-LA MIA PIOGGIA E' LEI

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Pov's Fabio

Marta era andata via con il treno da circa un' ora e già mi mancava la sua stranezza e la sua voglia di parlare senza sosta.
L'avevo salutata presto...volevo stupirla e vedere la sua faccia quando mi avrebbe visto lì, davanti a lei e a quel cielo ancora di un chiaro-scuro inconfondibile...
Poi era salita su quel vagone e mi si strinse il cuore, anche se sapevo che tra due giorni l'avrei rivista.
Avevo visto  il suo sorriso da lontano un'ultima volta, poi mi sono voltato. Mi è venuto da piangere e mi sono sentito tanto stupido quando innamorato.
Ma poi il cielo era diventato scuro senza di lei e così dovetti correre in albergo, riparandomi con il giornale di una signora.
Arrivai in camera bagnato fradicio, mi cambiai e mi misi davanti alla finestra, a guardare la pioggia...
Mi venne in mente una sera con Marta, quella sera in cui capii che l'amavo follemente...quelle sera ad aspettare la pioggia...
Erano circa le 22:20 e stavo andando la lei...La vidi lì, immersa a contemplare non so cosa, in piedi in mezzo alla spiaggia...Era di spalle, immobile.
Mi avvicinai e le sfiorai una spalla. Sobbalzò, ma non si girò.
-"Che cosa fai?"gli chiesi dolcemente.
-"Aspetto."
Non si voltò. Le girai attorno così da arrivarle di fronte. Aveva gli occhi socchiusi, il volto rivolto verso il cielo, e la mente chissà dove.
-"Che cosa?"
-"Aspetto che piova."
Aprì gli occhi e si voltò verso di me. In quel momento sembrava un'estranea con quegli occhi rossi e gonfi dal pianto, le labbra screpolate dal freddo, la pelle pallida come non lo era mai stata.
-"La pioggia?"
-"La pioggia cancella gran parte del tuo dolore, e quello che non cancella la pioggia significa che è destinato a rimanere."
Continuava a guardarmi, come se aspettasse qualcosa, come una preghiera sorda. Continuava a guardarmi con quelle sue iridi che ti perforano l'anima, tanto scavano a fondo. Mi sentivo nudo davanti a lei, una piccola e insignificante formica nelle sue mani.
-"Non ho capito."
-"Non c'è nulla da capire, solo qualcosa da aspettare."
-"Aspettare che piova."
Si voltò di nuovo. Dei nuvoloni plumbei si intravedevano in lontananza.
-"Aspettare, certe volte è l'unica cosa che riusciamo a fare per bene. Aspettare, eppure non è semplice."
-"Non lo è?"
Tornò a guardarmi negli occhi, a perquisirmi l'anima, a scavare dentro di me. Come se volesse essere sicura che da lì a poco non avrei estratto un coltello e non l'avrei pugnalata. Abbastanza ridicolo, pensai.
-"Aspettare la pioggia vuol dire guardare il sole in cielo e sperare che qualche nuvolone pieno di acqua lo copra. Aspettare è anche un po' sperare. Sperare, che torni, che non si dimentichi di te. Sperare che arrivi la pioggia per cancellare il tuo dolore, o per condividerlo con lei."
-"E se io fossi questa pioggia?"
Non ci pensai, in quel momento. Mi sembrava la cosa più giusta da dire, lo era, lo sapevo.
-"Smetterei di aspettare, allora."
-"Smetteresti anche di sperare"
E non so in quel momento perché eravamo tanto vicini, se ero io ad essermi avvicinato o se era lei. Se ero io a non volermi allontanare, o se era lei a voler restare così ancora un po', magari per sempre.
-"Non lo farei. Continuerei a sperare, ma non aspettare."
-"Perché?"
-"Aspetto la pioggia e spero che non finisca. E quando arriva la pioggia io continuo a sperare, e quando finisce continuo a farlo, sperando che torni."
Mi guardava, ma non come prima. Guardava me, non i miei movimenti, non cercava di scrutarmi l'anima o di leggermi nel pensiero. Mi guardava soltanto, con uno sguardo che non avevo mai visto a nessuno addosso. Con lo sguardo di chi ha aspettato un treno che non è mai arrivato. Con lo sguardo di chi ha aspettato la pioggia a lungo, per condividere il suo dolore con qualcuno, per cancellarlo, o solo per nascondersi dietro gocce di pioggia.
-"Hai paura che me ne vada."
Non mi rispose, sollevò soltanto il viso verso l'alto. E così, all'improvviso, piccole gocce d'acqua caddero dal cielo.
-"No"
-"Che cosa?"
-"No, non ho paura che tu te ne possa andare."
Le nostre mani si sfioravano. Si allontanavano. E poi si cercavano, in una danza muta e spassionata.
-"E allora che cosa? "
-"Ha iniziato a piovere."
Sorrisi. E in quel momento le dita della mia mano toccarono le sue, le nostre mani si incontrarono, si strinsero. E in quel momento, non so perché, sperai che non me la lasciasse andare. In quel momento, scoprì di aver bisogno di lei.
-"Tu sei strana lo sai?"
-"E allora perché sei ancora qui?"
Guardai le nostre mani intrecciate. Lei continuava a guardare me, non sapevo nemmeno se si fosse accorta delle nostre mani unite.
Allentai un po' la presa, ma lei mi bloccò, mi strinse la mano nella sua. Come a non volerla più lasciare andare, come a dire 'resta', come a dire 'non te ne andare'.
-"Sono la tua pioggia."
-"Prima o poi finirà di piovere."
Ricordo che aveva un sorriso triste sul volto. Una goccia le bagnò la guancia, o forse erano solo le sue lacrime che si confondevano con la pioggia. Cancellare il dolore con altro dolore, cancellare le lacrime con altre lacrime, era questo quello che intendeva.
-"Non per noi."
-"Sei strano tu, davvero vuoi che la pioggia duri per sempre?"
-"Se è per averti accanto allora sì, desidero che la pioggia non finisca mai."
Eravamo talmente vicini che i nostri corpi si sfioravano, i nostri respiri si confondevano, i battiti dei nostri cuori battevano all'unisono.
-"Tu sei la pioggia."
-"Sono causa di incidenti stradali, alluvioni, frane e allagamenti?"
-"Sei la mia pioggia. L'unica cosa che può franare sono io."
Le cinsi i fianchi con le mie braccia. Lei appoggiò la testa sulla mia spalla. La pioggia ci cullava tra le braccia, e io cullavo lei fra le mie.
-"Non lo permetterò."
Ricordo che siamo restati lì, a danzare sotto la pioggia.
Lei che aspettava la pioggia.
Io  che aspettavo lei.
Lei che trovò la sua pioggia senza fine.
Io che trovai la sua fine nella pioggia.
Chiusi gli  occhi e mi addormentai sulla finestra, ripensando a quella sera bellissima...

SEI LA MIA DISTRUZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora