Capitolo 15 PRIMAVERA

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14.

PRIMAVERA

Aurelìe

Non credevo esistesse un bianco più intenso di quello che tutti conosciamo. E parlo di un bianco che ti acceca e che ti riempie di luce gli occhi fin dentro all'anima, non il flash delle macchine fotografiche, certo, ma parlo di quella luce bianca e pura che non esiste da nessuna parte se non negli occhi di Dio.

Si, penso di essere in paradiso, di essermi catapultata qui all'improvviso senza sapere perché.

Quando apro gli occhi questo bianco mi destabilizza; mi alzo a sedere scoprendomi distesa sull'asfalto. Mi tiro in piedi e mi guardo attorno accigliata scoprendomi immersa in un silenzio assordante al centro di una strada che non conosco, tra case mute e semafori spenti.

Non c'è vita, se non fosse per una farfalla rosa che si poggia sulla mia mano per poi volare via.

La guardo volteggiare nell'aria nella sua leggerezza verso la luce del sole e mi sento leggera, come non mi sentivo da tempo.

Passeggio in mezzo alla strada cercando di capire, e stranamente non mi lascio prendere dal panico; mi sembra irreale tutto questo, come se in realtà non fosse altro che un sogno dal quale prima o poi ti devi svegliare. Ma qui, io sto così bene.

Gli alberi che decorano il marciapiede sono in fiore, le foglie sono di un verde vivo, un cinguettio proviene dai rami. Non riesco a vedere gli uccellini, ma è come se sussurrassero qualcosa; io non li capisco.

Sembra che sia arrivata la primavera.

Si alzano in volo all'improvviso, andandosi a nascondere tra i rami di un altro albero dalla parte opposta della strada.

Non vi sono macchine, i negozi sono aperti, le vetrine bell'allestite, ma non c'è nessun'altro oltre a me.

Chiudo gli occhi solo allora, respirando quella pace.

È come un tonfo, un rumore assordante di clacson, urti e urla mi sbatte contro i timpani. Urlo sentendo all'improvviso tanto dolore, mi porto le mani a tapparmi le orecchie, l'aria mi viene meno ed in un attimo non sono più qui, sento il mio cuore battere in petto, rendendomi conto di come l'attimo prima anch'esso taceva.

Quando apro gli occhi non sento più nulla, se non il panico pervadermi l'anima.

Della pioggia mi cade addosso, ma non mi bagna. Mi chiedo se sia vero alzando gli occhi al cielo grigio su di me, se tutto questo lo sia davvero, e quando torno con lo sguardo a fissare le cose attorno a me vedo del sangue a terra, vetri rotti, pali della luce storti e uno sfarfallio nelle loro lampade.

Urlo fino a svuotare i polmoni ed è come uno squarcio il tuono sopra alla mia testa che mi inghiotte altrove.

Casa mia.

Apro il portone in fretta e furia, forse questa è la volta buona per chiarire le cose con i miei genitori. Salgo le scale saltando i gradi 3 per volta e quando apro il portone mi aspetto che Dorry mi salti addosso.

Ma non succede.

<<Mamma?>> cerco in cucina con l'affanno.

<<Papà!>>

Ma nessuno mi risponde, nessuno mi corre incontro a proteggermi nelle loro braccia mentre il mondo là fuori cade a pezzi.

Fisso le stanze, la mia cameretta, ed è tutto come lo ricordavo nel suo perfetto disordine, con le mie cose ancora sulla sedia, come se io non me ne fossi mai andata, tranne per una bambola sul letto che non riconosco.

Le foto che non ho scattatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora