Capitolo 2

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-Credi che potrei avere qualche possibilità con Letisha?- mi domandò Michael, mentre parcheggiava davanti a casa mia.
-Scordatelo!- esclamai io, tra una risata e l'altra. Il motore si spense e scesi dall'auto, seguita da Michael.
-Perchè? È una bella ragazza!- la giustificò lui.
-È un'oca!- sbuffai io mentre cercavo le chiavi di casa. Michael rise. Lo faceva apposta per farmi innervosire. A quanto pare lo divertiva molto.
Una volta aperto il cancello e attraversato il piccolo giardino, raggiungemmo la porta d'ingresso che, con stupore notai essere già aperta. Per un attimo il mio cuore smise di battere.
La spalancai di colpo e, seduta sul divano, vidi mia madre sobbalzare e rivolgermi uno sguardo inizialmente spaventato e poi incredibilmente felice.
-Mamma!- quasi urlai. -Che ci fai qui?
-Mimì!- disse lei alzandosi e venendomi incontro. Mi abbracciò calorosamente e mi diede un bacio sulla guancia. -Sono venuta a farti una sorpresa!
Guardò dietro di me, in direzione di Michael. -Mi sembrava strano che non ci fossi- disse mostrando un bellissimo sorriso. Mia mamma adorava Michael, ovviamente, fin da quando eravamo bambini e lui veniva a trovarmi a casa nostra.
"Dovresti sposarlo!" mi diceva tutte le volte che lo vedeva; "Quel ragazzo è speciale!" Io, quando sentivo quelle parole, puntualmente spegnevo il cervello e tutto quello che lei diceva erano frasi date al vento.
-Ciao Willow.- rispose lui, sorridendole a sua volta.
-Entrate! Ho preparato io la cena stasera- disse guardandomi. Mi sfilai le scarpe e la seguii in cucina, da cui veniva un profumo fantastico. -Fortunatamente ho fatto delle dosi un po' più abbondanti. Ero quasi del tutto sicura che ci fossi anche tu.
Rivolse un'occhiata maliziosa al mio amico dietro di me che, imbarazzato, arrossì leggermente.
-Tu non ti fermi ma'?- le chiesi, impedendole di dire qualsiasi altra cosa le stesse passando per la testa.
-Devo tornare da tuo padre. È tornato tardi da lavoro oggi e non aveva la forza di venire fin qui.
Mia mamma era molto giovane e sempre indaffarata. Avendo avuto mio fratello all'età di diciassette anni e me a quella di diciannove, era più una sorella che una madre. Lei teneva a noi più di chiunqie altro. Ora che sia io che Miles eravamo andati via da casa, faceva sempre il possibile per venire a farci visita, ma, alla fine dei conti, non erano molte le volte in cui ci vedavamo. Mio padre lavorava sempre - faceva il medico - e lei doveva stare a casa per fare la casalinga. Doveva - e soprattutto voleva - stare dietro a tutti e la maggior parte delle volte la vedevo distrutta nonostante i suoi quarant'anni. Era una donna incredibilmente forte.
-Miles l'hai visto?- mi chiese mentre girava del sugo in una delle pentole sul gas.
-No, ma ha detto che in questi giorni sarebbe passato.- risposi, mentre addentavo un grissino che era sul tavolo.
Mia mamma si pulì le mani in uno straccio appeso lì vicino e prese un mazzo di chiavi che era sul ripiano vicino ai fornelli.
-Io devo andare. Ho messo su un altro po' di sugo, così mangia anche quel povero ragazzo.- disse infine, tornando a guardare Michael.
-Non ce n'era bis...- masticò lui, senza riuscire, però, a finire la frase.
-Ce n'è sempre bisogno.- disse mia mamma avvicinandosi a lui e dandogli una carezza amorevole sulla guancia. -Lo sai che sei come un altro figlio per me.
Michael le sorrise dolcemente e rimase in silenzio a guardarla, come un bambino guarda sua madre. Evidentemente il sentimento era reciproco.
Aveva sette anni quando varcò per la prima volta la porta di casa mia. Se non ricordavo male, pioveva fortissimo e lui aveva i lacrimoni sulle guance, come se il cielo piangesse con lui. Lo conoscevo già perché andavamo nella stessa scuola, ma non gli avevo mai parlato. E vederlo fuori da quella porta quel giorno era stato piuttosto strano. Mia mamma lo aveva portato dentro e lo aveva asciugato con un grande asciugamano. Il bambino che era ci raccontò che era andato via da casa perché i suoi genitori lo trattavano male. Allora non potevo sapere se era vero o no, ma ora, dopo sedici anni che ci sopportavamo, potevo constatare che era tutto vero. Karen e Daryl non avevano mai avuto molta considerazione e affetto per il loro unico figlio e allora Willow lo aveva cresciuto come una vera madre avrebbe fatto.
Era un bimbo vivace, sorridente e sempre pronto a fare casino. Mi ricordavo ogni cosa di lui: i capelli castani chiari arruffati, gli occhietti sempre luccicanti, le manine e le guance paffute e quella risata contagiosa che sapeva far tornare il sorriso a chiunque. Mia mamma, una volta, mi ha raccontato che Michael, quando io avevo ancora cinque anni, mi parlava delle sue giornate a scuola e di quanto fosse brutto studiare. Mi era sfuggito un sorriso quando lei finì di parlare; forse quella era una delle poche cose su cui ero d'accordo con quel ragazzo.
-Ci vediamo presto.- concluse la donna e uscì rivolgendoci un'ultima occhiata da madre premurosa. Nonostante io abbia ventun'anni e Michael ventitre, per lei era sempre come se fossimo ancora i bambini di una volta.

Rainy days // Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora