8. Rinchiudo un demone nell'armadio.

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«Sono a casa!» dissi sottovoce per evitare di svegliare la nonna.
«Sei mai andata via?»
Armaros mi apparve dietro e, a giudicare dalla faccia irritata, non era molto contento.
Alzai gli occhi al cielo. «Si e stavo anche per venire uccisa.»
Parve bloccarsi, squadrandomi con gli occhi dorati. Notò allora la benda che mi avvolgeva il braccio.
«Sei ferita!» constatò.
«Wow, grande intuizione Scherlock.» risposi, facendogli il verso. «Io me ne vado a dormire.»
Stavo per salire le scale che portavano al piano superiore quando Armaros mi afferrò il braccio e strattonò verso di lui.
«Sento odore di demone.»
Lo guardai e mi misi sulla difensiva. «Due di loro mi hanno attaccata.» rivelai ad occhi bassi.
Armaros mi guardò, analizzandomi con i grandi occhi dorati.
«E perchè non sei a fette?»
Sbuffai, irritata e mi liberai dalla sua stretta. «Forse perchè qualcuno mi ha aiutata?»
Sbarrò gli occhi.
«E sai cosa Armaros? Un demone maggiore mi ha salvata!» gli urlai contro.
"Al diavolo il silenzio! Tanto nonna è un sasso."
Mi avviai verso le scale a grandi passi, ma poi mi girai a metà scalinata.
«E sai una cosa? Si è anche preoccupato di farmi mangiare.» gridai, per poi dirigermi a grandi passi verso camera mia e sbattere la porta.
Mi cambiai velocemente per poi infilarmi nel letto. Detti un'occhiata alla stanza, ammirando i mobili in legno e le mie cose sparse da tutte le parti; osservai la collezione di palle di neve, che contenevano i ricordi a me più cari; le mie collane appese alla chiave dell'armadio; i miei libri per terra, dal momento che avevo la libreria piena.
Mi rigirai nel letto fino a quando i miei occhi non incontrarono un' incisione sul comodino accanto al mio letto.
Quella era stata la camera di mio padre, quando ancora viveva con nonno Morgan e nonna Catherine; aveva intagliato un cuore con all'interno S+L, le iniziali dei miei genitori. La sfiorai con delicatezza, facendomi cullare dai ricordi che suscitavano in me, fino a quando non sprofondai nel sonno.

Nel mio sogno correvo nel buio, rincorsa da creature senza una forma precisa, sbavanti e rumorose. Urlavano tutte "La chiave... La chiave". Io non osavo voltarmi per paura di rimanere paralizzata dal loro volto grottesco: correvo e basta.
A causa del buio non vidi un burrone davanti a me e ci caddi dentro, mentre urlavo a squarciagola. L'aria rovente che saliva dal burrone mi ustionava la pelle, causandomi dolore; con difficoltà socchiusi gli occhi, cercando di capire dove sarei caduta. In basso vi erano schiere e schiere di demoni, uno più brutto dell'altro, i quali mi stavano aspettando con le fauci e le zabne pronte.
Urlai sul serio a quel punto, terrorizzata.

Aprì gli occhi, respirando a fatica e madida di sudore. Stringevo le coperte nei pugni e mi ero completamente appallottolata su me stessa.
C'era anche qualcos'altro che mi stringeva però.
Misi a fuoco un'ombra scura che mi avvolgeva i fianchi e il torace.
«Fai un chiasso incredibile ragazzina.»
Sbuffai. «Se sei qui per farmi innervosire, allora vattene. Non sono dell'umore.»
«Non sono così cattivo come pensi.» sussurrò, stringendomi. «Sono accorso non appena ti ho sentita gridare.»
Lo guardai, incredula e sospettosa allo stesso tempo; tirai su con il naso e ordinai alle lacrime di non uscire.
«Ho paura Armaros.» rivelai, abbassando lo sguardo.
Mi accarezzò la testa. «Va tutto bene, ragazzina.»
Le carezze mi aiutarono a calmarmi; ero talmente assorta dalle carezze che non mi accorsi di Armaros che si avvicinava. Ritornai in me solo quando le sue labbra erano ad un centimetro dalle mie.
Di colpo mi tornò in mente ciò che Hauros aveva fatto alla cameriera del pub, baciandola. Mi allontanai con uno scatto, cadendo dal letto e i rimisi in piedi subito.
«Cosa stavi facendo?» domandai, afferrando la chiave. «Armaros, ti ordino...»
«Faith non farlo!» gridò il demone, scattando per sfilarmi la chiave dalle mani.
«... Di tornare nei sotterranei.»
Armaros scomparve, probabilmente rinchiuso nell' armadio dove io l'avevo trovato.
Iniziai a piangere, stringendo la chiave a me; corsi di sotto i pigiama e misi gli stivali per poi uscire.
Ero diventata scema? Si, probabile.
Il vento freddo di Gennaio mi colpí in pieno, facendomi rabbrividire.
In meno di una settimana la mia migliore amica aveva cercato di cancellarmi la memoria, ero stata attaccata da dei demoni e ora Armaros aveva cercato di uccidermi.
Corsi per le strade di Londra in pigiama, mentre le lacrime si congelavano sulle mie guance; volevo scappare da lì, ricominciare da zero, rifarmi la mia vita... Volevo che la storia dei demoni fosse solo una favola e che qualcuno chiudesse quel dannato libro, facendo sparire questo incubo.
La ferita al braccio mi faceva male, ma sopportai il dolore.
Ero una ragazza in pigiama che correva senza una meta alle tre di notte.
Dopo un'ora di girovagare senza una meta, mi accasciai sulle scale di una villa e svenni, sebbene volessi semplicemente morire.

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