In The Distance

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LARA

Rigiro svogliatamente il cucchiaio nel piatto lasciato a metà, rimuginando su ciò che è successo appena un'ora fa. Mi sento la mente pesante, i pensieri attorcigliati su loro stessi come serpenti. Jorge. Continuo a guardare da lontano il suo pensiero senza però avvicinarmi troppo, ogni volta che raccolgo il coraggio di fare un passo avanti non mi sembra mai il caso di arrischiarsi. Jorge, Jorge, Jorge. Il suo nome è tutto ciò a cui riesco a pensare riuscendo a tenere questo alone di ansia a bada. Non può essere, mi ripeto, non può essere lui la causa della mia instabilità, perché dovrebbe essere lui? La mia mente mi deride, l'eco di una risposta aleggia fra i corridoi della mia mente, il mio stomaco inizia a formicolare, segno che la Luminescenza sta per risvegliarsi. Sospiro, cercando nuovamente di raccogliere abbastanza coraggio per lasciare che l'eco nella mia mente diventi voce, ma so già che nel momento in cui lo farà griderà sempre più forte e io...io non sono convinta di riuscire a gestirla questa risposta, non sono convinta che iniziare a rimuginarci porterà a qualcosa di positivo. Sbuffo, rendendomi conto ad un tratto che c'è qualcos'altro che manca, che uno strano silenzio proviene dall'altra parte del tavolo.

Alzo gli occhi su Malik, che lentamente mangia la sua zuppa, come sempre, senza però infierire su di me che invece non la sto mangiando. Rimango a fissarlo, i suoi tratti spigolosi non sono tesi, ma ha lo sguardo velato da qualcosa, pensieri che offuscano i suoi occhi come le nuvole la luna, fin quando le sue iridi non incontrano le mie in un fluido, unico movimento. «Se pensi che non mi sia accorto che non stai mangiando ti sbagli» esclama, il suo tono è meno tagliente del solito, ma solo perché i suoi pensieri si sono appena interrotti, gli serve giusto il tempo di ricaricarsi e per oggi pomeriggio sarà di nuovo in formissima come sempre, ne sono certa. «Che tu lo sappia non ho dubbi. Eppure sei altrove, ultimamente, oggi ti frega poco che non sto mangiando» dico. «Anche tu sei più altrove del solito, oggi» controbatte lui, non intendendo neanche lontanamente dirmi a cosa sta pensando, ignaro del fatto che io lo sappia già. Però comunque ha notato me, e forse è il caso di schermarmi un po' di più, perché tutto ciò che nota lui può notarlo anche Jorge e io non ho voglia di spiegarmi con nessuno dei due, senza contare che al momento non sono riuscita a spiegarmi neanche a me stessa. Non hai voluto risponderti, mi gridano i miei pensieri. Sbuffo, di nuovo.

«Cosa c'è, problemi di qualche tipo?» chiede Malik, il suo tono è annoiato, a stento riesce a celare la trama di nervosismo che lo compone. Non riesco a capire se ce l'abbia con me o con qualcun'altro. «Come se Jorge...» dico, ma mi interrompe, e anche bruscamente. «Oh sì, come se Jorge già non me l'avesse detto ma se mi importasse non te lo chiederei!» esclama, guardandomi con aria di sfida. Un macigno mi cade sullo stomaco, sospiro di nuovo. Non ho davvero voglia di discutere con lui. «Devo imparare a chiamare la Luminescenza, ancora» dico flemmatica, «questo è il problema, contento adesso?» gli chiedo, lui scuote la testa. «No, per niente» risponde, allontanando da sé la zuppa. Io distolgo lo sguardo, non mi preoccupo neanche di chiedergli cosa pretende da me oggi, se la prenderà con me in allenamento per non aver ottenuto ciò che voleva a prescindere e tanto vale che queste ore le passi da qualche parte in tranquillità. Ma non posso alzarmi finché lui non mi da il permesso.

«Dean» lo sento esclamare poi, sorpreso. Mi volto, incontrando il sorriso di Dean alle mie spalle. «La piccola Jackson» esclama, «ho qualcosa per te» dice, posando sul tavolo un sacchetto di carta. Ci guardo dentro: biscotti al cioccolato, latte alla ciliegia, un paio di lattine di quella bevanda stucchevole che ho bevuto al Between, direttamente da Metropolys. «Come facevi a...» dico, «Jorge me li ha chiesti un paio di settimane fa, mi ha detto che non stavi mangiando molto» dice, sorridendo. «Io...grazie davvero» dico, sentendo un grande sorriso allargarsi sul mio viso. «Tutto il resto lo hanno Jamie e Seth, potete evitare la mensa per un paio di sere» dice, contento anche lui di averci fatto un favore. «Non c'è bisogno che io te lo dica...» dice poi Malik, guardandomi. «Sì sì, sarò qui a pranzo con te per il resto dei miei giorni» dico, scocciata. «Solo fin quando non sarò "contento", come dici tu» dice lui. «Appunto» controbatto io, «per il resto dei miei giorni. Tu non sei mai contento Malik, e in questi giorni meno del solito. Qualunque sia l'accidenti che ti ha preso non prendertela con me» sbraito, alzandomi senza aspettare il suo permesso. «Grazie davvero Dean, ne avevo bisogno» dico, «di nulla piccola, ci vediamo in giro» dice, alzando una mano in cenno di saluto. Io gli sorrido prima di voltarmi e incamminarmi fuori dalla mensa, vassoio in mano, lanciando un ultimo sguardo a Malik. Il suo mezzo sorriso beffardo gli campeggia sulla faccia.

The Color Of City LightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora