Capitolo 16

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Sento una risata crescere dalla gola e uscire aspra, dolorosa, dalla bocca.

"Certo, una Creatrice di Portali! E fammi indovinare? Tu sei Hagrid e io la nuova Potter, eh? Ma fammi il piacere, avresti fatto meno fatica a dirmi che sono pazza!" dico, cercando di calmarmi. Insomma, come gli viene in mente? Prendermi in giro in questo modo...

Smetto di ridere e lo guardo, seria.

Mi fissa, gli occhi gelidi che non lasciano trapelare nessuna traccia dello stupore segnato in modo così evidente sulle labbra socchiuse e leggermente protese in avanti.

"Andiamo - dico, scoppiando a ridere di nuovo, incapace di trattenermi - Come potevi pensare che credessi a una cosa del genere? Solo perché leggo molto non significa che creda a tutto ciò che mi viene detto. Anche tu leggi tantissimo, eppure non mi è mai venuto in mente di chiederti se hai ricevuto la lettera per Hogwarts o se hai trovato Narnia. Insomma, sono libri meravigliosi, ma... Sono libri, niente di quello che c'è scritto è vero. Niente, capito?" un gemito sfugge dalle mie labbra, e io mi porto subito le mani alla bocca, cercando di sopprimerlo.

Non posso piangere. Non posso farlo. Ma soprattutto non posso credere di aver detto che i libri sono solo... libri. Che non sono veri, che si limitano a riempire i ritagli di tempo, che una volta finiti di leggerli i personaggi muoiono.

Sento le guance formicolare e gli occhi bruciare.

Non posso piangere. Clare, trattieniti.

Un altro singhiozzo, stavolta più forte, mi scuote le spalle. La vista si appanna e sento le lacrime salire.

No Clare, non piangere, ti prego.

Deglutisco, sbattendo rapidamente le palpebre. Per un momento vedo di nuovo nitidamente. Forse ci sono riuscita, forse non crollerò. Rimango ferma per qualche secondo, in una straziante attesa di qualcosa vorrei non arrivasse mai. Respiro profondamente. Ci sono riuscita, non sto piangendo.

Scosto le mani dal viso e incontro lo sguardo di Alex, contorto in un'espressione indecifrabile.

Sento gli occhi bruciare di nuovo, ma me ne rendo conto solo dopo aver iniziato a piangere. Mi copro di nuovo la faccia con le mani e mi rannicchio sulla panchina.

Cerco di asciugarmi la faccia senza scoprirmi il viso, ma riesco solo a bagnare la maglietta.

Odio il sapore delle lacrime. Non fa altro che sottolineare l'amarezza del momento in cui ti rigano il volto.

Mi stringo ancora di più. Non mi piace piangere di fronte agli altri. Soprattutto se sono persone che conosco.

Un gemito mi sfugge dalle labbra.

Cerco di respirare profondamente, ma peggioro soltanto le cose.

Sfrego la faccia contro le gambe, infradiciando anche i pantaloni. Alzo leggermente la testa e cerco di asciugarli, ma riesco solo a peggiorare la situazione.

"Sono un disastro" bisbiglio, la bocca impastata di lacrime e di parole.

Sento la mano di Alex sulla spalla.

"No, non lo sei" dice, accarezzandomi la schiena.

"Sicuro?" chiedo, sorridendo con il viso ancora contorto tra le lacrime.

"Sicuro" dice, prendendolo con l'altra mano e asciugandomi le guance.

                                                                                              ***

Cammino lentamente, concentrandomi sul rumore che i passi di Alex fanno sull'asfalto. Mi sembra ancora di sentire gli occhi bruciare. 

"Allora - chiede Alex, girando la testa per guardarmi - Stai meglio?"

"Diciamo pure di si. E tu, Brucaliffo, stai meglio?" chiedo sorridendo e ricambiando il suo sguardo.

Il suo viso si incupisce, ma mantiene comunque il sorriso sulle labbra, come se si aspettasse che dicessi una cosa del genere.

"Non mi credi ancora, vero?" domanda, gli occhi verdi più scuri del solito, come se qualcuno avesse deciso di spegnere la luce al loro interno.

"Solo perché sono scoppiata a piangere non significa che mi sia dimenticata l'assurdità che hai detto" rispondo, scuotendo la testa. Davvero credeva potessi scordarmene così in fretta?

"Ti posso assicurare che non è un'assurdità" sussurra, deluso.

Non è un'assurdità? E allora cos'è?

Ridacchio, poi mi fermo e cerco le parole giuste per parlare senza crollare di nuovo.

"Tu cosa penseresti se qualcuno ti venisse a dire che sei il Brucaliffo?" chiedo quindi, soddisfatta per aver trovato una frase per esprimere ciò che volevo dire.

"Probabilmente lo accompagnerei al manicomio più vicino" risponde, ridendo.

"Ecco, allora credo che farai meglio ad avere una spiegazione sensata se non vuoi finire a fargli compagnia" dico scherzando.

"Già, lo penso anche io" risponde, abbracciandomi e continuando a camminare.








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