«Ma come...» provo ad articolare , ma non so neanche io cosa voglio dire. «Dove...» riprovo, senza successo. Distolgo lo sguardo da Metropolys e guardo lui, Jorge, seduto spalle contro la parete, accanto alla torcia, chitarra in mano. «E' l'unico punto da cui puoi vedere Metropolys» mi dice, alzando gli occhi dalla chitarra su di me, «sei la prima persona che ci porto, e devi rimanere anche l'unica» continua. Queste parole mi sorprendono, Jamie che mi dice di non aver mai visto l'appartamento alle Fatiscenti di Jorge mi torna in mente. «Perché?» riesco finalmente a chiedergli. Perché mi porta in questi posti, perché me sì e gli altri no? Vorrei chiedergli anche questo, ma non lo faccio. «Perché ti avevo detto che pensavo semplicemente ti mancasse Metropolys quindi eccola» dice, abbozzando un sorriso, iniziando a suonare. Il suono della chitarra risveglia la Luminescenza all'istante. Mi giro verso la città, che brilla sotto il cielo scuro. Il vento che entra dalla feritoia di pietra di tanto in tanto mi smuove i capelli, sento lo stomaco contorcersi mentre chiudo gli occhi al suono della musica. Il richiamo della città torna a scorrermi nelle vene, la mia anima si protende verso le luci e i palazzi tanto che premo il corpo contro la parete rocciosa senza neanche accorgermene, come se volessi passarci attraverso per fluttuare fino lì.
Non so quanto tempo passa, la musica scandisce un tempo tutto suo, e Jorge non smette mai di suonare come io non riesco a staccare gli occhi dalla città. Intravedo sulla parete alla quale sono appoggiata il riflesso della sua luminescenza blu misto alla mia, che invece cambia colore di continuo. Ho gli occhi umidi, realizzo poi, lo capisco da come il vento risulti freddo sulle mie guance. Sospiro, girandomi verso Jorge, completamente acceso, che mi guarda con un'espressione a metà fra il contento e il compiaciuto che non gli ho mai visto. La vista del suo sorriso, del suo volto concentrato e del suo corpo luminoso provoca un addizionale fiotto di luminescenza. Non smette mai di suonare, continuando a passare da un melodia all'altra. Mi chiedo se stia improvvisando, se sono pezzi musicali provenienti dal passato. Mi siedo accanto a lui, che si tende verso di me posandomi un bacio sulla fronte. Rimango ad ascoltarlo suonare, non presto più alcuna attezione alla città oltre la roccia. È la chitarra, mi dico. E questo continuo a ripetermi fin quando la melodia non cessa.
«Torna qui quando vuoi» mi dice poi, una volta pizzicata l'ultima corda, facendo scorrere lo sguardo sulle pareti per poi tornare su di me. Nonostante il silenzio, il suono della chitarra mi rindonda ancora nelle orecchie. «E tu dove andrai?» gli chiedo, sperando non stia rinunciando ad un posto del genere solo per me, ma lui sorride, indisturbato dall'idea. «Oh io ne conosco tanti di posti come questo e non ho troppo bisogno di avere la città che mi guarda» dice, «tu invece sì» aggiunge. «Di tanto in tanto dimmi solo come va, ci sono cose che devi gestire da sola e la musica è una di queste» dice e io annuisco, comprendendo, anche se mi piacerebbe sentirlo di nuovo suonare, se qui o altrove probabilmente farebbe poca differenza. «Non ti sentirò più suonare?» chiedo, lui si lascia sfuggire un sorriso. «Non vedo perché no» risponde, al che sorrido anche io, fomentando già l'attesa per la prossima volta.
«Dean è tornato» gli dico poi. «Lo so» risponde lui. «Grazie per avermi fatto portare una settimana di colazione da Metropolys» dico, e un altro bacio sulla fronte costituisce la sua risposta. Alzo lo sguardo incontrando il suo, lui alza le sopracciglia, interrogativo, ma non gli chedo il perché mi abbia baciato già due volte da quando siamo qui.Distolgo lo sguardo. «Malik è alquanto turbato» dico, cambiando discorso e lasciando che almeno uno dei miei pensieri venga a galla, decisamente non il pensiero giusto per rispondere a un bacio, ma di certo il più adatto a rispondere ad un istruttore. «Penso sia per Selene» dico, ricordandomi all'ultimo che forse non è il caso di parlarne. Ci sono sempre troppe cose di cui è scomodo parlare, con lui. «Se l'è presa con te?» mi chiede. «Se la prende sempre con me, ma so che fa così perché deve, quindi forse è il caso che smetta di prendermela io» dico, il suo volto si tranquillizza. «Inizi a comprendere» dice, io annuisco. «Era anche ora, direi. Oggi sono stata anche da Rosa, e di questo avrei bisogno di parlarti» dico. Lui si raddrizza sulla schiena, mettendosi seduto in maniera eretta e aguzzando lo sguardo. «Lei è una Soffusa» dico, «e mi ha detto che...che i miei problemi di Luminescenza, a parte l'imparare a chiamarla a comando, potrebbero non scaturire da me, bensì dalla Luminescenza stessa» aggiungo. Lui aggrotta la fronte, improvvisamente pensieroso. «Ti ha suggerito una Luminescenza non convenzionale» constata, io annuisco. «E tu sai che dobbiamo darci del tempo e molti altri tentativi prima di poter iniziare a pensare a quest'ipotesi? Perché questi sono casi che vengono presi in esame direttamente da Bill, quindi oltre me e Malik, si aggiungerebbe anche lui a monitorarti» mi dice. L'idea mi fa contorcere lo stomaco per l'ansia, forse era questo il motivo per cui non mi aveva ancora parlato di quest'ipotesi. Eppure... «Non mi piace l'idea, per niente, ma se è davvero così e non c'è altro modo...» dico. «No, non c'è altro modo» dice lui, scuotendo lievemente la testa, sempre più turbato. «Diamoci del tempo, impara a chiamarla, se non cambia, in quel caso...» dice, bloccandosi a fine frase e poi mimando con le mani una sorta di gesto di continuità. «...procederemo?» suggerisco io, lui annuisce.
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The Color Of City Lights
FantasyQuando la nostra essenza si manifesta in maniera inaspettata, quando guardarci dentro diventa troppo facile, soprattutto per gli altri. Come imparare a controllarsi? Lara, una diciassettenne la cui vita prende una strada inaspettata, alle prese co...