CAPITOLO VII - ATTRAZIONE FISICA - L'EVOLUZIONE - PARTE II

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CAPITOLO VII

ATTRAZIONE FISICA, L'EVOLUZIONE PARTE II


Dopo essere rincasata, la mamma si affacciò dalla cucina, con una strana luce negli occhi, simile ad una scintilla di pazzia.

«Era Harry?» sembrava impazzita.
«Forse....» tolsi il cappotto appendendolo vicino alla porta, posando anche la borsa sul comò all'entrata.
«Che vi siete detti?» era oltre il pazzo.
«Nulla di che, abbiamo passato la maggior parte del tempo a pomiciare» la guardai negli occhi.
«...Come sei spiritosa!» disse dopo averci pensato un po' su.
«Già...Harry ti saluta...Ah! E domani vado a studiare da lui» feci per salire le scale ma lei mi fermò.
«Che cosa studiate?» domandò sospettosa, la guardai incredula.
«Io le mie cose e lui le sue! Tranquilla, non ci trombo, se è questo quello che vuoi sapere! E poi se vuoi stare più tranquilla, ti avviso che lui tra poco ha un esame e io anche, perciò distrarci sarà difficile!»
«Oggi è stato facile deconcentrarvi!» ribatté sicura.
«Sono più di sette giorni che studio! Pensi che una pausa me la sia meritata?!»alzai il tono di voce.
«Ma certo, tesoro. E' solo che mi preoccupo per te, io e tuo padre ci preoccupiamo per te!»
«Sì, certo, come vuoi....» mossi la mano a mezz'aria come a scacciar via le sue parole per far spazio alle mie.
La sentii brontolare, ma appena misi piede in camera chiusi la porta lasciando fuori anche lei.
Ancora di spalle verso il letto e tutto il resto, presi un bel respiro e mi girai. Appena mossi un piede mi ritrovai a faccia avanti e un dolore alla pancia.
Abbassai lo sguardo e mi ritrovai sopra una scatola, o almeno era quello che sembrava dato che riuscivo a vedere grazie alla poca luce che filtrava dalla finestra.
Che cosa ci faceva, nel bel mezzo della stanza, una scatola?!
Quando mi rialzai per accendere una cazzo di luce, scoprii che quella scatola era una scatola di scarpe.
«Mamma! Smettila di comprarmi scarpe! Non so più dove metterle!!» le urlai mentre mi piegavo sulle ginocchia per raggiungerla e vedere che tipo di scarpe erano.
E ti pareva!
Tacchi, erano dei sandali che già nella scatola davano l'idea di scomodi. Sentii i passi sulle scale e poi la porta della cameretta aprirsi.
«Troy si sposa a giugno» disse con nonchalance.
«Ma chi?! Troy mio cugino? Quello che al funerale ha pianto e riso per tutto il tempo?! Quello che è tutto riservato?!?! Quello che...?»
«Sì! Quel Troy!» sbottò lei interrompendo la mia lista di domande infinite per capire bene se era il MIO Troy.
«Ma...Ma, come?!» mi rialzai in piedi mezza disperata.
«Secondo te come, tesoro? Troy ha chiesto alla sua ragazza di sposarlo e lei ha accettato. Tutto qui» fece spallucce, mentre con il grembiule asciugava un piatto di coccio.
«Sì, ma non mi ha detto nulla....» ammisi un po' giù di morale.
«Sono sicura che tra un po' ti avviserà» mi pizzicò lievemente la guancia.
«Che senso ha avvisarmi ora se già lo so?! E poi perché mi hai già comprato le scarpe se il matrimonio è a giugno?!» mi spostai dalla sua presa.
«Non le ho comprate. Erano mie e te le volevo dare. Erano in soffitta e non volevo ridurmi all'ultimo per cercarle, così te le ho portate giù» fece ancora spallucce.
«Metterle sopra il letto, no, eh?! Mi hai quasi uccisa!» dissi indignata.
«Tesoro, non è colpa delle scarpe in mezzo al passo se cadi continuamente, è a causa della tua poca bravura nel camminare senza cadere»
Ma che cosa voleva dire?!
Dopo di che se ne andò tutta felice e contenta, scendendo le scale per tornare in cucina e cucinare...ahh! Solo Dio sa che cosa combinava in quella cucina!
Mi faceva anche un po' ridere quella donna, ma in alcuni casi era da ricovero!

La mattina seguente mi svegliai con un paesaggio completamente bianco e intatto. La luce cristallina entrava candida nella mia stanza illuminando la scrivania per poi proseguire e andare a posarsi sulla porta in legno chiusa, come sempre.
Percepivo le voci dei miei genitori in cucina, segno che non erano a lavoro, ne fui felice. Erano anni che non passavano una giornata a casa e poi io me ne sarei andata da Harry, il che voleva dire che avrebbero passato l'intera giornata soli.
Forse, magari, la mamma si sarebbe divertita e non avrebbe continuato ad essere la solita schizzata.
Il cellulare vibrò sul legno del comodino facendomi sobbalzare.
Chi era che alle otto di mattina, di un sabato mattina, mi scriveva?!

Da: Kevin
Ti va di uscire?


E ti pareva!
No, volevo stare con Harry, anche se Kevin non lo vedevo dal funerale, e in quel caso nemmeno gli avevo parlato. Diciamo che con la morte della nonna ci eravamo un po' divisi, e mi dispiaceva, anche perché non ne capivo il motivo.
Però la voglia di vedere Harry e scoprire come si sarebbe comportato era grande, e rinunciare per vedere Kevin, che probabilmente mi avrebbe parlato di come se la cavava bene a scuola, superava la voglia di stare con Harry.
Risposi semplicemente con metà verità.

A: Kevin
Devo studiare...


Era la verità. Ma non tutta, se gli dicevo che lo dovevo fare con Harry, anche se non lo conosceva, mi avrebbe tolto la parola per almeno tre mesi.

Da: Kevin
Ah...
Sarà per un'altra volta.


Ecco, non lo avrei rivisto per un anno. Già lo sapevo. Era così permaloso!
Sbuffai. Mi avrebbe rivista il giorno dopo, al solito pranzo domenicale della famiglia!
Mi aveva in parte rovinato la giornata. Con molta fatica mi alzai e scesi le scale, sempre come se fossi un elefante del film "Fantasia" della Disney.
«'Giorno splendore» esordì mio padre.
«Buongiorno» sorrisi mentre mi dirigevo verso il frigo.
«Che cosa cerchi? Ho già preparato la colazione, Lea» sbottò mia madre.
Mi girai ritrovandomi davanti una tavola imbandita. Dolce e salato. Se ti andava qualcosa la trovavi sul tavolo di casa mia.
Dopo aver fatto una colazione degna di nota, con uova, bacon, pane e marmellata e una fetta di torta alle mele, tornai al piano di sopra e mi lavai.
Per quel giorno indossai dei comodi leggins neri coprenti e pesanti, giusti per quella giornata di neve, la quale non smetteva di scendere.
Li abbinai ad una maglia lunga rossa, con sopra un maglione altrettanto lungo, pesante, e nero. La mia fantasia nel vestirmi aumentava di giorno in giorno!
Abbinai il tutto con le mie converse pelose nere e bianche.
Quando scesi le scale mio padre mi guardò.
«Cos'ho che non va?» alzai un sopracciglio, mentre mi fermavo davanti a lui.
«Oh, nulla....Ma...Dove vai?» chiese perplesso.
«Mamma non ti ha detto nulla?»
«No, cosa doveva dirmi?» mi fece spazio per passare e andai a prendere il cappotto.
«Che vado a studiare da Harry» mi allacciai l'ultimo bottone per poi mettermi la sciarpa.
«Harry? Quale Harry? Non conosco nessun Harry, io!»
«Styles, papà! Il figlio di Des!»
«Ahh! Ho capito....»
«Bene, io vado. CIAO!» urlai.
«Lea! Tesoro! Se vai a studiare ti serviranno i libri! Sempre se è quello che vai a fare» sogghignò leggermente.
Feci marcia indietro, chiusi la porta e salii di corsa le scale per poi tornare giù con una massa incredibile di libri fra le mani.
Pregai di non cadere in mezzo alla strada e dare spettacolo, anche se non c'era nessuno, tranne me.
Diedi un bacio sulla guancia a papà e corsi via.
Quei libri erano di una pesantezza unica!
Quando arrivai sul pianerottolo di casa Styles mi trovai persa. Come avrei dovuto suonare il campanello? Con i pedi?!
Mentre provavo in tutti i modi a bussare senza ammazzarmi o magari far cadere un libro su un piede, la porta si aprì rivelando quel fustacchione di Harry in tuta.
Senza dirmi nulla mi prese di mano i libri, che li tenne con un solo braccio, mentre con l'altra mi tirava dentro casa.
Chiusa la porta dietro le mie spalle, e sentii, finalmente, il calore della casa inebriarmi.
«Buongiorno» esordì lui vendo a darmi un bacio, che però fu interrotto dall'entrata in scena di sua sorella.
«LEA! Ma che ci fai qui?» mi venne incontro ad abbracciarmi.
«Secondo te, Gemma?» suo fratello la guardò storto.
«Non lo so, Harry, ecco perché gliel'ho chiesto» Gemma gli rivolse un sorriso spaventoso e poi tornò a fissare me.
Mi guardò attentamente per alcuni secondi, poi, come accadeva a mia madre, le s'illuminarono gli occhi di una strana luce, quasi perversa, e mi spaventò vederla in quelle condizioni.
«Oh...Sei venuta per Harry...» mise le braccia conserte annuendo convinta su ciò che aveva detto.
Sì, era vero, ma non del tutto, ero veramente venuta a studiare.
«Non proprio, sono venuta per studiare con Harry» la corressi, ricevendo uno sguardo complice da Harry che mi fece segno di sì con il capo.
«Sì....E dove studierete?» continuò lei sospettosa.
«In bagno! Ciao, Gemma!» Harry mi riprese per mano e mi portò via, quasi correndo, da sua sorella che cercava in tutti i modi di farsi i fatti nostri.
Stavamo salendo le scale, io con il fiatone e lui integro con tutto che portava tre libri di cinquecento pagine l'uno, con copertine rigide e pesanti.
Mi sentii così poco allenata.
Arrivammo in camera sua, chiudendo la porta a doppia mandata di chiave. Lo guardai un po' preoccupata. Che le sue intenzioni fossero diverse dalle mie?
Quando si girò notò la mia espressione.
«E' solo per tenere alla larga Gemma...Quando uscirà la riaprirò» mi sorrise mentre mi veniva incontro.
Annuii, mentre sentivo sempre di più il suo calore corporeo venire da me e infondermi calma e protezione, come una sotto specie di benedizione.
«Questo lo togliamo...» sussurrò mentre mi toglieva il cappotto di dosso insieme alla sciarpa, lì respirai.
Sotto quella coltre di abiti in quella casa calda e accogliente era difficile non grondare di sudore!
Dopo avermi liberata, posò i miei abiti sul suo letto, per poi tornare a fissarmi. Con la mano destra mi prese per la vita e mi fece aderire a lui.
«Dovremmo studiare» gli ricordai.
Lui annuì poco convinto, mentre già mirava con labbra e occhi alla parte più desiderata.
Feci giusto in tempo a smettere di sorridere per ricevere un bel bacio del buongiorno.
«Mh...Ora possiamo studiare» mormorò dopo essersi staccato di poco da me.
Da quel momento passammo ore intere a studiare senza nemmeno parlarci, ogni tanto ci guardavamo e ci sorridevamo, ma eravamo troppo impegnati nei nostri sogni e non potevamo distrarci.
Harry mi aveva ceduto la sua scrivania, mentre lui si alternava mettendosi o sul letto o a terra, in poche parole la cameretta era diventata un macello, con matite, fogli accartocciati, evidenziatori finiti, e altre cose sparse ovunque.
Notai che sua madre e suo padre non erano in casa, e dopo l'uscita di Gemma in casa regnava il silenzio.
Avevamo addirittura saltato il pranzo, e non c'interessava, io avevo quasi terminato le conseguenze della sindrome di Down e lui stava finendo di ripetere il codice civile. Non mi dava fastidio sentirlo parlare, anzi, mi rilassava e sentire la sua voce bassa, per non disturbarmi, alleviava il forte dolore alle tempie che avevo da alcune ore.
Quando non ce la feci più buttai sul libro la matita e sbattei la testa sui fogli del libro aperto che non aspettava altro che essere studiato e sottolineato per altre paginette.
Lo sentii sghignazzare, al che mi alzai e mi girai verso di lui, che in quel momento si trovava a terra, così dovette alzare la testa e guardarmi dal basso.
«Stanca?» domandò conoscendo già la risposta.
Annuii, lui sorrise di nuovo, dopo di che chiuse i libri e si mise seduto per bene per poi farmi segno con la mani di sedermi a terra vicino a lui, cosa che feci, lasciandomi andare come un cammello stanco.
Espirai forte l'aria e provai a rilassarmi poggiando la schiena sul suo letto.
A quel punto lui posò la matita e mi cinse la spalle avvicinandomi a lui, gli poggiai la testa sulla spalla.
«Credo sia il caso di fare una pausa»
Annuii di nuovo, ero mezza assonnata e rischiavo di appisolarmi su di lui.
«Quanto ti manca da studiare?» mi chiese.
«Due capitoli e poi ho definitivamente finito» sospirai.
«Bene....Anche io ho quasi finito così possiamo rilassarci domani»
«Domani però dovrebbero venire i miei parenti...» storsi il naso.
«E allora ci possiamo vedere lunedì» disse senza perdere l'entusiasmo.
«Ho detto che forse vengono, e poi posso anche non esserci» lo guardai mezza adorante.
Si avvicinò a me baciandomi appena le labbra, per poi approfondire quel bacio e trasformarlo da leggero a forte e pieno, per così dire, di passione. Eh, già, ancora non gli avevo dato il permesso di accedere completamente alla mia bocca.
Quando si staccò mi guardò di nuovo perplesso.
«Un giorno mi spiegherai il perché del tuo tenere serrate le labbra» sorrise appena.
«Tranquillo che quando avrò una piena aprirò le dighe» gli strizzai l'occhio.
Lui sorrise appena per poi alzarsi e tendermi la mano, che accettai.
Mi portò al piano inferiore per magiare qualcosa e poi tornammo di sopra a studiare intensamente.
A fine giornata mi sentivo la testa scoppiare, ma ero felice di averla passata in compagnia di Harry, scoprendo altre cose su di lui. Ad esempio quando sbagliava a ripetere sospirava molto forte, chiudeva gli occhi e rimaneva in quel modo per alcuni secondi, per poi riaprirli e ricominciare da capo tutto quanto.
Quando tornai a casa con i libri, il cappotto e un suo bacio, mi sentii bene, felice, cose che non provavo da tempo e sì, le persone che dicevano di aver trovato una persona che riuscisse a tirar fuori il meglio di loro avevano ragione.
Stesa sul letto ripensai a lui e al suo modo adorabile di studiare e di vivere.



-Spazio Autrice-

Ehi!
Allora, questa è l'ultima parte dell'attrazione fisica, il prossimo capitolo sarà sull'infatuazione dove Lea diventerà quasi una predatrice di sesso...
Non vi preoccupate, ma state attente perchè Lea potrebbe essere nei paraggi ;)

Baci Xx


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