Talk To Me

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Appoggio la testa al finestrino, continuando a respirare profondamente. Il calore della vicinanza di Dylan ha lasciato il posto ad un freddo pungente, non so se puramente climatico o dell'anima. In testa mi risuona ancora la voce di Jorge che mi raccomanda di stare attenta, come se avesse subdorato il "pericolo", ancora lui che mi dice che il dover controllare la luminescenza durante un bacio è stata una delle cose più difficili che abbia mai dovuto affrontare. Per me è stato già difficile così, senza baci, figuriamoci se Dylan mi avesse baciata, invece. Chiudo gli occhi e aggrotto la fronte, rimproverandomi per aver pensato, anche solo per un attimo, di lasciarmi andare del tutto, per aver perso la presa sull'emozione e per non aver pensato neanche un po' a voler riprendere il controllo.

Sospiro, la fronte ancora contro il vetro, chiudo gli occhi un momento nella speranza di schiarirmi i pensieri, ma non ci riesco. Frugo nella tasca laterale della giacca, le dita si intrecciano ai fili degli auricolari, ma con un flash mi torna in mente la mia accensione sul n.50, la luminscenza rosa. Anche la musica è fuori questione, non posso rischiare di accendermi di nuovo su un mezzo pubblico, né da nessun'altra parte a dire il vero, ma in questo momento ne avrei davvero bisogno. Sbuffo innervosita guardando le luci della galleria sotterranea sfrecciare fuori dal finestrino fin quando la stazione a cui devo scendere non mi si para davanti. Scendo e mi incodo sulle scale mobili, frugo nell'altra tasca della giacca alla ricerca della tessera che Dean mi ha dato questa mattina, la tiro fuori e me la rigiro tra le dita. La scritta "Golden Garage" lievemente iridescente sotto i lampioni cittadini. Se qualcuno dovesse fermarmi cosa dico? Non ho l'età per la patente, figuriamoci per la macchina. Cosa potrei mai farci in un garage? Alle dieci di sera, poi. Posso spacciare Jorge per mio fratello, ma il cognome sui documenti di riconoscimento sono diversi e io non ho nessun fratello, lo scoprirebbero. Aggrotto la fronte e chiudo gli occhi, faccio un gesto con la mano per scacciare via questi pensieri inutili, come se fossero mosche. Imbocco la rampa del garage senza guardarmi intorno, se qualcuno mi vede entrare con fare guardingo, come se stessi facendo chissà che cosa, forse sarebbe anche peggio che essere fermata e basta. Ma da quando sono diventata così paranoica?

La saracinesca del box 3B è quasi di fronte alla rampa, illuminata dalle fredde luci al neon che si sono accese al mio arrivo. Mi dirigo verso l'1A e avvicino la tessera al sensore posto di lato alla porta, la saracinesca si apre con un lieve ronzio, rivelando il box spoglio e pieno di crepe, illuminato solo di riflesso dalle luci al neon del garage, per il resto, me ne ero dimenticata, niente lampadine. Tiro fuori il mio GlassPad mentre mi avvicino alla crepa sul muro alla mia sinistra, ci inserisco dentro la tessera con cautela, che con un ovattato ronzio viene risucchiata e risputata fuori, la saracinasca inizia ad abbassarsi, rimetto la tessera nella tasca della giacca. Farsi il tragitto in questa specie di stanza-ascensore in compagnia di Jorge è stato molto meno da brividi che da sola, tiro un sospiro di sollievo quando sento la stanza fermarsi e vedo la saracinesca aprirsi sul Between The Walls.

Adocchio Jorge seduto al bancone, Dean appoggiato su un gomito di fronte a lui, un piatto di tramezzini nel mezzo, un boccale vuoto su un sottobicchiere. Mi dirigo verso di loro, Dean alza lo sguardo su di me e mi fa un cenno con la testa. «Sembri sconvolta» mi dice, in tono sarcastico, quasi sull'orlo della risata. Speravo non si notasse. Jorge si volta verso di me, tira indietro lo sgabello accanto a lui per farmici sedere; lo ringrazio con gli occhi. «Ciao» mi dice, «è vero, sembri sconvolta, che ti è successo?» chiede. Sospiro, inutile perdersi in inutili giri di pensieri come "glielo dico", "non glielo dico", tanto glielo devo dire per forza, soprattutto se dovrà parlare con Dylan, promessa che non mi sento di rompere per nessun motivo. Se dovessi sparire di punto in bianco senza adempiere al nostro patto non mi perdonarebbe mai. «Ti ricordi l'ex ragazzo del Lungo Fiume?» dico, nascondendo la faccia fra le mani, «sì, ricordo» risponde lui, desideroso di sentire il resto, «era lui la questione in sospeso che dovevo risolvere prima di partire. Ci siamo lasciati un paio di mesi fa, ma non l'ho detto a mia madre, semplicemente non volevo affrontare il discorso, così quando sono andata da lei per dirle che sarei stata fuori città per tutta la durata della pausa estiva ho dovuto inventare una scusa e nel panico le ho detto che sarei andata a Lake Lancaster, come l'anno scorso, così lei ha dedotto che ci stessi andando con Dylan, voglio dire con lui» dico una parola dopo l'altra, per evitare di fermarmi e rischiare di non dire più nulla. «Ricordo ancora la scusa che rifilai ai miei genitori per partire alla volta del Nucleo, "viaggio on the road con gli amici", che poi per metà era vero, ero in macchina e in viaggio, solo non con gli amici, ma dubito sia l'aver inventato una scusa ad averti sconvolta» dice Dean, avvicinandomi al braccio un bicchiere di succo d'uva e arruffandomi i capelli per farmi alzare la testa. Se l'avesse fatto qualcun'altro probabilmente avrei reagito come un gatto rabbioso, ma Dean è...Dean, e sembra in buona fede, quindi alzo la testa e inizio a sorseggiare la bevanda.

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