CAPITOLO XI
INFATUAZIONE, PARTE III
Mi svegliai alle undici, sperando di sentirlo al mio fianco, sperando che quello che era accaduto la notte prima era andato a finire secondo i miei piani. Ma niente, quando sentii l'altro lato del letto vuoto e freddo, sospirai addolorata di non averlo avuto lì a stringermi contro il suo petto nudo e caldo.
Già sapevo che non avrei studiato nulla quella mattina. Avrei pensato solo a lui e non volevo pensare ad altro che a lui!
Chissà cosa stava facendo a quell'ora della mattina. Forse stava ancora dormendo, o forse era sveglio come me.
Il cellulare mi squillò, era la mamma.
«SPLENDORE!! BUONGIORNO!!» le loro voci, quella di mia madre e di mio padre, mi rimbombarono nel cervello, che stava cercando di fare l'installazione degli aggiornamenti, invano, però.
Mi avevano messa con il vivavoce il che voleva dire che erano in albergo e che erano in due a perforarmi i timpani.
«Non urlate... per favore» li supplicai, mentre mi alzavo dal letto per andare ad aprire le tende della stanza che bloccavano la luce che non c'era nemmeno senza tende.
Cupo, tutto quanto cupo.
«Come va lì da te?» domandò tutta pimpante la mamma.
«Normale. Studio, mangio quando me ne ricordo e ho tempo, studio ancora, mi annoio davanti alla televisione e dormo...Voi che fate? Siete arrivati?» domandai controvoglia.
«Oh! Lea, dovevi esserci anche tu! Questa è la prima volta che siamo separati durante le vacanze di Natale...» cominciò mio padre.
«C'è sempre una prima volta» dissi leggermente scocciata mentre scendevo le scale, ondeggiando come un palloncino legato alla staccionata.
«Ieri sei stata da sola?» domandò mamma.
«No, è venuto Harry...Ma ha dormito, così ho studiato» dissi la verità. Metà verità.
«Mi raccomando! Non fare scemenze! Sta attenta! E quando esci di casa...»
«...Chiudi il gas, controlla la porta sul retro, la porta principale chiudila a tripla mandata e se accade qualcosa i numeri di polizia, vigili del fuoco, ambulanza, ufficio delle entrate, banca, fruttivendolo, macellaio e pescheria sono sul frigo. Lo so mamma, non sono scema» finii io la frase prendendola in giro. Anche se quella del fruttivendolo era vera.
«Non prendere in giro tua madre! E mi raccomando di non fare danni!!»
«Mannaggia!» esclamai amareggiata.
«Cosa?!» domandarono all'unisono.
«Ieri sera ho dato un party e hanno rotto un po' di cose...»
«Smettila!! Ci sentiamo più tardi...Ciao» concluse la chiamata papà.
Sorrisi e riattaccai posando il telefono sul tavolo della cucina.
Perché ero lì? Non avevo nemmeno fame! Cosa avrei fatto io quella mattina? Era il ventiquattro Dicembre e la maggior parte delle persone correva a destra e a sinistra per comprare le cose dell'ultimo momento, come regali per i figli e/o nipoti.
Perciò uscire di casa era impossibile. Studiare era una cosa impensabile. Perciò mi rimaneva da pulire casa, passare la giornata con i miei cugini o poltrire sul divano mangiando schifezze che avrei trovato in giro per casa appena l'appetito mi sarebbe tornato.
Pulire casa non ne avevo voglia e la fame ancora non era venuta, perciò afferrai di nuovo il telefono e mi diressi in sala per sedermi sul divano e chiamare qualche cugino triste e solo che me.
Cominciai con Jenny.
«Jenny!! Ti va di uscire o di stare semplicemente a casa oggi?» le domandai appena rispose, senza lasciarle il tempo di parlare.
«Ehm...Sono Josh...Tu devi essere Lea! Tanto tanto piacere!» disse lui.
«Piacere mio, Josh...Per caso Jenny è lì con te?» domandai speranzosa.
«No, è nel camerino a provarsi miliardi di abiti...Credo che oggi non sarà possibile nemmeno a me passarci del tempo...Forse devo provarmi anche io degli abiti da donna e vedere se magari riesco ad interagire con lei...» rifletté.
«Mh...Già...Va bene, sarà per un'altra volta...Ciao Josh» lo salutai e lui ricambiò.
Psicologo, pensai. Già, anche lui era uno psicologo, da come mi aveva detto Jenny, lui lavorava in un centro per malati, ma non di mente, era come una spa, per gente ricca e depressa. Josh doveva occuparsi della parte mentale dei ricconi.
Passai a Trevor.
«LEA!! Come mai mi chiami? È successo qualcosa? Hai mandato a fuoco qualcosa? O peggio, qualcuno!?» si allarmò.
«No! » risposi indignata.
«E allora perché mi chiami? Ho dovuto mettere in pausa GTA!» mi rimproverò.
«O MIO DIO! CATASTROFE!» lo presi per il culo.
«Dai, su! Dimmi cosa volevi» disse con più educazione.
«No, nulla...Ci sentiamo domani...» riattaccai.
Passai a Kevin.
«Sono con Lucy, non rompere» e mi riattaccò in faccia.
Come mi conosceva bene lui.
Continuai con Matty.
«No...Non posso, sto aiutando la mamma e fare le ultime cose per domani...» mi disse.
Andai avanti con Susan e Troy, ma nessuno dei due rispose.
Amareggiata sperai che almeno la fame fosse venuta, ma niente.
Non avevo nessuno e nemmeno la fame voleva farmi compagnia.
Sbuffando risalii le scale tornando in camera per mettermi qualcosa e uscire a fare una passeggiata almeno nel quartiere.
Forse fu lo spirto natalizio a farmelo fare, ma comunque lo feci. Dall'armadio presi un abito.
Non ero nero, ma comunque era cupo. Un bel vestitino corto fino a metà coscia, con una gonna a mezza ruota, e il corpino stile impero, con scollatura rotonda non troppo ampia e le maniche lunghe. Era in velluto bordeaux abbastanza chiaro per i miei standard.
Lo abbinai con delle calze nere semi trasparenti e un paio di scarpe che credevo di non indossare mai nella mia vita: decolté senza plateau con tacco squadrato abbastanza largo. Erano opache e scomodissime. Forse si salvavano solo per il tacco largo e ben impostato, ma per il resto... Si riusciva a sentire anche una formica sotto le dita.
Andai in bagno per truccarmi e sistemarmi i capelli. Quando fui pronta andai al piano terra e m'infilai il cappotto prendendo la borsa per controllare che avessi tutto.
Sembrava che dovevo andare a qualche cerimonia importante, ma invece mi limitavo a fare un giro nel quartiere.
Chiusi la porta a chiave e cominciai a camminare.
Casa Styles era piena di lucette, come tutte le case lì, la mia era l'unica senza nemmeno avere l'albero o il presepe. Mia madre non aveva voglia e io meno di lei, perciò optammo per non mettere nulla e così fu, ci beccammo anche una bella sgridata dal capo quartiere che ci rimproverò durante la riunione che si svolgeva ogni due mesi.
Passeggiai avanti e indietro e quasi quasi mi abituai alle scarpe con il tacco acquistando stabilità e sicurezza, fino a che, un benedettissimo sassolino, m'intralciò la sicurezza, ma soprattutto la stabilità, facendomi cadere sul sedere in mezzo al marciapiede. Sperai che nessuno mi avesse vista, ma con la mia solita fortuna ero crollata proprio davanti la casa di Harry, e non dal lato di casa mia, ma sul lato di casa sua. Con molta nonchalance mi alzai spolverandomi il sedere con la mano, per poi sparire e continuare dritta.
Sperai che nessuno mi avesse vista cadere come una pera cotta.
Stufa di camminare e non fare altro tornai indietro e mirai dritta a casa. Ma come al solito fui intralciata, non dal sassolino, ma da una persona.
«Lea?!» domandò lui indicandomi scioccato nel vedermi in quel quartiere non tanto quanto lo ero io nel vedere lui lì.
«Louis? Come mai qui?» domandai.
«Sono venuto a prendere Harry...» disse semplicemente indicando la macchina da cui era sceso.
Era un'Alfa Romeo nuova di zecca e sembrava anche essere molto costosa.
Levandomi dalla testa la macchina mi concentrai sulla sua frase. Harry non mi aveva detto niente. Certo che come fidanzati facevamo veramente schifo!
«Ah....Ehm...Divertitevi, allora» dissi leggermente rattristata.
Lui mi sorrise leggermente e io mi girai prendendo dalla borsa le chiavi di casa.
«Lea!!» la voce di Louis mi arrivò dritta alle orecchie «Ti va di venire con noi? Andiamo a festeggiare il mio compleanno...» proseguì, mi girai cercando di capire che cosa avrei dovuto fare.
Magari mi stava invitando solo perché gli facevo compassione, insomma, ero la ragazza del suo migliore amico e non sapevo che il mio ragazzo avrebbe festeggiato il compleanno del suo migliore amico!
«Non saprei...Non voglio disturbarvi...» ammisi.
«Non disturbi, anzi, mi potresti anche essere utile» mi venne incontro cingendomi le spalle con un braccio, solo che ero molto più alta di lui e sembravamo più madre e figlio che due...beh...amici.
«E come potrei esserti utile?» domandai curiosa, mettendomi davanti a lui.
«Poi ti spiego meglio» mi disse.
Guardò oltre me, per poi sorridere ancora di più. Mi girai, era Harry che stava attraversando la strada per raggiungerci.
«Lea!!» disse tutto sorridente.
Era fantastico vederlo in quel modo disinvolto, anche quando doveva essere in difficoltà, dato che di quella uscita non ero stata minimamente informata. Certo, mi rendevo conto che non dovevo intromettermi, ma stavamo insieme e almeno quelle piccole cose le volevo sapere...
Mi abbracciò forte, eliminando quel residuo di rabbia che avevo in corpo nei sui confronti. Poi si distaccò e mi baciò.
«Come mai non l'hai informata della mia festa?!» si lamentò Louis.
«Avevi detto che non lo doveva sapere nessuno, tanto meno le "donne"» mimò le virgolette.
«Ma che centra? Lea può venire anche quando andiamo per night club» Harry gli diede un pugno sulla spalla dicendogli che doveva smetterla.
«Non andiamo per night club!» mi spiegò lanciando un'occhiataccia al suo migliore amico, che rise sotto i baffi.
«E poi non è una festa la tua! Saremo solo noi tre in un ristorante di lusso!» continuò Harry mentre mi apriva la portiera del posto anteriore vicino al guidatore.
Quado salii, Louis si mise al posto di guida e accese l'auto, Harry si posizionò al centro dei posti dietro.
«Certo che è una festa! Dobbiamo festeggiare il fatto che ieri ho lasciato Eleanor!» disse sarcasticamente.
«Che coglione» Harry sbuffò.
«Coglione un cazzo! Mi ha trattato a pesci in faccia!» Louis ingranò la marcia.
«Non ci credo nemmeno morto! El non fa certe cose! Sei tu che l'hai fatta scappare!» disse l'altro.
«Ah! Tu stai dalla parte di lei! Che bell'amico che ho!» continuò Louis.
«Sì, Eleanor è amica mia! Come lo sei tu! E va piano Cristo Santo!» urlò Harry da dietro, mentre io mi tenevo stretta alla cintura di sicurezza.
Louis decelerò fino ad arrivare ad una velocità intorno ai settanta chilometri orari, velocità adeguata al tipo di strada su cui stavamo marciando.
«Vorrei solo capire perché si è tanto arrabbiata...» mormorò infine Louis.
«E' facile da capire, Louis. Ti sei dimenticato che lei abitava con te chiudendola dentro casa...Certe cose non si fanno. Se non volevi conviverci bastava che glielo dicessi, sicuramente avrebbe apprezzato» gli spiegò Harry.
«...Penserai che sono un matto...» Louis si rivolse a me sorridendo appena.
«No...Solo un po' stronzo» ammisi facendo ridere Harry «Insomma, chiudere dentro casa la tua ragazza mi sembra una cosa così...brutta...Spero che almeno tu ti sia scusato con lei...» continuai con sotto le risate di Harry.
«Oh, no! Ha avuto il coraggio di dirle che doveva essere lei a ricordargli che abitava con lui!» disse Harry al suo posto «E per di più quel giorno, Eleanor, aveva un importante colloquio di lavoro» continuò.
«Lo sai che non ti perdonerà mai, vero?» domandai a Louis.
«Certo che voi due state proprio bene insieme!» disse sarcastico Louis.
«Grazie» rispondemmo all'unisono.
Dopo aver passato una giornata in un bellissimo e lussuosissimo ristorante in centro, Louis ci riaccompagnò a casa.
Ci salutammo e lo lasciammo andare. Erano solo le sei e io ancora non sapevo come occupare quelle ore, sicuramente una cosa l'avrei fatta: la doccia!
«Ehi! Ma dove vai?!» domandò Harry, mentre m seguiva sul vialetto di casa mia.
«A farmi una doccia!» aprii il portone e salii di corsa le scale.
Appena arrivai in camera mollai lì le scarpe e mi sfilai le calze con una grazia che metteva paura! Io stesa sul letto con le gambe in aria a levarmi le calze attaccate alle gambe.
«Ma si può sapere che cosa stai facendo?» domandò entrando in camera, per poi mettersi seduto sul letto a guardarmi mentre levavo il tallone destro da quell'involucro nero trasparente di nylon.
Non gli risposi e proseguii a spogliarmi in fretta e in furia e catapultarmi in bagno per lavarmi.
Quando l'acqua raggiunse la mia pelle leggermente sudata e appiccicosa tirai un sospiro di sollievo, mi lavai con il bagno schiuma al gelsomino e kiwi, passando il sapone su tutto il corpo massaggiando per portare via meglio il sebo in eccesso.
Quando mi avvolsi nell'accappatoio mi beai di quel profumo che si era depositato sulla pelle sperando che non mi abbandonasse mai.
Uscii dal bagno con appresso una nube di vapore e un'espressione da ebete stampata in viso.
«Ti sei divertita?» domandò mentre posava un giornale, preso dal mio comodino, sulle gambe allungate sul letto, per guardarmi. Annuii con quel sorriso da deficiente che mi ritrovavo in quel momento.
«Sei stanca?» domandò ancora. Scossi negativamente la testa mentre mi mettevo seduta sull'altro lato del letto con i miei slip neri con il reggiseno a top coordinato, ovviamente, fra le mani. Sospirai ancora sotto l'effetto del dolce profumo del mio bagnoschiuma.
Sentii Harry muoversi sul letto, poco dopo sentii le sue mani posarsi sulle mie spalle iniziando a massaggiarle. In seguito percepii il suo respiro sul mio collo e dopo sul mio orecchio destro.
«Dov'è la crema corpo?» ero sotto trance, così, completamente a corto di parole, gli indicai un tubetto di crema sopra il mio comodino e lui l'afferrò, mettendosene un pochino sulle mani per poi sfregarle e tenerle sospese in aria.
«Togliti l'accappatoio che ti faccio un massaggio» disse tutto felice, forse anche lui non sapeva che cosa fare e così io gli servivo da cavia.
Me lo tolsi e lo feci cadere sul pavimento, tornai ad avvicinarmi al letto sotto il suo sguardo lussurioso che cercava di celare in tutti i modi possibili, fallendo sempre.
Con una gamba mi poggiai sul letto mentre con le braccia mi sorreggevo per mettere anche l'altra gamba e mettermi al centro del letto, a pancia sotto.
Sentii che sfregò ancora le mani tra di loro per poi posarmele delicatamente sulla schiena.
Lì incominciò il massaggio più intenso ed erotico di tutta la mia vita.
Partì dalle spalle accarezzandomi il collo con le sue dita lunghe, poi proseguì lungo tutta la schiena, facendomi venire la pelle d'oca, provocando in lui una risata soddisfatta.
Quando arrivò ai glutei, prima di passarci le mani, me li baciò facendomi il solletico in un modo impressionante.
Ogni tanto passava vicino l'interno coscia facendomi desiderare che ci si soffermasse di più.
Finito il massaggio dietro, mi fece girare, scontrandoci con lo sguardo. Mi posizionai per bene e gli feci continuare il suo lavoretto.
Passò sul seno, sulle gambe girando intorno alla mia intimità sempre più eccitata. Quando me la sfiorò gemetti sperando che continuasse, ma non fu così, si allontanò e andò in bagno a lavarsi le mani, lasciandomi lì, nuda sul letto, completamente eccitata e insoddisfatta.
Quando tornò e mi trovò ancora nella stessa posizione di prima gli venne da ridere, si avvicinò poggiandosi su di me, incominciando a baciarmi come se non ci fosse un domani.
A corto di fiato lo feci staccare. Era ormai incastrato tra le mie gambe e io spingevo sempre di più contro la sua erezione.
«Devo andare...» disse infine, infrangendo tutti i miei piani per quella serata.
«Dove?» domandai brusca.
«A casa mia...Tra un po' arrivano tutti i parenti» sbuffò alzandosi da me.
Quel distacco mi fece più male di quanto pensassi, oltre al freddo che mi travolse, mi sentivo già sola.
«Tu mi avevi detto che avresti passato la Vigilia con i tuoi zii...Così...» disse leggendo in me tristezza.
«Sì, certo. Tranquillo. Ora mi preparo perché mi vengono a prendere..» mentii.
Lui mi sorrise e dopo essersi messo il cappotto mi salutò con un bacio e se ne andò via da casa mia.
Sì, avevo mentito, quando lo avevo avvisato che non sarei andata in California con i miei, lo avevo anche rassicurato del fatto che avrei passato il ventiquattro e Natale con il resto della mia famiglia a Londra. Avevo mentito a tutti, anche agli zii rassicurandoli che avrei passato quei due giorni con Harry e la sua famiglia.
Mi sentivo una merda, ma non volevo pesare a nessuno. Sarei rimasta a casa da sola a vedere i soliti film di Natale e mangiare quello che mi capitava a tiro.
Sospirai e mi alzai andando a vestirmi e smettere di tremare dal freddo. Scesi al piano di sotto per accendere la televisione e lasciarla parlare da sola mentre io ero in cucina a prendere qualcosa da mangiare. Dal frigo tirai fuori un piatto di purè e arrosto in agrodolce che mia madre mi aveva preparato diligentemente prima di partire. Così lo riscaldai e lo misi in un piatto andando in sala a mangiarlo mentre il film iniziava. Dalla finestra ampia della sala, vedevo le varie macchine e persone che andavano a casa Styles, con i padroni di casa che salutavano e ridevano. Harry era bellissimo, aveva i soliti jeans neri e un maglione rosso con un brutto Babbo Natale ricamato sopra, i soliti stivaletti neri e i capelli sciolti messi da un lato.
Gemma invece era più elegante con un minidress rosso e delle scarpe con il tacco alto. Erano splendidi entrambi, ma avevo solo occhi per Harry. Spesso lo vedevo che guardava in direzione di casa mia, facendo di volta in volta un'espressione fra il confuso e l'arrabbiato sempre più intensificata.
Ero fottuta. Mi aveva sgamata, ma che potevo dirgli? "Ehi, Harry! Mi auto-invito a casa tua i due giorni di Natale!"
Ma ti prego! Non ero di quel tipo! E poi i miei zii andavano quasi tutti in montagna e quelli che rimanevano erano occupati con fidanzati dei figli o con i cavoli loro, e io ero di troppo. Anche perché Troy e la sua ragazza dovevano organizzare il matrimonio e avrebbero passato quei due giorni a casa dai genitori di lei.
Dovevo rimanere sola, volevo, in parte, rimanere sola. Solo che lo volevo fare con Harry, insieme a me, ma non volevo intrappolarlo nella mia vita sedentaria e noiosa.
Harry e Gemma, con il resto degli invitati erano rientrati in casa, chiudendo la porta. Fu la vibrazione del telefono a farmi distogliere lo sguardo dalla finestra per posarlo su di esso e vedere chi mi chiamasse a quell'ora. Forse dovevo aspettarmelo, ma mi colse impreparata. Non sapevo cosa dirgli! E se era arrabbiato? Insomma, gli avevo mentito! Mentre lui non mi aveva avvisata del compleanno di Louis solo perché quest'ultimo si era raccomandato di non farlo sapere a nessuno! Ero io quella stronza! Non lui!
Sbloccai lo schermo, pensando che se non avessi risposto avrei solo peggiorato le cose. Mi portai all'orecchio il telefono e attesi che fosse lui a parlare per primo.
Ingoiai la saliva in eccesso chiudendo gli occhi aspettando una sfuriata di quelle epiche, ma non disse nulla per almeno trenta secondi.
«Lea, mi avevi detto che avresti passato il Natale con la tua famiglia. Come mai sei a casa da sola?» il suo tono apparve molto più calmo e dolce di quanto mi aspettassi.
«Io...io...» balbettai incapace di trovare una scusa che nascondesse le mie "insicurezze".
«Non volevi disturbare, vero?» si rassegnò, sospirando forte.
Di sottofondo si sentivano le voci degli invitati e riuscivo a vederli dalla finestra del loro soggiorno. Stavano tutti in piedi con bicchieri di cristallo in mano a sorseggiare dello champagne costoso. Ma Harry non lo vidi, poi spostai lo sguardo sulla porta d'entrata vedendolo lì a parlare vicino la porta chiusa con la luce dell'atrio accesa.
Annuii alla sua domanda, e come se mi avesse vista, anche se era di spalle alla porta, continuò.
«Ma non disturbi mai. Gemma mi chiede sempre che fine hai fatto, mia madre mi chiede sempre di te! Avrei voluto invitarti a questa festa, ma tu mi avevi detto che saresti stata con i tuoi zii...» quello che aveva detto mi trafisse appena il cuore.
Era da un bel po' che non andavo a casa sua e non uscivo con Gemma. Mi ero così tanto concentrata sull'università ed Harry che non mi preoccupai di Anne e Gemma.
Continuavo a non parlare, lasciandolo da solo, quasi.
«Ti va di cambiarti e venire qui?» domandò infine.
Scossi la testa in senso negativo, e come prima, come se mi avesse vista, sospirò amareggiato.
«Fa come vuoi, Lea. Se hai bisogno di me chiamami. Appena partono tutti vengo da te» concluse senza farmi urlare il "NO!" che avrei tanto desiderato dirgli. Mi riattaccò in faccia.
Mi alzai dal divano andando dritta alla finestra per vedere i suoi movimenti. Rimase ancora un po' nell'atrio e quando se ne andò spense la luce. Non lo vidi per alcuni istanti, poi sbucò in sala da pranzo, completamente illuminata. Parlava con tutti e rideva con tutti, ma comunque guardava fuori dalla finestra, come se potesse vedermi, ma non poteva vedermi, l'unica cosa che vedeva era il suo riflesso.
Arresa all'idea che ero un'idiota e a quell'ora potevo essere fra le braccia di Harry, tornai a sedermi sul divano, probabilmente felice di farlo.
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Seasons Of Love
Fanfiction"Come facciamo, noi umani, a capire se siamo innamorati seriamente?"