CAPITOLO IV - ATTRAZIONE FISICA - PARTE III

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CAPITOLO IV

ATTRAZIONE FISICA, PARTE III

«Non te lo abbiamo detto perché nessuno di noi ne era certo! Adesso fatti da parte e fammi prendere la borsa!» mia madre sbraitò in evidente confusione.
Appena le dissi che la nonna era sotto i ferri, lei era cambiata. Aveva per primo sbiancato, poi cominciò a sudare freddo e dopo ancora ad aggredirmi, anche lei. Poi all'improvviso cambiò di nuovo e decise di dovere andare via e raggiungere la zia in ospedale.
Invitò anche me ad andare, ma mi rifiutai, volevo ricordarmela paffuta, con la pelliccia e i baffi sotto il naso.
Harry se ne era stato in disparte tutto il tempo, ascoltando attentamente entrambe, sì, doveva fare proprio l'avvocato!
La mamma prese la borsa, le chiavi della macchina e aprì la porta.
«Chiudete a chiave la porta, tuo padre verrà in ospedale, se succede qualcosa ti chiamo»
«Che bisogno c'è? Lascia anche stare, sono stata un anno senza sapere cosa avesse la nonna!»
Lei sbuffò, roteò gli occhi e chiuse la porta, correndo verso la sua Citroën rossa.
Mi girai verso Harry.
«Hai fame?» gli domandai come se niente fosse.
Lui annuì. Poi mi resi conto che provavo a distrarlo con il cibo, ma che poi, alla fine, non ci riuscivo molto bene.
Andai in cucina provando a recuperare la cena mezza fatta da mia madre, prima che scappasse via per andare in ospedale.
Ero sola con Harry, avrei potuto fare quello che volevo. Potevo anche incatenarlo alla sedia, imbavagliarlo e seviziarlo dal punto di vista sessuale, senza che nessuno lo sapesse.
No, poi avrei dovuto ucciderlo, avrei sporcato e non sapevo come far sparire il corpo. Magari avrei comprato della calce viva...
Scossi la testa liberandomi di quei pensieri da malata di mente e mi concentrai sulle verdure che si stavano cuocendo e sulla carne nel forno.
«Sei sicura di volerlo fare?» sbottò all'improvviso facendomi prendere un gran bello spavento.
«Cosa?» domandai senza capire a cosa volesse alludere, e con la mia mente bacata pensai al "peggio".
«Cucinare...Mi sembri un po' strana» fece fatica a trovare e a dire l'ultima parola, tanto che dovette prendere un gran bel respiro per dirla, come se gli pesasse.
«No, sto bene. Sono semplicemente alterata. Tutto qui» continuai a girare le verdure senza degnarlo di uno sguardo mentre gli parlavo.
Diamine! Ero ancora un po' scossa dalla notizia di Kevin, dal suo comportamento da matto nei miei confronti, dal comportamento da fuori di testa di mia madre e dal fatto che avevo Harry a pochi metri di distanza da me e lo sentivo respirare. Cazzo, il mio udito era sopraffino!
«Ti va di parlare di qualsiasi cosa? Non mi va di starmene qui a cuocere le verdure in silenzio» proposi.
«Ehm...Non mi viene in mente nulla» prima di dire quella frasetta, dovette pensarci su, prolungando di almeno un chilometro il suo "ehm".
Mi venne da ridere. Era così impacciato in alcuni casi che faceva quasi tenerezza.
Il timer del forno squillò facendoci sobbalzare per il grande spavento. Mi abbassai e sfornai il pollo con le patate.
Cenammo in religioso silenzio che, nemmeno sotto mia minaccia, Harry volle rompere. Masticava e basta, a volte annuiva, ma nulla di più. Dopo un po' ci persi le speranze e tappai la bocca pensando che lo disturbassi nel suo rituale del masticare e ingoiare il cibo.
Dopo cena m'incollò alla sedia e sparecchiò lui. Che uomo di casa, pensai, mentre in testa mi spuntavano le parole della canzone "Settle Down" di Kimbra. Immaginai lui la sera mentre mi massaggiava i piedi sul nostro grande divano bianco in stoffa, con i bambini a terra a giocare fra di loro.
Ahh! Che meraviglia il modo in cui mi tocca i piedi e...
«Lea! Ma ci sei?!» sventolò una mano davanti i miei occhi.
Sbattei le palpebre varie volte per riacquistare la vista e trovarmi lui davanti a me, in piedi, con lo sguardo preoccupato mentre mi scrutava.
«Sei sicura di sentirti bene?» era piegato in avanti, verso di me, e continuava a guardarmi muovendo le testa prima a destra e poi a sinistra per vedere bene i miei occhi.
«Sì...Ehm...Gemma? Come mai non torna?» provai a concentrarlo su altro.
A quel punto, sicuro che non ero del tutto andata, si raddrizzò spostandosi dal viso una ciocca di capelli che gli era caduta in avanti, separandosi dal resto della massa.
Che capelli ribelli i suoi.
«Te lo stavo giusto dicendo prima. Ma eri inebetita e fissavi un punto senza neanche sbattere le palpebre. Gemma è a casa a farsi una doccia. Ha detto che non ha fame e che quindi verrà qui, ma probabilmente crollerà sul divano» tolse dal tavolo la tovaglia e la sgrullò nel cestino, per poi piegarla e poggiarla sul tavolo.
Dato che prima di iniziare a fare la donna delle pulizie mi aveva imposto di rimanere seduta, prima di alzarmi chiesi il permesso che mi fu accordato, ma prima mi diede un'altra rapida occhiata per controllare lo stato del mio cervello attraverso gli occhi.
Sembrava più un dottore che un futuro avvocato.
Quando si accertò che non avessi nulla che non andasse mi lasciò definitivamente libera. Mi chiesi come mia madre si era fidata a lasciarmi da sola in casa con uno sconosciuto senza tanti problemi. Insomma, a me piaceva Harry, ma come potevo anche fidarmi di lui? Lo conoscevo sì e no da tre ore!
Bah, le madri di una volta non le fanno più..
Andai verso la sala per mettere un po' più apposto, per non far trovare un putiferio a Gemma, che probabilmente quella notte avrebbe dormito da noi.
Quando ripiegai l'ultima coperta messa in disordine, mi rigirai e andai in camera mia, ignara del fatto che Harry fosse sparito. O meglio, non mi ricordavo che era in casa con me, perciò non mi preoccupai di cercarlo.
Mi buttai a capo fitto sul letto facendo rimbalzare tutto, anche il comodino di fianco, l'armadio e il computer.
Sospirai violentemente, sperando di sparire assieme al mio alito, ma poi pensai che il mio alito non spariva, ma si mischiava con l'ossigeni intorno a me.
«Porca paletta! Porca paletta! Porca paletta!» cominciai ad urlare come una vera matta, sbattendo mani e piedi sul materasso evitando di farmi male.
Sentii dei passi avvicinarsi. Sobbalzai e girai il viso per vedere chi fosse. Era Harry. Oh, che idiota. Chiusi gli occhi in evidente imbarazzo, ma lui sembrava non aver colto quella mia emozione, dato che mi venne incontro e si mise seduto al mio fianco.
Io ero a pancia sotto, lui era a pancia all'aria. Eravamo differenti ma uguali.
«Stai dormendo?» domandò dopo un gran silenzio.
«No...» la mia voce mi sembrò molto più gracchiante di quanto mi aspettassi.
Tirai su col naso e con pochissima delicatezza mi misi come Harry.
Le teste si toccavano appena, entrambe poggiate sul materasso, ma i corpi erano abbastanza distanti l'uno dall'altro.
Quando fui soddisfatta della mia posizione mi fermai e presi un altro gran bel respiro.
«Che seratina, eh?» sorrise appena.
«Già...Magari era meglio se venivo io da voi» risi.
«Non sei in ansia per tua nonna?» si girò verso di me guardandomi per bene.
«Sì, ma cosa dovrei fare? Sicuramente, con l'arrivo di mia madre, sono andati anche gli altri. E l'unica che manca sono io. Sempre io. Che palle» espirai.
«Prova a richiamare tuo cugino, magari si è calmato...» suggerì.
«Mh...Non credo. Lo chiamerò domani mattina...forse»
Volevo sapere cosa stesse accadendo in sala operatoria, ma allo stesso tempo avevo paura di chiamare Kevin o mia madre.
Il campanello di casa ci distrasse facendoci guardare verso le scale che si scorgevano dalla porta aperta di camera mia.
Mi alzai e scesi di sotto. Guardai attraverso lo spioncino notando che era Gemma. Le aprii e lei corse in casa, mentre con i piedi saltellava per riscaldarsi. Aveva indosso il pigiama e le ciabatte e si copriva con un elegante cappotto a doppio petto nero in lana. Era buffa e chiaramente voleva dormire, come urlavano le sue occhiaie, ma quando comparse Harry lei alzò lo sguardo e smise di sbattere i piedi e zompettare per tutta casa.
«La mamma mi ha detto che tra un po' saranno a casa e che Emily ha detto che Lea deve venire a stare da noi. Ah! Lea, tua madre mi ha detto anche di dirti che tua nonna non sta bene e che domani sei pregata di prendere un taxi e recarti in ospedale»
Gemma nel dirmelo sembrava che stesse leggendo un post-it attaccato in fronte.
Emily era mia madre, per la cronaca.
Perciò secondo lei dovevo andare a disturbare a casa di altri solo perché non si fidava di lasciarmi a casa da sola?! Ma secondo lei quanti anni avevo?! Due?!
«PORCA PALETTA! Ma cosa pensa che non me la posso cavare da sola per sei ore?!?! Io rimango qui!» protestai, dimenticandomi delle buone maniere.
Harry era ancora sulle scale e Gemma era immobilizzata sopra lo zerbino ed entrambi mi guardavano sconvolti. Ero in mezzo a loro, perciò li potevo vedere benissimo.
«Scusami, Lea, ma sono d'accordo con tua madre. E' pericoloso restare a casa da soli...» disse Gemma provando a farmi ragionare, ma niente, mi ero messa in testa di rimanere a casa da sola e lo avrei fatto!
«PORCA PALETTA!» mi girai e andai via urlando su per le scale diretta in camera mia.
Non volevo essere maleducata, ma ero proprio stufa di essere sempre trattata da cretinetta. Proprio perché non volevo essere del tutto irrispettosa nei loro confronti, mantenni la porta della mia camera aperta, bloccando la grande voglia di sbatterla e far scoccare la serratura, lasciando il resto del mondo fuori.
«...Sua madre è stata chiara, Harry. Non vuole che rimanga da sola!» era Gemma.
«Rimango io con lei...So un po' la situazione» spiegò alla sorella.
«Fate come volete. Se succede qualcosa ci parli te con Emily e Peter!»
Sentii la porta aprirsi e poi richiudersi velocemente.
Avevo fatto arrabbiare Gemma, quello era chiaro, ma anche lei che cosa voleva? Che andassi a casa loro e facessi finta di nulla!?
I passi di Harry, pur essendo più leggiadri dei miei, si sentirono. Stava salendo le scale a due a due e in pochi secondi era in camera mia.
«Ehm...Questa sera rimango qui con te....Ehm.....Vado in sala a sistemare il divano» fece per andarsene ma lo bloccai.
«Vai a casa, Harry. Non mi serve la balia» mia alzai in piedi per raggiungerlo e sbatterlo fuori.
«Sono d'accordo con Gemma....Non mi va di lasciarti sola...Perciò scegli: o vieni a casa nostra o rimani qui ma io sto con te a casa tua» era più serio e convinto che gliel'avrei data vinta.
«Scelgo di rimanere a casa da sola» provai con tutte le forze a farmi più grande di lui, cosa non difficile, dato che era poco più alto di me, ma con quel suo modo di comportarsi da ragazzo serio, sovrastava me in tutti i modi.
Sorrise appena, poi senza dire nulla, si girò e scese le scale.
Aspettai con l'ansia fino alla gola di sentire la porta di casa aprirsi e poi chiudersi, ma non sentii nulla del genere.
Presi un gran respiro per tranquillizzarmi e riflettere da adulta, e non da adolescente in piena crisi.
Dovevo scendere e tenergli compagnia, si era offerto di stare a casa mia per me, per far star tranquilla mia madre. E poi avevo desiderato tutto il pomeriggio di passarci del tempo insieme, cosa che era accaduta, ma non come pensavo io.
Ecco cosa avrei fatto: sarei scesa fino in sala, mi sarei messa sul divano vicino a lui e avrei guardato la televisione, finchè uno dei due non si sarebbe addormentato prima, lasciando l'altro da solo.
Feci i primi passi muovendomi verso la porta, e perciò verso le scale. Mi sentivo una tale cretina ad aver reagito in quel modo.
Ero ormai a metà scale e mi muovevo a scatti. Dalla sala provenivano voci metalliche, abbastanza basse da non poter decifrare quale tipo di programma stesse vedendo, ma una volta arrivata all'entrata della stanza mi bloccai.
Si era tolto le scarpe e tutto il resto, era rimasto con solo i boxer. Va bene che in casa si stava bene, ma non c'era solo lui!
Uno strano pensiero mi balenò nella testa: se mi spogliavo anche io avremmo fatto la casa per nudisti! Mi venne da ridere a pensare che in quella casa potessero girare nudi uomini e donne.
Mi concentrai su di lui. Era così preso dal guardare le televisione che non si accorse di me e delle mie guance rosse.
Era un bel vedere, su quello non ci pioveva, ma arrossii solo perché era sicuro di se stesso, tanto da permettersi di gironzolare in casa (non sua) mezzo nudo.
«Pensi di fissarmi tanto a lungo? No, perché se è così alla fine mi sciuperai» scherzò.
Mi avvicinai a lui, quando gli fui difronte, lui si spostò e mi lasciò lo spazio sul divano per sedermi.
«Che guardi?» domandai dopo aver sospirato.
«Non ne ho idea...Non è che hai una maglietta o una tuta?» mi domandò.
Lo guardi con un sopracciglio alzato.
«Rivestiti. Vengo a casa vostra» sospirai.
Lui sembrava triste, come se gli andasse bene rimanere a casa mia. Feci per alzarmi ma i miei movimenti furono bloccati dalla sua mano posata con forza sul mio polso per evitarmi la fuga.
Abbassai lo sguardo sulla sua mano e poi su i suoi occhi.
«Che c'è? Vuoi fare un pigiama party a casa mia?» gli domandai.
«ah-ah, simpatica. Davvero» spostò la mano e mi lasciò libera.
Mentre io cominciavo a pensare a cosa portarmi per restare quella notte lì da loro, Harry rimase fermo sul divano, in mutande, a guardare la televisione.
Più facevo la sua conoscenza e più mi rendevo conto che tipo di persona era.
Ero andata al di là dell'aspetto fisico. Ero alla ricerca della sua personalità. Volevo scoprire cosa gli piacesse di più al mondo partendo dal cibo fino ad arrivare ai film, e cosa lo infastidiva di più. Lo volevo scoprire, ma non facendogli domande dirette, volevo conoscerlo stando ferma a fissarlo per ore mentre era intento a fare qualcosa.

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