Capitolo 11

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-Allora?
Ero appoggiata a una parete della sala da ballo. Eugene era andato al bagno e io ero rimasta sola col mio bicchierino di vodka tra le mani e la musica. Almeno credevo di esserlo fino a quando non sentii una voce. Ancora prima che parlasse sapevo chi fosse. Sapevo che sarebbe venuto a parlarmi appena Eugene si fosse allontanato.
-Soddisfa le tue aspettative?- mi chiese ancora il ragazzo avvicinandosi a me e allargando le braccia.
-Va decisamente oltre.- risposi sincera.
Hammond, che reggeva un bicchiere tra le mani, si appoggiò a sua volta al muro vicino a me. Lo trovavo particolarmente simpatico, ma da ubriaco era leggermente pesante. Non che sapessi come fosse da sobrio, ma speravo in un miglioramento.
-Cazzo!- esclamò. -Dov'è finito quel buono a nulla di Eugene?
-È in bagno.- risposi io.
-A pisciare?- chiese e scoppiò subito a ridere di gusto. Quando si riprese mi diede una pacca sulla spalla e bevve dal bicchiere che si stava rigirando tra le mani. Bevvi un sorso anche io dal mio.
-Se fosse stato per me- continuò a parlare. -Non avrei mai lasciato una così bella ragazza sola nemmeno per un istante.
Non sapevo se sorridere per il complimento o scappare dal suo sguardo.
-Lei non è affatto sola.- disse qualcuno che arrivava dall'altra parte della stanza. Si avvicinò a noi e mi mise un braccio intorno alle spalle. Quel gesto protettivo mi fece tirare un sospiro di solievo.
-E tu mi avevi giurato che non ti saresti avvicinato.- concluse la frase il ragazzo.
Hammond sbuffò sonoramente. -Sempre a rompere i coglioni.- asserì, tornando nuovamente a ridere ,seguito da Eugene.
-Ma lo sai che- incalzò quest'ultimo, riferendosi a me. -Hammond al college aveva molte più ragazze di me?
-Porca puttana ero molto più figo di te, Anderson.- affermò il ragazzo, continuando a bere da quel bicchiere. Mi chiesi quanto alcol ancora ci potesse essere lì dentro.
-Ti ricordi di quella volta che ti ho fottuto quella strafiga di Melanie?- aggiunse.
Eugene lo fulminò con gli occhi e l'amico rise ancora più forte.
Il ragazzo-della-birra si staccò da me, mi guardò e poi parlò come se si sentisse in dovere di raccontarmi come fossero andate le cose. -Una volta avevo invitato Melanie al ballo d'inverno dell'ultimo anno di college. Lei era bellissima e corteggiata da tutti.
-Cazzo, aveva due tette enormi per la sua età!- esclamò Hammond.
-Risparmiaci i tuoi commenti, Kemp.- lo ammonì Eugene. Fece un respiro e proseguì il suo discorso tranquillamente. -Per convincerla a venire con me, le avevo promesso che quella sera le avrei regalato un mazzo di fiori enorme. Lei accettò e io mi impegnai a mantenere la promessa, ma vuoi sapere cos'è successo?- chiese.
Scossi la testa.
-La sera del ballo lei lasciò un biglietto sotto la porta della mia stanza. C'era scritto "Mi dispiace Eugene Anderson, ma Hammond Kemp mi ha promesso che mi avrebbe dato una cosa più grande di un mazzo di fiori. Sarà per un'altra volta."
Hammond, quando sentì quelle parole, scoppiò a ridere. Avevo quasi male alle guance per lui.
-Ti lascio immaginare cosa fosse quella cosa più grande.- concluse Eugene. L'espressione che marcava il suo volto diceva tutto.
-È stata una notte molto soddisfacente.- disse Hammond.
Eugene gli tirò un pugno su una spalla mentre un bellissimo sorriso spuntava sulle sue labbra. Mi era difficile vedere quell'ubriacone come un ragazzo più bello di Eugene, se non impossibile. Non che Hammond fosse un brutto ragazzo, ma non era nulla in confronto agli occhi verdi, al sorriso e alle fossette di Eugene. Quella Melanie aveva fatto la scelta sbagliata. Sicuramente ora si sarà mangiata le mani e non solo.
-Comunque, piccioncini- disse Hammond una volta che si fu ripreso. -Volevo avvertirvi che farò un altro lento e preferirei che voi due foste su quella pista.- Fece per andarsene, traballante sulle sue gambe. -ADESSO.- aggiunse e sparì tra la folla.
-Immagino che ora- esordì Eugne qualche istante dopo. -Ti starai chiedendo perché siamo amici, io e lui.
In effetti sì, me lo domandai. Non era facile per me capire come Eugene potesse ancora parlare con un ragazzo che lo trattava in quel modo. Ma tutto aveva una ragione. Annuii.
Il ragazzo-della-birra sorrise e abbassò lo sguardo al pavimento. -Perchè è l'unico vero amico che ho.
Non dissi nulla. Non mi aspettavo una risposta del genere. Non da lui.
Rialzò la testa e allungò la mano verso di me. -Andiamo?- chiese sorridendomi.
Mi sentii stranamente vuota in quel breve istante. L'immagine di Eugene sempre in disparte, da solo, con nessuno con cui parlare mi spezzò il cuore. Senza pensarci su troppo, la afferrai e la strinsi, sperando di essere di conforto. -Andiamo.
Le dolci note della canzone che Hammond aveva scelto quella volta partirono in quel momento. Eugene mi guardò negli occhi in un modo così profondo che mi sentii sprofondare. Gli sorrisi. E lui ricambiò.

Rainy days // Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora