo spallucce.
«Anche io ti amo, credimi. Ti amo con tutta l'anima, ma per favore lasciami almeno finire il capitolo e poi ti assicuro che ti amerò più delle mie converse!»
«Quanto ti manca per finire?» domandò tutto pimpante.
«Tre pagine. Tra dieci minuti sono da te. Però adesso lasciami finire in santa pace, per favore» continuai a supplicarlo, così si decise a tornare sulla sua postazione di non parlarmi più, almeno per quei preziosi dieci minuti.
Finito l'ultima pagina del capitolo, chiusi il libro, lasciandoci il segno, lo poggiai sul water vicino la vasca e uscii di lì, avvolgendomi nell'asciugamano che il chiacchierone nell'altra stanza mi aveva lasciato.
Quando tornai in stanza lo trovai sul suo letto e giocare con il telefono.
«Mi passi il reggiseno?» gli chiesi mentre m'infilavo gli slip.
«Mi stavo chiedendo...» me lo passò mentre si alzava chiudendo il cellulare, poggiandolo sul comodino.
«Cosa?» feci cadere l'asciugamano a terra per allacciarmi il reggiseno dietro la schiena.
«Da quanto tempo è che noi due non facciamo l'amore?» si alzò venendo da me con passo calmo ma deciso.
«Da quando mia madre ci ha fatto il cazziatone» sospirai mettendo le mani sui fianchi.
Era ormai a due millimetri da me, così mi afferrò per la vita e mi spiaccicò a lui.
«Non credi sia passato troppo tempo...?»
«Io credo che tu sia un po' schizzato in questo momento...Ma non posso farci niente, perciò ti tengo così» sorrisi mettendogli le braccia attorno al collo per dargli un gran bel bacio.
Con lui ogni singolo bacio era come il primo, pieno di brividi su tutto il corpo, con le ginocchia che tremano, il cuore che va a mille e una gran confusione nella testa.
Lo amavo veramente e per dimostrarglielo avrei anche scalato la vetta più alta del mondo pur di farglielo sapere in tutti i modi, ma lui già lo sapeva, specialmente nei nostri momenti più intimi in cui entrambi ci lasciavamo andare e giocavamo completamente a carte scoperte così da far vedere ogni nostra singola paura e ogni nostro singolo difetto, così che l'altro scoprisse tutto.
Alzò le braccia fino ai gancetti del reggiseno, con cui poco dopo iniziò ad armeggiare per liberarmene.
«Me lo ero appena messo...» mi lagnai spostandomi di poco per permettergli di sfilarmelo del tutto.
«Così impari ad essere troppo veloce nel vestirti» mi sorrise e tornò da me, fra le mie labbra.
«E' colpa tua...Da quando ci conosciamo mi hai quasi sempre fatta vestire in due secondi»
«Non ringraziarmi» spostò le labbra per tracciare il profilo della mia mandibola per poi abbassarsi e scorrere su tutto il collo.
«E chi ti ringrazia?» sbuffai una risata e poi mi concentrai solo su di lui.

Finalmente mi stavo rivestendo, mentre Harry se ne stava sul letto, con il lenzuolo solo sul pube nudo, a fissarmi con una faccia da ebete.
«Ah! Ti ha chiamato Louis?» allacciai i jeans.
«No, perché? A proposito! Come è andata oggi a pranzo?» si tirò avanti con il busto allungando le braccia per stirarsi fino alla gambe.
«Io certe volte mi domando come ho fatto ad innamorarmi di te...Non riesco proprio a capire! Mi hai mollato Louis solo perché non avevi voglia di starlo a sentire!» con la maglietta in mano m'impuntai sul fianco e lo guardai.
«Sono anni e anni che lo ascolto!» esclamò indignato.
«E' il TUO migliore amico non mio! Io non lo conosco bene!»
«E' successo qualcosa di brutto?» la sua espressione era unica nel suo genere.
Un misto fra il preoccupato, lo spaventato e l'irrequieto.
«No, ma...» interruppi la frase, avendo paura di dirgli cosa aveva realmente deciso di fare Louis.
«...Ma? Continua» mi spronò
«Ma ha deciso di fare un lungo viaggio» sputai il rospo aspettandomi da parte sua una sfuriata.
Il viso gli si addolcì, allungando le labbra per sorridere apertamente.
«Io credevo si sarebbe sposato! Brava! Hai visto che alla fine lo conosci bene!?»
«Sì, però la prossima volta avvisami! Non ci tengo a pensare anche per te!» ripresi a vestirmi.
«Perché dici così?» domandò curioso.
«Il tuo amichetto del cuore...» infilai la testa della maglietta per poi infilarmela del tutto «...mi ha chiesto cosa ne pensassi tu di tutta quella situazione» presi il maglione da sopra il suo letto e me lo infilai.
«E tu cosa gli hai detto?»
«Gli ho detto che non eri d'accordo e che sei amico sia suo che di Eleanor e non vuoi metterti dalla parte di nessuno...Sei neutrale»
«Come la Svizzera!» esclamò.
«Sì, come la Svizzera» mi misi seduta ai piedi del letto per mettermi le scarpe per poi tornare a casa mia e combinare qualcosa di utile per tutti.
Lo sentii muoversi sul materasso, per poi avvertire la sua presenza dietro la mie spalle, che cinse dopo un momento di esitazione.
«Dove vai?» posò la testa sulla mia spalla sbuffando.
«A casa, Harry...Mamma quando torna vuole la cena pronta...» infilai l'altro stivaletto e dopo aver avuto le mani libere, con la sinistra gli massaggiai la testa.
«Devi proprio?» domandò lagnoso ad occhi chiusi.
«Sì...Tanto ci vediamo domani e dopo domani, dopo domani ancora...» iniziai ma lui mi stoppò prima che fosse troppo tardi.
«Ho capito! Ora va...» mi fece alzare dal letto e con un sorriso sulle labbra andai a raccogliere il mio cappotto, con la sciarpa e la borsa.
Tornai a casa mia iniziando a darmi da fare sul serio.

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