11. San Valentino

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"Ora basta alzare un pò la fiamma... Poi bisogna far sciogliere il cioccolato..." ripassai a mente il procedimento per creare forme di cioccolata.
No, non mi ero data alla scultura gastronomica, ma domani sarebbe stato il 14 Febbraio: St. Valentino!
A scuola c'era un ragazzo di nome Richard a cui andavo dietro da un anno e mezzo, ma non avevo mai avuto il coraggio di confessarmi apertamente.
Domani, invece, gli avrei consegnato quella cioccolata a costo della vita e gli avrei rivelato i miei sentimenti!
Quando la sveglià segnò l' 1:00 di notte, avevo appena finito di confezionarla: era perfetta.
«Se volevi piacermi, potevi benissimo venire nella mia stanza senza il pigiama...»
Mi voltai a fulminare Armaros con lo sguardo.
«Sei un vero villano e la cioccolata non è per te.» gli risposi fredda.
Si avvicinò al dolce. «Non sembra male. Per chi è?»
«Qualcuno che non conosci. Se non ti dispiace, io vado a dormire.» lo avvertì. Stavo quasi per salire le scale per il piano superiore, quando mi girai a guardarlo. «Lascia la cioccolata lì! Se domani è "misteriosamente" scomparsa, chiamo l'Esorcista.»
Detto questo, mi diressi in camera per andare a dormire dal momento che stavo crollando dal sonno.

«Nonna, non ho tempo per la colazione!» gridai, mentre scendevo al piano terra e infilavo la giacca della divisa... Il tutto contemporaneamente.
«Va bene Faith.» rispose mia nonna con i bicodini tra i capelli e la vestaglia blu pastello.
Afferrai un toast e la cioccolata al volo e uscì di casa, dirigendomi a velocità sovraumana a scuola.
Una volta arrivata in classe, mi sedetti al mio solito banco e, involontariamente, mi ritrovai accanto a Margaret.
I nostri occhi si incontrarono.
«Ciao.» iniziò lei.
«Ciao.» tagliai corto.
Non mi ero scordata quando lei e il suo demone pazzoide avevano tentato di cancellarmi la memoria.
Probabilmente ne sarei uscita con una scenata se il mio principe azzurro non fosse entrato in classe.
Era lì, perfetto sotto ogni punto di vista: biondo, occhi marroni e statura degna di un giocatore di basket.
Sospirai involontariamente.
Lo seguì con lo sguardo fino a quando non si sedette al banco dietro di me, qualche centimetro più a destra.
Quando la lezione iniziò, non feci altro che disegnare cuoricini sul quaderno e farmi teatrini mentali su come mi sarei dichiarata.
Lo avrei fatto durante la pausa pranzo, in cortile!

Vicino al mio armadietto mi incontrai con Laurence dal momento che entrambi dovevamo andare a lezione di geografia.
Colsi l'occasione per raccontargli di quanto era successo gli scorsi giorni e del fatto che avevo trovato il quarto contraente.
«Ce ne manca solo uno a questo punto.» osservò lui, mentre salivamo le scale per andare in aula.
«Già.» affermai, pensando a quante volte Hauros fosse scomparso mentre cercavo di chiedergli chi fosse il suo contraente.
«Dovremmo vederci un giorno, quando saremo tutti e cinque.» propose, ma l'idea di avvicinarmi a Margaret non mi piaceva.
«Elettra mi ha detto che è strano trovare i cinque demoni in circolazione contemporaneamente.» mi spiegò. «Inoltre mia zia teneva un diario: vi ho letto che se per puro caso tutti e cinque i demoni si fossero risvegliati, saremmo stati in pericolo.»
Provai a pensare su quanto mi aveva detto.
Ultimamente c'erano stati si, dei problemi, come ad esempio i terremoti di Amos o il freddo glaciale di Hauros, ma erano dovuti ai poteri di questi ultimi.
Di che pericolo poteva trattarsi?
«Non c'era scritto nulla di più?» domandai.
Scosse la testa e, nel farlo, salutò Margaret. «Giorno Margaret! Stavamo parlando dei contraenti.» la informò e cominciai ad innervosirmi: tra tutti pure lei doveva avere un demone?
«Ah si?» mostrò interesse lei.
«Si, parlavamo del fatto che il risveglio dei demoni maggiori fosse sospetto.» continuò Laurence, ignorando le occhiatacce che gli mandavo.
«Su alcuni appunti del precedente contraente di Opaleye si parlava di un fulcro di potere da qualche parte a Londra.» aggiunse Margaret. «Ho letto che è collegato ai nostri poteri.»
«Davvero? Ma è grandioso! Dovremmo vederci un giorno e mettere insieme i vari scritti lasciati dai nostri antenati e...»
Mi ero già allontanata con la faccia scura.
«Faith, ma dove vai?» mi chiamò Margaret.
« A lezione. Siamo a scuola se ve lo siete scordato.» risposi acida.
«Qualcuno ha bisogno di farsi una bella camomilla...» sghignazzò Margaret.
Strinsi i pugni e puntai verso la classe.
Mi sedetti all'ultimo banco, azione insolita.
Solitamente preferivo i secondi o i terzi banchi, ma quella volta non ero di buon umore.
Mangiai l'estremità della matita ricordando la battutina acida di Margaret.
"Quella cretina...!" pensai con rabbia. "E dire che l'ho sempre considerata un'amica."
«Yo...»
Una voce familiare mi distrasse dai miei pensieri; non alzai lo sguardo per vedere chi fosse.
«Che c'è?» domandai brusca.
«Posso sedermi?»
Alzai allora lo sguardo, ritrovandomi Richard davanti. Arrossì vistosamente e abbassai gli occhi d'istinto.
Annuì.
«Tu sei...?» domandò, appoggiandosi allo schienale della sedia.
Persi un battito: non mi conosceva? Effettivamente non gli avevo mai parlato apertamente, ma addirittura non ricordarmi...
«Faith!» scattai, sorridendo come meglio potevo.
Prima che potesse rivolgermi qualche altra parola, la lezione iniziò. Eravamo entrambi assorti dalla spiegazione, ma spesso spostavo lo sguardo su di lui.
Quei capelli biondo platino e quegli occhi castani mi facevano impazzire!
«Signorina Blacke, un pò di attenzione!» gracchiò la professoressa e io tornai a fissare la figura dell'Africa.
«Siamo qui.» mi avvertì lui, posando il suo dito perfetto sulla prima riga del secondo paragrafo.
"Non butterò mai questo libro!" pensai con gli occhi a cuoricino.

Quando giunse la pausa pranzo, afferrai la cioccolata dall'armadietto e presi un bel respiro profondo.
«Posso farcela!» mi incoraggiai.
Mi diressi decisa verso il cortile della scuola, ignorando Laurence che mi stava gridando dietro di venirsi a sedere con lui e Margaret.
Richard era davanti a me, circondato da un gruppo di ragazzi e ragazze.
Quando mi vide mi salutò. «Ciao Feith!»
"Ha sbagliato! È Faith!" lo rimproverai.
«Ciao.» sorrisi impacciata. «Io avrei una cosa da chiederti.»
Lui congedò il suo gruppo e mi si avvicinò allegro.
«Dimmi pure, Fraith!»
Ignorai il tic nervoso al mio sopracciglio e sorrisi.
«Oggi, come saprai, è San Valentino e io...» tirai fuori la cioccolata. «Tu mi piaci un casino e...»
Lui mi bloccò, scoppiamdo a ridere. «No, fammi capire bene! Mi stai chiedendo di fare coppia con te? Seria?»
Mi sentì strana. «Be...»
«Ok, ascoltami: solo perchè oggi ci siamo seduti vicini non vuol dire che siamo amici stretti o cosa.»
I miei occhi iniziarono a bruciare e avvertì le lacrime arrivare; anche il cielo si era oscurato e aveva cominciato a tuonare.
"Non voglio sentire altro!"
Gli lanciai un'occhiataccia e scappai. Scappai veramente!
Uscì da scuola e mi misi a correre senza una meta, con gli occhi invasi dalle lacrime. La pioggia mi si abbatteva contro senza pietà, ma per me non aveva importanza: era una giornata orrenda sotto ogni punto di vista!
Scivolai a metà di un vialetto, nascosto dallo sguardo dei passanti, e rimasi lì a terra. Mi si era sbucciato un ginocchio, ma l'unica cosa che feci, fu mettermi seduta e guardare il marciapiede.
Sentivo la pioggia fredda sul collo e le gambe.
"Cosa c'è che non va in me?" pensai, piangendo.
D'un tratto la pioggia smise di bagnarmi e alzai gli occhi per capirne il motivo.
La ragione erano un paio di occhi dorati.
Armaros era piegato su di me, poggiato al muro dietro di me e mi stava riparando dalla pioggia.
«Che stupida; ti stai bagnando tutta.» mi rimproverò, abbassandosi verso di me.
«Anche tu sei fradicio...» controbbattei, provando ad assumere una faccia meno disperata.
Lui sorrise e mi abbracciò.
Si, lo fece per davvero!
«Stai tremando tutta quanta: domani avrai il raffreddore.» mi disse, prendendomi in braccio.
«Ma allora non sei stronzo come appari.» borbottai, mentre mi copriva con la sua giacca.
«Sono il tuo demone e per questo devo aver cura di te.» spiegò, tornando a casa. «Quando arriveremo, chiamerò la scuola e mi inventerò una scusa.»

Alla villa, mi fece cambiare e mi infilò, a forza se posso permettermi, nel letto.
Era inaspettatamente gentile, tanto che mi preparò persino una cioccolata calda.
«Ragazzina credevo avessi diciassette anni, non dieci: non voglio farti da babysitter.» commentò, sedendosi accanto a me.
Questa volta non risposi. Strinsi la tazza di cioccolata e le lacrime rigarono nuovamente il mio viso.
«Mi ha riso in faccia...» gli raccontai, gli occhi pieni di lacrime. «Ero solo una stupida che gli andava dietro.»
Lui mi guardò, gli occhi dorati che mi scrutavano fin dentro l'anima.
«Cielo, ragazzina...» sospirò, sdraiandosi accanto a me e facendomi appoggiare a lui. «Come puoi essere così insicura a volte? Solo un ragazzo dal cervello bacato non cadrebbe ai tuoi piedi.»
Lo guardai. «Armaros, hai battuto la testa?»
«No, ma so quando divertirmi e quando no.» mi rispose serio. «La tua anima Faith non è comune, ma questo nessuno a parte i demoni può saperlo.»
Lo fissai e questa volta gli ero veramente riconoscente; mi stava consolando, rimarginando le ferite di quella giornata orrenda.
«Grazie.» mormorai.
«Oggi è San Valentino, no? Dov'è questa cioccolata?» domandò, scompigliandomi i capelli.
«Cosa? Oramai sarà sciolta o rotta.»
Scomparì nel muro e tornò poco dopo con la mia piccola opera d'arte ancora miracolosamente intatta.
Armaros me la diede e io la aprì. Il cuore di cioccolata era ancora perfetto e mi meravigliai di quanto fosse venuto bene.
Guardai Armaros, seduto accanto a me, che mi guardava; si stava comportando come un fratello più grande e meritava una ricompensa.
«Tieni.» dissi, porgendogli il cuore.
Lui spalancò gli occhi, prendendo la cioccolata. «Cosa? Ragazzina, io non ho bisogno di mangiare. Inoltre...»
«Facciamo a metà.» lo interruppi. «Lo so che per saziare un demone ci vuole un'anima, ma volevo ringraziarti.»
I suoi occhi dorati luccicarono, spezzando il cuore e offrendomene una metà. «Tu lo sai che io mi prenderò la tua anima, vero?»
Annuì, assaggiando la cioccolata. «Lo so, ma questo cuore era per qualcuno a cui volevo bene...»
«Mi stai dicendo che ti sei affezionata a me?» mi guardò malizioso, ridacchiando.
«Ma piantala! Ora chiamo l'esorcista!» gli gridai.
«La cioccolata è buona, ma non è un pò troppo dolce?»commentò.
«Mangia e stai zitto.» gli risposi con un mezzo sorriso.
Quella notte non piansi come avevo temuto, nè caddi in depressione, ma dormì tranquillamente.
Armaros rimase al mio fianco fino a quando non mi addormentai, appoggiata a lui e con alcune chiazze di cioccolata sul volto.
Mi aveva avvolto tra le lenzuola e si era sdraiato accanto a me, sebbene non sapessi se i demoni avessero bisogno di dormire.
"Buon san Valentino a me."

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