Epilogo

302 20 11
                                    

La vibrazione del cellulare mi sveglia, saranno forse le prime ore del mattino. Il suo corpo avvolto dalle lenzuola, accanto al mio, si alza e si abbassa lentamente, seguendo il ritmo del suo respiro. Allungo il braccio verso il comodino cautamente, non avendo nessuna intenzione di svegliarla. Il braccio che ho scostato dalla sua pelle viene assalito dal freddo. Rispondo. «Pronto» biascico. «Jorge...» riconosco la voce di Bill e ci metto un minuto netto a ripiombare nell'angoscia, a sentire tutto il peso di ciò che per qualche ora sono riuscito a dimenticare. La riunione, devo andare nel suo studio. Adesso. Sospiro, troppo rumorosamente tanto da renderlo udibile anche all'altro capo del telefono. «Perdonami, Jorge» dice, in un tono molto più grave del solito. Devo alzarmi, penso, mentre metto via il cellulare. Non voglio farlo, penso anche, sgusciando per un attimo contro il calore di lei accanto a me. Guardo il suo viso tranquillo, addormentato, rivivendo ogni istante della sua espressione delle ore passate, sentendo di nuovo quel blocco di emozioni rosee e venate di dolcezza, quasi fossero infuse di miele. L'immagine di un alveare grondante di miele mi si imprime nella mente. I miei sentimenti si rendono più nitidi ogni momento che passa e una certa consapevolezza inizia a farsi strada dentro di me. Le poso un bacio sulla fronte, avvolgendola per bene fra le lenzuola e tirandole la coperta oltre le spalle. Non voglio che si svegli, non voglio che si svegli senza trovarmi qui. Mi rivesto in fretta, mi lavo la faccia velocemente e quasi corro per i corridoi ancora deserti verso lo studio di Bill. Voglio tornare in camera mia, alla svelta. Quando arrivo davanti alla porta non busso neanche, so di essere atteso. C'è Dean nella stanza, oltre a Bill, ed è una presenza che non mi spiego.

«Selene, Stan e Malik?» chiedo, cercandoli senza trovarli. «Sono andati via, più o meno un'ora fa» dice Bill. «Non mi avete avvisato...» rispondo, aggrottando la fronte. Bill si lascia sfuggire un sorriso amaro, Dean si guarda le scarpe. C'è qualcosa che non va, realizzo. «Ti abbiamo chiamato Jorge, ma non ci hai risposto, così ho mandato Malik a chiamarti...l'arcobaleno di colori che risplendeva da sotto la tua porta ci ha chiarito la situazione, non ti abbiamo disturbato oltre, ma non potevo più aspettare» dice, abbattendo il suo sguardo grigio su di me. Una morsa d'ansia mi stritola lo stomaco. L'ordine che aspettavo sta per cadermi sulla testa come un'incudine, e nonostante me lo aspettassi, in questo momento l'ansia la fa da padrona. Chiudo gli occhi, lasciando che un globo azzurro affiori sul mio palmo mentre Bill temporeggia, ed è una cosa che non fa mai. Sospira. «Devi partire, Jorge. Adesso». Alzo lo sguardo su di lui, mi aspettavo un'ordine è vero, ma non questo. «Partire» ripeto, meccanicamente. «Partire» ripete lui. «Per la Vecchia Europa, per un paio di mesi» aggiunge poi. Sento la cassa toracica sprofondarmi fino ai piedi, investendo lo stomaco e tutto il resto nella caduta. Sento la rabbia montarmi dentro subito dopo. «A fare cosa, nella Vecchia Europa, Bill?» chiedo, la mia calma, per quanto provi a mantenerla, si sta diradando molto, molto in fretta. «Bisogna continuare il lavoro iniziato da Celeste e dalle risorse impiegate come lei» dice. Quando usa il termine risorse, senza fare nomi, vuol dire che c'è gente di altre comunità, o della mia comunità stessa, coinvolta in missioni segrete. «Quale lavoro?» chiedo, "quale dei tanti che stava portando avanti di cui nessuno sa nulla?", sottintendo. «Era incaricata di portare fuori pista gli agenti che le Forze Unificate continuano a mandare alla ricerca di Luminescenti» spiega. Annuisco, sapevo di questo suo incarico. «Mi aveva detto che gli agenti erano stati assegnati ad altri compiti» dico. «È vero, ma quelli stessi sono stati rispediti lì da dove erano appena venuti. Dopo la vostra missione di ieri sera li abbiamo rallentati, questo è vero, ma dobbiamo anche aver riacceso i sospetti di qualcuno, sia qui che oltre mare. Devi andare nella Vecchia Europa e far perdere quanto più tempo possibile al cacciatore che ti metteranno alle calcagna» dice lui. «E a che scopo, Bill?» chiedo. «Allo scopo di dar loro la flebile speranza di catturare un Luminescente in questo millennio, Jorge, di far inseguir loro un'illusione affinché non si concentrino sui Luminescenti che abbiamo qui» esclama, innervosendosi. «E perché non può finire Celeste il lavoro che lei ha iniziato?! Perché non possono farlo quelli della Vecchia Europa?!» sbotto. «Perché Celeste è in missione, è già partita, ed è già fuori portata» dice lui, serafico, guardandomi fisso negli occhi. «Quale missione?» chiedo, pregando che non sia ciò che penso. «Sarà i nostri occhi dove i nostri sistemi non riescono ad arrivare» dice, mentre io continuo a sentirmi sprofondare. «La proposta è passata» biascico io. Dannazione, DANNAZIONE!

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