Capitolo Sedici.

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Harry's P.O.V.

Dopo una lunga doccia, mi sentii un po meglio. Le mie gambe erano ancora deboli e il mio cervello girava. Ero in un pericoloso stato dei postumi della sbornia e mi sentivo come se prima o poi stessi per vomitare.

Ma questo non mi fermava dall'uscire di casa.

Oggi sarebbe stato il giorno. Non c'è letteralmente niente che possa fare in questo momento, quindi perchè no? Evelyn dev'essere addormentata, in ogni caso. Non ha bisogno di sapere dove sono.

Dopo aver rotto la mia serratura, lasciai la casa.

-

Misi in marcia il motore della mia machina e me la svignai di nascosto.

Un'enorme cartello sull'ospedale diceva Royal Jackson Hospital in grosse lettere bianche. Entrai nell'edificio. Era un posto spazioso. C'era un bel tavolo bianco alla fine della stanza con un familiare ragazzo dai capelli rossi seduto dietro.

Cacciando le mie mani nelle tasche, mi diressi goffamente verso la receptionist. In un angolo c'erano un gruppo di bambini malati leggendo dei piccoli libri, seduti su dei pouf. Accanto a loro sedevano allegramente i loro genitori. Le pareti erano dipinte di un rosa confetto e di celeste. Le sedie erano nere e bianche. Inoltre c'era un McDonald's, delle giovani persone mangiavano tranquillamente.

Era un disgustoso spettacolo per me. Avrei voluto avere la mia pistola.

Rivolsi a Noelle un finto sorriso, sperando di finirla con questa storia. "Ciao di nuovo, Henry!" Cinguettò Noelle, stringendo le sue labbra rosse. E no, non aveva sbagliato il mio nome. Non posso dire, 'Oh, ciao. Sono Harry Styles, AKA il criminale che è stato probabilmente la ragione dietro la quale metà delle persone sono quì.' Dovevo dire un nome falso.

"Sei quì per fare una visita?" Sorrise la vecchia donna, sollevando le sue disegnate sopracciglia. Semplicemente annuii, mordendomi il labbro per fermarmi dall'urlare per l'impazienza.

Noelle mi consegnò un paio di chiavi. "Sai dove si trova." Ignorando il suo saluto e sguardo di compassione, camminai per il corridoio. Sentendomi assolutamente vulnerabile.

Mi fermai quando arrivai in prossimità di una porta bianca. Aveva alcune rose sull'angolo in alto. Al centro, una tavoletta portablocco era messa sulla porta di legno, si leggevano alcune esigenze mediche per la paziente, controlli di date e orari, ed il suo nome.

Stetti lì per un momento, dibattendo se lo volessi fare.

Con delle dita tremanti, aprii la porta.

La stanza quì era di un bianco puro; le tende, le sedie, il pavimento, il letto... il letto dov'è stesa.

Mi sentii crollare le spalle ed i miei occhi rimpicciolirsi.

Sì, rimpicciolirsi. Non diventare lucidi. Io non piango mai.

O mai fatto fino all'incidente.

Ma continuavo a sentire il mio corpo molle mentre mi trascinavo verso di lei. I miei occhi si chiusero quando vidi la sua pallida figura sdraiata incosciente sul letto.

Ma quello che provai quando lo vidi fu incredibile.

Finalmente stavo incontrando il compagno di mia sorella. Il bastardo che le aveva fatto del male così tante volte. Lei me l'aveva presentato con un falso sorriso. Ricordo quanto buono sembrava, ma sapevo quanto cattivo fosse all'interno. Perciò mi sentii in colpa per il primo, piccolo secondo quando mi sorrise e mi pose la sua mano. L'afferrai senza circospezione, e poi gli urli cominciarono.

Lei non si meritava questo. Solo per causa - colpa mia... lei si era ritrovava in questo. Gemma è ed è stata in coma per più di due anni. Due fottuti anni. Ed è per colpa mia. Mia.

redemption :: harry styles (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora