12. Rischio l'assideramento

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La settimana passò piuttosto normalmente: non avemmo terremoti, tempeste glaciali, inondazioni o cose simili.
Solo una volta fummo costretti a chiamare i pompieri perchè Opaleye, il demone di Margaret, aveva dato "accidentalmente" fuoco ad uno stabile nei pressi di Croydon, a sud, dove viveva Margaret.
Per il resto, però, non riscontrammo problemi.
Dopo San Valentino, i rapporti con Armaros erano migliorati, tutto sommato non scordavo il fatto che fosse un demone.
Anche Laurence aveva sentito l'influenza della festa degli innamorati, tanto che il giorno dopo era venuto a scuola con i segni evidenti di rossetto su tutto il volto. Alla mia (giusta) domanda di cosa avesse fatto, mi aveva risposto che Elettra lo aveva assalito al rientro da scuola, dopo aver letto che durante il 14 Febbraio gli innamorati si coccolavano.
Feci persino qualche ricerca sui libri di mio nonno, ma erano davvero pochi quelli che parlavano di cose legate al mondo demoniaco.
Proprio durante una di queste mie ricerche, trovai un libro nero, dalla copertina in pelle rigida.
Era piuttosto piccolo e forse ciò spiegava il fatto che non l'avessi visto immediatamente.
Lo aprì, scoprendo che parlava di Armaros: era più o meno un manuale di istruzione.
C'era scritto di tutto!
Iniziai a leggere interessata. Vi si diceva che la famiglia Blacke fu la prima a stipulare un contratto con i demoni maggiori e Armaros ne era la prova, dal momento che era anche il demone più antico.
La sua chiave era semplice, in argento, la stessa che portavo al collo in quel momento.
La parte che parlava dei suoi poteri era vaga, una sorta di bozza e si riferiva solo al fatto che potesse controllare le correnti d'aria e passare attraverso i muri.
«Studi?»
"Parli del Diavolo e spuntano le corna."
«Ho trovato questo libro che parla di te.» gli confessai, continuando a leggere.
Armaros si scurì. «Si? Che dice?»
«Solo che sei vecchio... E altre cose che so già.»
Mi bloccai, perchè sfogliando una pagina mi accorsi che mancavano alcune pagine. A giudicare dall'attaccatura, sembravano essere state strappate.
«Strano.» osservai.
Armaros mi prese il libro tra le mani e lo fece sparire. «Non serve leggere questo libro: sono cose vecchie.»
«Dove sono le altre pagine?» domandai sospettosa.
«E chi lo sa? È un libro molto vecchio...» sospirò lui, alzando le spalle. «Non mi hai già visto all'opera ragazzina? Cosa hai bisogno di sapere ancora?»
Non gli risposi, sapendo che era una battaglia persa discutere con lui.
Sorrise vedendo che mi arrendevo.
«Brava ragazzina.» mi prese in giro, dandomi qualche pacca sulla testa.
Sbuffai, scacciando la sua mano e alzandomi. Avevo bisogno di sfogarmi e per questo sarei andata a pattinare un poco.
«Porta la chiave con te questa volta.» mi ricordò. «Non vorrei che mi rinchiudessi ancora perchè non sono venuto a salvarti.»
Gli mostrai la chiave legata al mio collo, tanto a dimostrargli che non avrei commesso nuovamente il mio errore.
Si fece immediatamente serio quando vide che non rispondevo alle sue domande. «Che succede? Qualcosa in quel libro ti ha turbata?»
Mi aveva colta in flagrante, ma evitai di sbattere le dita o fare qualunque azione che potesse rivelargli che aveva centrato il punto.
«No, solo un pò stanca: è stata una giornata lunga a scuola.» mentì, abbozzando un sorriso. «Vado a pattinare e torno.»
Mi lasciò andare, sebbene l'aria sospettosa non lo abbandonò mai.
Uscì dalla villa con il borsone dei pattini in spalla e presi un autubus. Continuavo a pensare al libro, alle pagine strappate e alla faccia che aveva fatto Armaros quando mi aveva trovata con il volume tra le mani.
Era come se un'aura nera si fosse diffusa nello studio e la fonte, poco ma sicuro, era Armaros.
Arrivai alla pista, ma solo dopo mi ricordai che era chiusa per lavori.
Sbuffai, maledicendomi per la mia stupidità.
Dietro di me, ad un tratto, udì dei passi; mi tornò in mente quando ero stata attaccata dai due demoni e afferrai la chiave istintivamente.
Mi girai di scatto, pronta ad affrontare chiunqie, quando misi a fuoco l'intruso.
«Hauros.» dissi sorpresa.
Lui mi sorrise, con le mani bianchissime in tasca.
«Ciao. Che ci fai da queste parti?» mi domandò.
«Volevo pattinare, ma la pista è ancora chiusa.»
Guardò la pista e poi me, dando anche un'occhiata al borsone che mi portavo dietro.
«Ti piace pattinare? Non c'è problema, vieni.» esclamò, prendendomi per mano e trascinandomi verso il parco dove ero scappata la scorsa volta. Mi condusse all'interno, sorpassando alberi, sentiri e senzatetto addormentati sulle panchine.
Si fermò solo quando fummo davanti ad un laghetto dove stavano sguazzando felicemente oche ed anatre.
Lo guardai piegarsi e immergere la mano nell'acqua.
Due minuti dopo il laghetto era ghiacciato e perfetto come una pista di pattinaggio.
Sorrise soddisfatto, alzandosi e guardandomi. «Su! Mettiti i pattini!»
Lo fissai ammirata e feci come mi aveva detto di fare.
Quando fummo entrambi pronti, andammo sul ghiaccio.
Ero un pò scettica all'inizio, perchè avevo il timore che il ghiaccio potesse rompersi.
«Non si romperà, fidati.» mi assicurò lui, tendendomi una mano.
«Come faccio a fidarmi? Sei un demone.» gli ricordai.
Non sembrò offendersi. «Facciamo che se il ghiaccio si rompe, ti dirò chi è il mio contraente.»
Sorrisi e afferrai la mano, accettando la proposta.
Iniziai a pattinare liberamente, facendo giri regolari.
«Oh, andiamo! Ti ho vista pattinare e so che sei molto brava.» mi esortò Hauros, prendendomi per mano e facendomi pattinare con lui.
Mi staccai per eseguire un Salchow, ossia un salto che parte dalla lama del pattino.
Hauros fischiò e, come risposta, eseguì un Loop, tradotto in un salto che parte dal filo destro esterno indietro.
«Anche tu sei molto bravo.» mi complimentai, mentre pattinavo all'indietro.
Lui fece un inchino. «Sono il demone dei ghiacci, sarebbe inconcepibile se non sapessi pattinare.»
Continuai a pattinare ancora per un pò per poi affiancarmi a lui.
«Ti diverti?» domandò.
«Da morire! Io adoro pattinare.» risposi e per dimostrarglielo, presi una bella rincorsa ed eseguì un camel.
Quandò finì di girare, lo guardai soddisfatta di me stessa.
«Ah, quindi questo intendi quando vai a pattinare?»
La voce di Armaros mi fece perdere l'equilibrio.
«Armaros! Vuoi unirti a noi?» domandò Hauros, aiutandomi a rialzandomi.
«Lo sai che odio il freddo... E te.» sorrise malevolo Armaros, facendo schiantare due lame di vento ai piedi di Hauros. Quello si spostò, trascinandomi al sicuro.
«Non vorrai combattere! Sai che potremmo radere al suolo il vicinato?» domandò Hauros, schioccando le dita e due stalattiti sgorgarono dal terreno, pronte ad impalare il mio demone se non si fosse spostato.
Armaros fece un balzo all'indietro e fece comparire una dozzina di lame che volteggiarono in aria.
«Tanto non ho trovato ragazze carine da queste parti.» alzò le spalle.
Hauros sorrise con fare di sfida e fece comparire la sua falce di ghiaccio, roteandola sopra la sua testa.
«Fermi!» corsi a fermarli, prima che radessero al suolo qualunque cosa. Forse avrei dovuto tenere conto del mio peso o del ghiaccio già semi rovinato perchè questo si ruppe e io caddi in acqua.
Subito calai a picco, mentre il liquido ghiacciato mi sommergeva. Le mani e le gambe erano fuori uso a causa del freddo, mentre i polmoni bruciavano alla ricerca di aria.
Mentre le palpebre si facevano pesanti, distinsi un paio di mani che mi afferrarono per le braccia e mi tirarono su, verso la superficie.
«Faith! Ci vorrebbe Opaleye in questi casi!» sentì imprecare Hauros.
«Si, così me la carbonizza.» rispose seccato Armaros.
Stavo combattendo, costringendomi a non perdere i sensi e a tenere le palpebre aperte. Avevo metà lago nei polmoni e tremavo di freddo: ero al limite.
Con l'aiuto della vista offuscata riuscì a distinguere Armaros prendermi in braccio e seguire Hauros.
«D-dove stiamo andando?» domandai, mentre battevo i denti dal freddo.
«A casa: stavi per morire assiderata.» mi spiegò Armaros. «E tu puoi scordarti di andare nuovamente a pattinare, ragazzina.»
«A-spetta! A-vevi promesso... Chi è il tuo contraente?» ricordai ad Hauros.
Lui si girò e mi guardò. «Ma stai congelando...»
«M-mantieni la tua promessa.» insistetti.
Quello sospirò, passandosi una mano tra i capelli argentati. «D'accordo.»

Credo che Armaros abbia usato i suoi poteri per trasportarci fino a casa del quinto contraente, perchè avevo un vuoto di memoria: un momento prima eravamo al laghetto e poi in un quartiere sconosciuto.
«Benvenuti nel mio territorio: Wembley.» spiegò Hauros, dirigendosi verso una villa bianca.
Attraversò il giardino decorato con rose bianche, bucaneve, gigli e altri fiori, tutti rigorosamente bianchi.
Anche la porta era immacolata, con il pomello della porta a forma di fiocco di neve.
Hauros aprì la porta e Armaros mi portò dentro, facendomi accomodare su un divano- indovinate- bianco.
«Era da un sacco che non venivo qui... Più o meno sono sessant'anni.» osservò Armaros, mentre afferrava la coperta che Hauros mi porgeva.
«T-territori? Hai parlato di territori?» domandai, stringendomi nella coperta.
«Esatto. Ogni famiglia ne ha uno, anche tu.» mi spiegò Hauros.
« A sud c'è la tua cara amica Margaret Campbell; ad ovest ci sono i Frost; a Nord-ovest c'è la tua famiglia; a nord-est c'è Laurence Reed e ad est c'è Josh Atherton.» ripetè a memoria Armaros.
«Serve a controllare meglio Londra e la percentuale di demoni al suo interno.»
Annuì, cercando di memorizzare quello che avevo appena sentito, sebbene avessi ancora il cervello parzialmente congelato.
«Hauros, cos'è tutto questo rumore?»
Un ragazzo più o meno della mia età apparve alla porta del salone, stroppicciandosi un occhio. Indossava un maglione blu decisamente troppo largo per lui dal momento che le maniche coprivano le mani di diversi centimetri.
I jeans scuri sembravano della sua taglia invece, sebbene anche quelli sembrassero parecchio vecchi.
I capelli neri nascondevano un paio di meravigliosi occhi blu ghiaccio, contornati da appena un accenno di occhiaie.
«Ti prego di scusarmi, Nick.» disse Hauros, fecendo un piccolo inchino con la testa. «Questa è Faith Blacke e il suo demone Armaros. Mi hanno chiesto di incontrarti.»
Mollai una gomitata ad Armaros per dirgli di prendere nota.
Nick mi guardò, squadrandomi con gli occhi profondi. Aveva un non so cosa di infantile, ma non bambinesco; un qualcosa che veniva bilanciato dagli occhi blu, profondi e misteriosi.
«Perchè è tutta bagnata?» domandò, senza rivolgersi a me firettamente.
«È caduta in un lago. Mi stavo premurando di farla asciugare.» rispose Hauros.
Nick si avvicinò a me e toccò la chiave di Armaros.
«Il casato Blacke, colui che comanda a Waltham Abbey, nord-est di Londra.» sorrise lievemente. «Ci siamo già incontrati nove anni fa... Il 14 Aprile se ricordo bene, all'ora del tè.»
Sgranai gli occhi, spiazzata.
«Indossavi un vestitino viola delizioso, sebbene poi lo macchiasti versandoci sopra del tè.» ridacchiò, continuando a rievocare episodi che io avevo totalmemte rimosso.
«Ma come...? Come...?» balbettai, ma questa volta non era per il freddo.
Nick mi rifilò un'occhiata furba, come se non aspettasse altro che la mia reazione.
«Hauros, prepara del tè... Un Earl Grey sarà perfetto.» ordinò al suo demone, che sparì in corridoio.
«Credo di doverti parlare di qualcosa.» si rivolse nuovamente a me, offrendomi un vassoio di biscotti da tè. Ne prese uno e lo tenne in bocca, per poi guardarmi con fare malizioso.
«Meglio metterci comodi, non credi?»

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