La seduta appena conclusa aveva lasciato Draco frastornato e profondamente amareggiato.
Soprattutto, era stato il comportamento feroce e, francamente, esagerato della Willowitch a ferirlo. Nel corso di quei lunghi mesi, passati a macerarsi nel suo studio, aveva imparato ad apprezzare le qualità dell'affascinante guaritrice.
Si fidava di lei per la sua straordinaria capacità di spolverare e portare alla luce gli anfratti più bui ed incagliati della sua anima lacerata. Adorava il suo pungente senso dell'umorismo, i suoi commenti sardonici e taglienti, così come si era affezionato alla sua risata cristallina. A quella strampalata biondina dagli occhi turchesi doveva tutto. Soltanto grazie a Columbine aveva incominciato a tollerare meglio se stesso e le proprie pulsioni, altrimenti impossibili da sedare ed incanalare. Lo aveva preso per mano, lo aveva coccolato con il suono della sua voce rassicurante quando tutto intorno a lui sembrava essere in procinto di crollare. Era stata proprio lei ad infondergli il coraggio necessario per avvicinarsi ad Harry.
Una fitta di rimpianto e rimorso gli mozzò il respiro: decise di stroncare il pensiero sul nascere. Non aveva la forza per rimuginare sul tradimento che aveva compiuto ai danni dell'unica persona meritevole di affetto nella sua vita. Non aveva il coraggio di indugiare nel senso di colpa e nella frustrazione in cui già sguazzava.
Inoltre, un'idea continuava a frullargli in testa, non lasciandogli scampo. Forse era impazzito però ... credeva che Columbine si fosse presa una specie di cotta delirante nei suoi confronti. Gli venne da ridere: quel pensiero era semplicemente assurdo. La guaritrice si era sempre comportata in modo ineccepibile con lui, mai travalicando il confine del delicatissimo rapporto medico-paziente.
Eppure, quando gli aveva raccontato della sua imbarazzante esperienza con Pansy, il sorriso caldo ed accogliente in cui era solito tuffarsi, le si era sgretolato sul viso. Improvvisamente era apparsa risentita, infastidita... forse gelosa?
Lo aveva attaccato come una belva, accusandolo di immaturità, mancanza di rispetto e tradimento nei confronti di Harry. Aveva persino paventato la catastrofica eventualità che Pansy fosse rimasta incinta! ( Un bambino! Con Pansy! Avrebbe dovuto chiederle al più presto notizie del suo ciclo mestruale: una prospettiva entusiasmante, insomma.)Columbine si era lasciata coinvolgere troppo nella sua esistenza. In parte, la colpa era stata anche sua, visto che le aveva consegnato su di un piatto d'argento le chiavi d'accesso della sua anima.
Scrollò le spalle, colto da un improvviso attacco di stanchezza. Si strofinò con la punta delle dita affusolate le tempie doloranti, desideroso di tornare a casa il prima possibile.Ancora meditabondo, le mani infilate nelle tasche, Draco continuò a camminare; preso com'era da se stesso e martellato dai propri pensieri, non si accorse di aver superato uno dei suoi luoghi preferiti. Il parchetto in cui lui ed Harry si erano ritrovati, era diventato una sorta di tappa obbligata per lui.
Era solito soffermarsi a pochi passi dalla panchina su cui Harry era seduto quel pomeriggio inoltrato d'autunno. Respirava a fondo, socchiudendo gli occhi, lasciando che i ricordi e le emozioni lo avvolgessero in un abbraccio rassicurante. Adorava guardarsi intorno, contemplando con lo sguardo quello che , intimamente, considerava il luogo della rinascita.
Rabbia, paura, timore, desiderio, attrazione, amore si erano mescolati in lui, facendolo sentire finalmente vivo. La conversazione stentata che avevano imbastito, l'imbarazzante silenzio che n'era seguito, gli impacciati movimenti per riuscire a sfiorarsi in maniera casuale: erano questi gli istanti che lo avevano reso consapevole di essere ancora capace di provare emozioni. Di amare.
Nel momento stesso in cui i suoi occhi si erano posati sulla figura di Harry, tutto era cambiato.I suoi incubi si erano trasformati in sogni, meritevoli di essere realizzati.
STAI LEGGENDO
IN TREATMENT
Fiksi Penggemar"Draco" lo chiamò sorridendogli. "Sì, Madre" rispose automaticamente lui, rivolgendole uno sguardo interrogativo. "Penso che sia arrivato il momento di parlare del tuo piccolo ... disturbo notturno" Il diciottenne si irrigidì immediatamente, mentre...