Capitolo 15

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MICHAEL
Quando sentii suonare la sveglia avrei tanto voluto bestemmiare. Suonava insistentemente da meno di un minuto e mi stava trapanando il cervello, ancora dolorante per il mal di testa.
Allungai una mano verso il comodino per afferrare il telefono, ma questa si agitò nel vuoto.
Turbato e affaticato, aprii gli occhi e scoprii di essere sul divano nel soggiorno di casa mia, e da una parte era un bene che lo fosse.
Non ricordavo esattamente come ci fossi arrivato, nè perchè fossi lì e nemmeno perchè avessi preferito un sudicio divano al mio comodo letto.
Nella mia mente qualcosa di indecifrabile vagava, senza logica: la sera prima ero stato con Letisha per l'ennesima volta ed eravamo andati in un locale a "divertirci".
Mi guardai intorno a fatica e constatai di essere solo. Di nuovo. Di Letisha non vi era nemmeno l'ombra e  in un certo senso ne ero sollevato.
Mi misi a sedere gettando da un lato la coperta che avevo addosso. Mi passai le mani tra i capelli e poi sul viso. Abbassai lo sguardo sul pavimento e vi trovai il mio cellulare ancora sonante. Spensi quella dannata sveglia e lo lanciai al mio fianco.
Era una settimana che le mie giornate si svolgevano in questo ridicolo modo: uscivo da casa mia cosciente, con la mano di Letisha arpionata alla mia, e ne tornavo completamente fatto; o peggio, non ci tornavo proprio.
Qualche mattinata precedente, per esempio, mi svegliai in un letto che non era il mio, in una casa che non mi era per nulla familiare e, soprattutto, circondato da ragazzi messi peggio di me, che non conoscevo affatto.
Strofinai nuovamente le mani sulla mia faccia assonnata e mi lasciai ricadere sul divano.
"Chissà cosa penserebbe Mimì di me."
Nello stesso istante in cui quel pensiero mi annebbiò il cervello, il cigolio della porta d'ingresso che si apriva mi distrasse.
Rimasi fermo com'ero, senza alcuna espressione turbata sul mio viso. Non mi chiesi nemmeno come fosse possibile che qualcuno potesse entrare in casa mia senza suonare - nessuno oltre a me aveva le chiavi. Il mio cervello non se ne preoccupò minimamente. E quando, pochi secondi, dopo un ragazzo altissimo, dal ciuffo biondo e un anellino nero al labbro inferiore varcò lo stipite, nulla cambiò dentro di me.
Il ragazzo si guardò intorno e un sorriso sghembo gli segnò il volto.
-Ti piace fare il vampiro, Clifford?- mi chiese, probabilmente riferendosi alla penombra in cui l'intera casa sprofondava.
-Ciao Luke.- lo salutai con decisamente poco entusiasmo e l'aria di chi, al momento, non voleva essere molto simpatico.
-Ciao Mi...- fece per dire, ma quando si voltò verso di me e mi guardò, l'espressione sul suo viso sembrò più traumatizzata del solito.
-Che cazzo... stai... facendo?!- chiese, tremendamente turbato.
-Ehm- mugugnai io. -Sono seduto sul letto?
Luke mi guardò ancora più stranito.
-Divano.- mi corressi velocemente. -Volevo dire divano.
-Non intendevo questo.- specificò il biondino. -Perchè sei... nudo?
"Nudo?!"
-Ma che dici Luke, io non sono affatto...- borbottai, ma, quando abbassai lo sguardo sul mio corpo per verificare la certezza delle mie parole, diventai improvvisamente paonazzo.
Ero più nudo di un neonato.
-Ma come cazz...- imprecai. Afferrai rapidamente la coperta al mio fianco e mi coprii come meglio riuscii.
Improvvisamente mille dubbi mi assalirono.
-Aspetta...- iniziai a dire. -Tu... come sei entrato qui dentro?- chiesi. -E perchè sei qui?- continuai. -E perchè io sono nudo?!
Il mio amico scosse la testa in segno di rassegnazione e mi si avvicinò cauto. -La porta era aperta scemo e sono qui perchè oggi è sabato.- Fece una breve pausa. -Per quanto riguarda l'ultima domanda, vorrei tanto trovare una spiegazione sensata.
-E cosa dovrebbe voler dire che sei qui perchè è sabato?- borbottai.
Il ragazzo sospirò rumorosamente e si passò una mano sulla fronte. -Michael, tra meno di quattro ore abbiamo il concerto.
Spalancai gli occhi incredulo. -Tra... tra men...- balbettai. -Ma... che ore sono?- chiesi completamente spaesato.
-Le cinque di pomeriggio Michael.- rispose secco Luke. -Ormai le cinque e un quarto.
-Merda.- esclamai e mi alzai di colpo. Tuttavia la reazione a quel gesto impulsivo non fu delle migliori: mentre cercavo di camminare, inciampai rovinosamente nel lenzuolo che stavo tenendo stretto intorno alla vita, e finii di faccia contro il pavimento ghiacciato.
Luke mi si avvicinò e mi aiutò ad alzarmi tenendomi da un braccio.
-Corri a cambia...- iniziò a dire quando fui in piedi ed equilibratamente stabile. -A vestirti. Non vorrai mica salire sul palco piazzato così.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 23, 2016 ⏰

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Rainy days // Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora