Capitolo 6

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-5 Seconds Of Summer.
-Cosa?
Ero in camera mia, seduta sul letto. Aspettavo che Michael uscisse dal bagno da circa mezz'ora. Volevo dirgli che avevo deciso di autoproclamarmi sua manager di fiducia. Lo avrei seguito ovunque e non mi sarei persa per nulla al mondo un suo concerto. Ma il mio migliore amico sembrava proprio non volersi far vedere.
-Five. Seconds. Of. Summer.- ripeté lui, scandendo le parole e alzando il tono di voce.
-E che roba è?- chiesi ingenua. -Una nuova serie tv? Una crema abbronzante?
Michael rise di gusto e, finalmente, spuntò dalla porta di fronte a me. Indossava soltanto un asciugamano. La sua pelle era così pallida che sembrava brillare di luce propria. Alzò un braccio e si scompligliò i capelli ancora bagnati, agitandoli tra le dita. Intravidi il tatuaggio che aveva all'interno dell' avambraccio. To the moon.
Non sapevo il vero significato di quella frase, Mike non me lo aveva mai voluto spiegare. In realtà erano molte le cose che non mi spiegava. Ma io non sono mai stata quel tipo di persona che ti stressa fino a quando non sei costretto a dire ogni cosa. Ogni tanto provavo a chiederglielo in modo garbato e gentile, ma ottenevo sempre lo stesso risultato. "Alla luna." Ecco come mi rispondeva. Come se non lo sapessi.
-Non è nessuna serie tv...- disse Michael, riscuotendomi dai miei pensieri. -E nemmeno una crema abbronzante.
-Allora dimmi, che cos'è?
Il ragazzo sorrise mentre si avvicinava all'armadio per prendere dei vestiti puliti. -È la mia band.
Sbarrai gli occhi, confusa. -La tua band?- esclamai. -Non erano...?
-Dimentica i Silent Screams.- disse interrompendomi. -C'è stato un malinteso.
-Un malinteso? Che malinteso?- chiesi impaziente. Il mio amico non rispose. -Mi vuoi spiegare o no?
Michael si voltò a guardarmi. Con una mano reggeva l'asciugamano intorno al bacino e con l'altra teneva una maglietta e dei boxer. -Mi dovrei vestire.- mi annunciò.
Sbuffai, mi girai verso la parete alle mie spalle e mi coprii gli occhi con le mani. Lo sentii ridacchiare.
-Allora?- Ero nervosa.
Michael sbuffò. L'asciugamano, che fino a qualche secondo prima lo copriva, mi sfrecciò di fianco e cadde sul materasso, vicino a me. Per lo spavento tolsi le mani dagli occhi. Fissai quell'oggetto come se potesse tornargli indietro col pensiero. Non sapevo per quale motivo, ma arrossii.
-Volevi uccidermi con un asciugamano?- strillai. Michael riiniziò a ridere.
-La settimana di prova non era per entrare con i Silent Screams...- si decise a dire il mio amico, una volta che si fu ripreso. -Loro erano più che altro una band con maggiore esperienza che aiutava i 5 Seconds Of Summer nella scelta di un chitarrista/cantante.
Mike, senza aggiungere altro, venne a sedersi vicino a me, appoggiò la schiena al muro e divaricò le gambe. Tenne gli occhi chiusi per qualche istante poi, quando li riaprì, posò lo sguardo su di me. Mi sorrise e battè una mano sulla parte di materasso tra le sue gambe. Senza rifletterci su troppo lo accontentai. Andai da lui, appoggiai la schiena contro il suo petto e allungai le gambe. Sentivo il suo respiro scaldarmi il collo e un brivido mi attraversò la schiena. Le sue braccia mi cinsero la vita e potei immaginare l'espressione che era sul suo viso in quell'istante, all'apparenza così perfetto. Un sorriso. Il più semplice e puro. Non avevo dubbi. Dai battiti del suo cuore capivo che finalmente stava bene e che finalmente era felice. Non come nel periodo di quel maledetto tatuaggio sul braccio. Aveva coronato il suo sogno e ora era arrivato il momento di portarlo avanti per sempre, fino a quando lui avrebbe deciso che sarebbe stato consono farlo.
-Micole?- mi chiamò ad un certo punto.
-Sì?- risposi.
-Vuoi venire a conoscerli?
-I 5 Seconds Of Summer?
Lo sentii annuire.
-Mi farebbe molto piacere.- dissi sincera.
-Ti passo a prendere domani alla pausa pranzo allora.

* * *

Pausa pranzo. Giselle era seduta al piccolo tavolo rotondo del solito bar dove ci accampavamo per mangiare tutti i giorni. Stava fumando la sua sigaretta-del-dopo-mangiato. Lei sosteneva che quella sigaretta era la migliore di tutte. Io sostenevo che fumare non era esattamente salutare. Ma non ho mai impedito a nessuno di farlo. E tantomeno a lei.
-Allora ti porta a conoscerli?- mi chiese la mia amica dopo che ebbe aspirato una quantità notevole di fumo dalla sigaretta che teneva tra l'indice e il medio.
-Sì, dovrebbe essere qui a momenti.
Ero agitata. Non vedevo l'ora che Michael arrivasse. Continuavo a guardarmi intorno, frenetica. Volevo conoscere la causa della felicità del mio migliore amico.
Il sole brillava alto nel cielo e una fresca brezza faceva ondeggiare leggermente i miei ricci. Era una giornata stupenda.
-Ti vedo un po' nervosa Micole.- mi comunicò Giselle.
-Davvero?- chiesi ironica.
La mia amica rise. -Non devi essere agitata. È solo un incontro con dei ragazzi.- cercò di tranquillizzarmi.
In effetti mi sentivo una stupida a fare così, ma era più forte di me. Mi sforzai di rilassarmi e di pensare ad altro.
-Tu che mi racconti?- chiesi a Giselle, per cambiare argomento.
Lei sorrise, maliziosa. -Beh ecco...- iniziò a dire, leggermente titubante. -Una cosa ci sarebbe.
-E cosa?
Lei fece per parlare, ma una voce la bloccò. Una voce maschile che mi era terribilmente familiare. -Giselle?
La ragazza si girò e alle sue spalle spuntò lui. L'ultima persona che pensavo di incontrare quel giorno.
-Eugene?- esclamò la mia amica, sorpresa. -Che ci fai qui?
Il ragazzo si abbassò verso di lei e la baciò sulla guancia. Perchè non mi aveva mai detto che conosceva uno come lui? -Nulla di importante. Ho un conto in sospeso con una r...- Solo in quel momento il ragazzo notò la mia presenza e mostrò un sorriso splendente. -Micole Ward! Com'è piccolo il mondo.
"Aspetta, aspetta... sa il mio cognome?", pensai scioccata. Come faceva a saperlo? Poi ricordai. "Quando vedo quell'imbecille di mio fratello, mi sente."
-Eugene Anderson.- dico in tutta risposta, cercando di sembrare il meno in imbarazzo possibile. Eugene mi rivolse uno sguardo compiaciuto e due adorabili fossette si formarono sul suo viso.
Giselle spostava lo sguardo dal viso di Eugene al mio, particolarmente confusa. -Vi conoscete?- chiese.
Feci per rispondere, ma Eugene mi precedette. -Oh sì!- esclamò. -Ci conosciamo molto bene.
Avvampai come una stufa. Cosa cazzo stava dicendo? Ci eravamo visti una volta ed era già tanto se sapevo il suo nome.
Non ribattei. Sapevo che non sarebbe servito a nulla.
Giselle mi fissò con sguardo interrogativo e incredulo. Sicuramente stava pensando che io le stessi nascondendo qualcosa.
-Tua sorella come sta?- le chiese all'improvviso Eugene, riscuotendola dai suoi pensieri.
-Sta... Sta bene, grazie.- rispose lei.
-È tantissimo che non la vedo.
-Dopo quello che è successo!- esclamò Giselle, in tono ovvio.
Il ragazzo iniziò a ridere. -Hai ragione, ma lei non mi aveva dato scelta.- cercò di giustificarsi.
-Le hai spezzato il cuore!- quasi urlò la ragazza. -E se lei venisse a sapere che ti ho rivolto la parola, mi ammazza.
Beh, se io avevo nasconto qualcosa a Giselle, d'altra parte anche lei aveva nascosto qualcosa a me. E guarda caso riguardava lo stesso soggetto. Sicuramente quello che le avrei dovuto dire io era molto meno complicato di quello che aveva in serbo lei.
Eugene continuò a ridere, particolarmente divertito. Se fossi stata al posto di Giselle mi sarei irritata; lei invece iniziò a ridere con lui. Era ancora più strano di quel che pensavo.
-Comunque...- esordì il ragazzo, riprendendosi. -Volevo passare dal Market per riprendermi la mia birra.
Il suo sguardo penetrante si posò su di me e il mio corpo fu trapassato da una scossa. Ce l'aveva con me?
-Ma, visto, che sei qui mi chiedevo se domani sera ti andava di uscire.
M'immobilizzai sulla sedia appena il mio cervello ebbe metabolizzato le parole del ragazzo. Ero appena stata invitata a uscire dal ragazzo più sexy che avessi mai avuto l'onore di incontrare. E ora dovevo solo mantenere la calma.
Guardai Giselle, nella speranza che almeno lei potesse aiutarmi. Tuttavia sembrava più sorpresa lei di me.
Feci un respiro profondo.
Stavo per rispondergli, quando sentii qualcosa appoggiarsi sulla mia spalla. Girai la testa in quella direzione e, quando vidi una piccola x tatuata sul dito medio di una mano pallidissima, tirai un sospiro di sollievo.
-Ehi!- esclamò Michael, sorridente. Era in preda all'euforia. Quel ragazzo emanava positività da tutti i pori e vederlo così entusiasta sciolse tutta la tensione che avevo in corpo.
-Michael! Da quanto tempo!- esclamò Giselle, palesemente ironica.
-Veramente!- rispose Michael, tra una risata e l'altra. -Ci siamo visti ieri!
La ragazza rise insieme a lui.
Eugene, che fino a poco prima era preso a guardarmi, ora sembrava impassibile, intento a tenere i suoi occhi fissi sul ragazzo dai capelli rossi. Quest'ultimo spostò lo sguardo su di me e sorrise. -Allora, vogliamo andare?- mi chiese.
-Chi è?- domandò Eugene improvvisamente. Al posto del bellissimo sorriso che aveva solitamente, aveva un sorriso malizioso. -Il tuo ragazzo?
-No!- esclamammo io e Mike in contemporanea. Mi voltai a guardarlo per pochi istanti. Eravamo in preda all'imbarazzo.
-Non è il mio ragazzo.- aggiunsi quando tornai a guardare Eugene.
-Menomale.- asserì quest'ultimo, senza abbassare di un tono la voce. -Ti meriti di meglio.
Sapevo benissimo che Michael si stava innervosendo: lo sentii stringere la presa della sua mano sulla mia spalla.
-Allora? Ci vediamo domani sera?
Sentivo lo sguardo pesante di Mike alle mie spalle, quello di Giselle davanti a me e quello di Eugene dritto nei miei occhi. Era piuttosto imbarazzante. Ma non avevo intenzione di non sembrare in grado di gestire la situazione.
Mi alzai dalla sedia e mi avvicinai al mio migliore amico. -Magari un'altra volta.

Rainy days // Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora