Gli Squarci

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JORGE

Lascio che la Luminescenza mi illumini il palmo mentre cammino per i corridoi del Nucleo, diretto alla Galleria. Ormai non faccio più nemmeno caso a dove mi trovo, i miei piedi sono così abituati a battere questi luoghi che si dirigono direttamente lì dove voglio andare. Arrivato in Galleria mi perdo nella fiumana di gente che si dirige verso la mensa, io però prendo la direzione opposta, addentrandomi sempre di più nel dedalo di corridoi costellati da vetrine oscurate e alloggi. Non riesco a scrollarmi di dosso questo alone di ansia e preoccupazione, non riesco a far cambiare direzione ai miei pensieri che imperterritamente ritornano su di lei, sul suo volto rigato di lacrime, pietrificato dall'ansia, sui suoi avambracci illuminati di blu. Prendo un profondo respiro, sperando quantomeno di stemperare quest'angoscia, ma non sortisce alcun effetto, il pilastro emozionale rimane lì. Ma ciò che è peggio è che non mi capisco. Non capisco perché questa preoccupazione e quest'ansia perdurino. Comprendo il picco emozionale di quando si è illuminata e ho capito che non sarebbe riuscita a controllarsi, questo mi è capitato già innumerevoli volte con Jamie, Giorgiana e Seth, ma con nessuno di loro mi sono ridotto in questo stato. Sarà colpa di tutti gli altri pensieri che mi orbitano nel cervello, della Notte di Luce che incombe, di quell'improponibile proposta di infiltrare qualcuno di noi nelle Forze Unificate. È quello, continuo a dirmi, la consapevolezza che Celeste sta pensando di offrirsi volontaria per questa missione suicida della malora.

La Luminescenza si fa più intensa, tenerla inglobata inizia a costarmi troppa fatica, ma non posso ancora allentare la presa lasciando che mi illumini tutto il braccio. Qui al Nucleo potrei farlo, in teoria, senza problemi, potrei lasciarmi andare, ma di fatto non lo faccio mai, penso sia meglio tenere per me l'effettiva profondità delle mie emozioni. Lasciare che tutti vedano...mi provoca un senso di insicurezza tanto profondo da farmi torcere lo stomaco. Basta già la Luminescenza in sé a mostrare più di quel che qualunque essere umano vorrebbe tenersi per sé. Qui, peraltro, mi conoscono praticamente tutti. Sarà per la mia vicinanza con Bill o perché a Metropolys sono ormai arrivato a piani troppo alti perché la gente non sappia chi io sia o semplicemente perché io, Stan e Selene siamo qui ormai da quasi dieci anni e in qualunque corridoio trovo qualcuno che mi fa un cenno di saluto. Ma in qualunque posto ho gli occhi di qualcuno addosso, altrimenti la notizia di Lara, una mia Prismatica, non si sarebbe diffusa prima ancora che arrivassimo al Nucleo, senza contare quanto velocemente il fatto che io l'abbia portata con me da Dean abbia fatto mormorare persone con le quali ho rapporti relativi. Mi torna in mente il sorrisetto di Tony in mensa e lo stesso moto di stizza e nervosismo risale lungo il mio stomaco diramandosi ad ondate in tutto il mio corpo. Il globo si ingrandisce, la luce si fa più intensa, così affretto il passo.

Inizio a comprendere forse perché Lara si senta così di peso, perché pensa d'essermi d'intralcio, più di quanto abbia mai fatto Jamie, più di quanto non abbiano fatto Seth e Giorgiana. Il peso di questa indesiderata popolarità si sta riflettendo su di lei e lo sta inglobando dentro di sé creandosi ansie e aspettative che in realtà per me non hanno alcun peso, aggiungendole alle sue, alla sua insicurezza di fondo. Sbuffo di nuovo, la sua situazione mi è più chiara ma parlarne con lei affinché sciolga questo nodo sarà un'odissea. Chissà sotto quanti strati di pensieri è nascosto questo ostacolo. Busso alla porta della camera di Selene, il rumore della mia stessa mano sul vetro oscurato della porta smorza un po' il mio flusso mentale. «Entra» la voce di Stan arriva ovattata dall'interno della camera. Apro la porta, l'immensa camera di Selene mi si apre davanti, soffusamente illuminata, con una stravecchia macchina per cucire in un angolo, un enorme armadio con le ante specchiate alla mia destra, le pareti dipinte di blu, bianco e giallo che richiamano la fantasia di un vecchio quadro delle ere passate. Lei è seduta sul divanetto posto nell'angolo opposto alla macchina per cucire, Stan è stravaccato sul letto matrimoniale che occupa la restante parte della stanza, una postazione da toeletta è posta dietro la porta. «La tua dannata camera è la più interna in questo stramaledetto labirinto di corridoi» esclamo, chiudendomi la porta alle spalle e sedendomi a terra, di schiena contro la porta. Lascio che la Luminescenza mi risalga lungo tutto il braccio, mi sento immediatamente meglio. Appoggio la testa alla porta e chiudo istintivamente gli occhi mentre sento l'agglomerato emozionale lasciare il corpo e attenuarsi.

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