Capitolo 7

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Lorenzo pov.

So che quello che sto facendo è sbagliato, mi è capitato spesso di ripensare alle svariate azioni sbagliate della mia vita, la prima, forse, è stata iscrivermi a youtube, se non mi fosse mai passata quella stupida idea per la testa ora non sarei in piena notte a cercare di prendere le chiavi della macchina di mio padre senza svegliarlo, senza fare rumore e senza destare sospetti.

Alzo il cappuccio della felpa nera in modo da coprire la parte superiore del viso.
Chiudo la porta dei miei e metto lo zaino in spalla.
Cammino per il corridoio che conduce all'uscita, un breve corridoio, che con quest'oscurità, e questo silenzio sembra infinito.
Abbasso silenziosamente la maniglia, e apro la porta.
L'oscurità si prende gioco di me, creando fasci di luce invisibili, i lampioni in lontananza creano un percorso di stelle luminose.

Esco e chiudo lentamente la porta.
Inizio a correre verso la macchina e apro velocemente la porta.
Mi siedo sul sedile e metto le mani sul volante.
Ed è in questo momento che il panico prende possesso di me.
Rimango immobile mentre immagini di un passato remoto, scorrono nella mia mente, si accavallano, si confondono.
Ed in questo momento ricordo che non so guidare.

Respiro affannosamente, ormai il gioco è fatto, non si può più tornare indietro.
Appena accenderò il motore, avrò dieci secondi prima che mio padre si svegli.
Prendo un respiro profondo e mi concedo un attimo per guardare le stelle, guardarle forse, per l'ultima volta.

Se qualcuno fosse stato presente, avrebbe visto un unico velocissimo movimento, ma per me è stato diverso.
Ogni secondo rimbombava nella mia testa come il ticchettio di un orologio...

1
Inserisco la chiave

2
Giro la chiave

3
Abbasso la frizione

4
Inserisco la prima

5
Abbasso il freno a mano

6
Alzo la frizione

7
Accelero

Con tre secondi di anticipo svolto nel vialetto, e sfrecciando via, scorgo appena la luce della stanza che si accendono.

Svolto in un quartiere periferico distante pochi chilometri da me e parcheggio la macchina pochi metri dopo.

Il cappuccio m'impedisce la completa visuale del posto, ma alzarlo anche solo di pochi centimetri potrebbe farmi correre un rischio che non voglio affrontare.
Vago per diversi appartamenti, in silenzio, con la torcia del cellulare accesa.
Nella mia mente ora si fa spazio una sola emozione, la paura.
Quella che ti dice di fermarti e di tornare indietro.
Ma non le do ascolto e continuo lungo la strada fantasma.

Mi fermo davanti un appartamento malandato e tiro fuori dalla tasca dei jeans una forcina.
Aprire la serratura della casa non risulta complicato, al contrario lo è aprire la porta senza farla cigolare.

Lentamente entro nell'appartamento.
Riconosco subito il divano sul quale mi sono seduto decine di volte, lo scanso lentamente e mi avvio verso il corridoio.
La stanza dei genitori di Margo è aperta.
Presto attenzione a non farmi vedere e arrivo davanti alla porta di Margo, altrettanto chiusa.
Apro lo zaino e dalla tasca anteriore prendo il rotolo di scotch.
Poi lentamente abbasso la maniglia malandata.

Margo è distesa sul suo letto.
Gli occhi chiusi, e le labbra che mostrano un tenero sorriso.
Mi avvicino cautamente al letto e con i denti stacco un pezzo di scotch.
Lentamente lo appoggio sulle labbra e inizio a premere per farlo aderire.
Lei si muove, mugola qualcosa e torna a dormire profondamente.
Tiro un sospiro di sollievo.

Aspetto qualche minuto prima di andare in bagno.
Prendo un bicchiere e lo riempio d'acqua.
Mi faccio strada nuovamente lungo il corridoio, fermandomi stavolta davanti alla camera dei genitori di Margo.
Mi accovaccio e con attenzione lascio cadere l'acqua a terra.
Poso il bicchiere accanto alla porta e mi allontano cautamente.

Guardo Margo dormire beatamente, incosciente di ciò che le sta per succedere.
Accarezzo i suoi capelli color grano, e quasi riesco ad immaginare i suoi occhi azzurri che si fondono ai miei color nocciola con un solo sguardo.
In un primo momento avevo pensato a prenderla in braccio e portarla incoscientemente in macchina.
Solo dopo mi sono reso conto di non poterla sollevare in braccio per più di cinque secondi.
E qui inizia il piano B.
Svegliarla e trascinarla con me.

Non esiste un momento giusto, ogni attimo potrebbe essere quello giusto, o quello sbagliato.
E improvvisamente decido di farlo.
Le tiro i capelli e lei spalanca di colpo gli occhi.
Per qualche secondo mi guarda, tenta di urlare, ma lo scotch glielo impedisce, prima che possa fare qualsiasi cosa, le salto addosso, e con un rapido movimento le lego le mani dietro la schiena con l'intero rotolo di scotch che non mi sono preso la liberta di tagliare.
Lei mugola disperata, ma è tutto inutile.
-Silenzio Margo-
Al contrario inizia a mugolare più forte e tenta di strappare lo scotch con i denti.
-Non ti farò nulla, ma ho bisogno che non urli-
Lei mi guarda con occhi supplicanti e annuisce.
-Ora lentamente alzati e seguimi in macchina-
Abbassa le sopracciglia e con fare infuriato scuote la testa.
Almeno ha smesso di mugolare.
-Se non vieni tu di tua spontea volontà ti ci porto io con la forza, cosa vogliamo fare?-
Per qualche attimo mi fissa.
O almeno penso.
La felpa continua ad oscurarmi parte della visuale.
Poi inizia a battere con la testa contro il muro abbastanza forte da fare rumore.
La lampada della camera dei genitori si accende.
-Come vuoi- la afferro per un braccio e la trascino velocemente fuori dalla camera.

Riesco a fare abbastanza forza da contrastare i suoi movimenti, e in pochi secondi siamo accanto l'entrata ancora aperta.
Lei si lamenta disperatamente e inizia a piangere.
E la trascino giusto in tempo fuori da riuscire a vedere quello che sarebbe potuto essere il mio futuro suocero, scivolare e sbattere violentemente a terra.
Ormai il gioco è iniziato.
Favij ha cliccato start.
Lorenzo ha preso in mano il joystick.
In gioco però c'è davvero la vita.
Ed è una sola.
Ed io me la sto giocando.

Double Sided ||Lorenzo Ostuni/FavijDove le storie prendono vita. Scoprilo ora