2. Eredito un contratto.

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Rimasi lì, scioccata, a fissare quegli occhi dorati che mi squadravano da capo a piedi.
«I-io...» provai a dire.
"Altro che scheletri nell'armadio."
«Umani... Sempre la stessa storia.» sbuffò e le iridi dorate ruotarono. Si sentì il rumore delle catena più forte, come se la cosa che stavano tenendo legata si stesse divincolando. Ed effettivamente era così.
In poco meno di dieci minuti le catene si spezzarono; pezzi d'argento e ferro caddero ai miei piedi, che ancora si rifiutavano di muoversi.
Dall'armadio uscì una figura nera, gli occhi dorati scintillanti nella penombra.
«Faith, cosa...» domandò mio padre, ma ammutolì quando vide la figura. Anche il resto della mia famiglia si fece silenziosa. Gli occhi puntati sulla cosa uscita dall'armadio.
«Dov'è Morgan?» chiese con voce soffusa la figura. «Rispondete!»
«Nonno è morto... Un mese fa all'incirca.» spiegai io, dal momento che gli altri sembravano aver perso la lingua.
«Morto?» gli occhi dorati si illuminarono. «Quindi posso andarmene da qui.»
Con una velocità impossibile raggiunse la porta, ma quando cercò di attraversarla, una barriera bianca glielo impedì, bruciandolo. Un odore acre si diffuse in tutta la stanza. La figura si girò di scatto, furiosa.
«Che storia è questa? Morgan Blacke è morto oramai! Dovrei essere libero!» urlò furioso.
«Ha lasciato in eredità una chiave... A Faith.» disse mia cugina, indicandomi. Nascosi la chiave dietro la schiena, ma la figura l'aveva già notata.
«Quel bastardo!»
Si avvicinò a me e prese la chiave dalle mie mani, ma questa lo bruciò, esattamente come aveva fatto la porta.
«Un eredità... Sono stato lasciato in eredità.» sibilò velenoso. «Me la pagherà, ma per ora mi serve un contraente.»
Mia zia tentò di protestare, ma qualunque cosa egli fosse, la zittà con un'occhiata. Andò dall'esecutore, che nel frattempo era anche svenuto, e gli strappò la lettera dalle mani.
«Faith Blacke...» lesse e poi guardò me e Crystal. «Al vecchio deve essere andato di volta il cervello: il mio contraente deve essere un primogenito maschio.»
«Mio fratello Stephan è il primogenito.» disse mio padre, intimidito. Mi sorprese vederlo così: non era mai intimidito. Era solitamente una persona sicura di sè e quell'aspetto di lui mi lasciò interdetta.
«È troppo vecchio.» decretò l'essere e notai mio zio mettere il broncio.
«Non mi servono delle mummie! Però immagino che i figli di Morgan abbiano superato tutti la quarantina.» pensò e poi gli occhi dorati si posarono su Crystal e su di me.
«Voi dovete essere le nipoti del vecchio. Non siete maschi, ma potreste essere adatte a me.» disse, con una luce negli occhi che non mi piaceva per nulla. «Chi è la primogenita?»
«Io.» disse Crystal, insicura.
La figura si diresse verso di lei, ma prima che mia cugina potesse fare qualcosa, la cosa le mi se una mano sulla fronte, chiudendo gli occhi.
Si ritrasse dopo poco, ma la sua espressione non mi sembrava contenta.
«Tu non sei una Blacke! E la tua anima è davvero scadente. Non meriti un contratto con me.»
A quel punto, lentamente, si girò verso di me, incastrando gli occhi dorati nei miei.
«Tu.» disse e io spalancai gli occhi, avvertendo le sue dita fredde sulla mia fronte.
In un momento tutti i miei ricordi mi passarono davanti come in un cortometraggio.
Rividi la mia prima recita a scuola, la mia prima medaglia di pattinaggio artistico, la mia prima rissa con i bulli... Tutto.
Piano, ritirò la mano e la mia testa smise di girare.
«Tu sei la prima discendente diretta dei Blacke.» guardò la chiave d'argento.« E anche colei a cui Morgan ha lasciato la chiave. Ho deciso: sarai tu a fare il contratto con me.». Annunciò deciso.
«Io non voglio fare un contratto con te!» dissi, scrollandomi di dosso la timidezza. «E poi chi ti ha detto che potevi guardare i miei ricordi come se nulla fosse?»
«Hai la più pallida idea di con chi tu stia parlando, ragazzina?» chiese furioso.
«Non capisco più nulla!» esplose mia nonna. «Chi sei tu? Perchè Morgan ti teneva qui?»
«Taci un pò, vecchia.» le ordinò scocciato la figura.
«Non parlarle in questo modo!» lo strillai.
«Non puoi darmi ordini, stupida! Non sei una mia contraente.»
"Contraente?"
Dove avevo già sentito questa parola?
«Ad ogni modo, vi darò spiegazioni, in modo che la finiate di starnazzare.»
Gli occhi dorati si posarono su una candela nera, che si accese immediatamente. La fiammella rivelò bei lineamenti, appartenenti ad un uomo sulla quarantina. I lunghi capelli neri calavano sul viso e la sua pelle era di un pallore mortale.
«Morgan Blacke aveva un contratto con me, un demone, creatura maligna o qualunque altra cosa strampalata pensiate. Era il 99esimo contraente della famiglia Blacke ed ora è morto. Al suo posto deve essere citato nel testamento un nuovo contraente che deve essere maschio, primogenito, e dell'età massima di diciotto anni.» mi mostrò il simbolo di una chiave, identica alla mia, disegnata sulla mano sinistra. «Il compito del contraente è stipulare un contratto con il demone del casato. Al momento esistono cinque demoni maggiori, ognuno custodito nella magione delle famiglie più importanti di Londra.»
Rimasi a bocca aperta, rigirandomi la chiave tra le mani e escoltandolo con attenzione.
«Ora, ragazzina, intendi sbrigarti a stipulare il contratto o no?» chiese impaziente.
"Nonno mi ha lasciato in eredità un demone?"
Annuì, cercando di riordinare le informazioni che avevano mandato in tilt il mio cervello. Lui mi si avvicinò, congelandomi con gli occhi dorati. Prese la mia testa tra le mani gelide, costringendomi a stare ferma.
Chiusi gli occhi, mentre si avvicinava con il viso.
Qualcosa di gelido toccò la mia fronte, ma si ritirò subito.
Aprì gli occhi e la figura mi osservava scettica.
«Be? Il contratto?» chiesi confusa.
«Abbiamo terminato. Che ti aspettavi? Qualcosa degno di Hollywood?» mi prese in giro.
Sbuffai e mi legai la chiave d'argento al collo.
«Ad ogni modo sono Armaros, demone del casato Blacke.» si presentò a me, facendo un cenno con la testa.
«Piuttosto...» si rivolse ai miei familiari. «Immagino che da oggi Faith rimarrà a vivere qui, in questa casa, quindi vi prego di sbrigarvi a fare il trasloco.»
Detto questo, tornò nell'armadio, chiudendo le ante dietro di sè.
«Cosa?!» chiesi indignata. «Ma come osi? Torna fuori! Non mi importa cosa sei!»
Corsi all'armadio, inserendo la chiave nella serratura, ma venni respinta.
Una delle ante si aprì piano e Armaros mi squadrò con fare scocciato.
«Ascolta ragazzina, mai sentito il detto "mai svegliare il demone che dorme"? Ora fila a traslocare.»
Detto questo, sparì per sempre. Ero così arrabbiata che tirai un calcio all'armadio, dirigendomi a granfi passi verso l'uscita.
Una volta tornati su, facemmo rinvenire l'esecutore, che se ne andò non appena gli fu possibile, mezzo traumatizzato.
Mia nonna, poi, si rivolse a me. «Andrò a prepararti la stanza Faith.»
«Davvero credi che rimarrò qui?» chiesi scettica.
«Ascolta Faith. Io ho sempre rispettato tuo nonno e ciò che lo interessava, ma qui ci sono in gioco forze più potenti di noi.» spiegò, come se sapesse davvero quello che stava dicendo. «Fa come dice tesoro, poi si vedrà.»
Sbuffai e tornai a casa per preparare il trasloco.
" Avrebbe potuto lasciarmi un manuale di istruzioni già che c'era." pensai, mentre ficcavo in valigia tutto quello che potevo.
«Nonno... Che diamine hai combinato?» chiesi a voce alta, toccando la chiave d'argento al mio collo.

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