Quando mi sveglio ci impiego più di dieci minuti per capire che mi trovo su un aereo, la testa appoggiata sulla spalla di Martina, i capelli impigliati ai suoi orecchini. Quasi mi prendo un colpo quando sento l'hostess avvicinarsi e chiedermi qualcosa, probabilmente in inglese. Mio padre è di Londra e, quando ci siamo trasferiti in Italia dopo la mia nascita, lui si è preoccupato molto che io continuassi a parlare l'inglese alla perfezione. Poi, quando i miei hanno divorziato, il compito è spettato a mia madre. Ma un conto è parlare in un'altra lingua, un altro è farmi una domanda dopo chissà quante ore di viaggio, diamine! Dileguo la bionda con la gonna alta mezzo metro con un sorriso falso e mi metto a scuotere Martina con l'intento di svegliarla.
"Marti? Siamo arrivate" bisbiglio piano. Schiude gli occhi, lentamente, poi le scappa uno sbadiglio e le sue fossette vengono messe in mostra. Sembra un cucciolo appena uscito dal letargo. Involontariamente sorrido davanti a tutta quella dolcezza.
"Di già?" si guarda intorno, fissando le persone che recuperano i loro bagagli, pronti a scendere "O forse siamo noi che ci siamo addormentate per ore?"
Rido, sapendo che abbiamo perso la concezione del tempo. "Direi che la seconda frase è più adatta" ride anche lei, estasiata. "Andiamo a cercare mia madre"
Appena troviamo la testa castana di mia madre, ci dirigiamo verso la fine dell'aereo e scendiamo. Ci impieghiamo più o meno una ventina di minuti per recuperare tutti i bagagli e ad uscire dall'aeroporto. Chiamiamo un taxi che arriva quasi subito, diciamo la via dell'hotel al guidatore e, infine, ci rifugiamo nei nostri pensieri per quel tempo che resta per arrivare a destinazione. Ecco subito che il mio stomaco reagisce al silenzio.
Calma mi dico non è nulla. Non è detto che voi li incontriate subito. Non è detto che incontrerai soprattutto lui. dice con pazienza la mia coscienza.
Mi sento quasi malata di mente per il fatto che sto parlando con il mio cervello, ma non ci faccio caso, sono fin troppo occupata a mantenere calmo il mio stomaco che si contorce, si aggroviglia mandandomi fitte allucinanti. Vorrei piegarmi per assecondarle, ma lo spazio è troppo piccolo e sembrerei una matta.
Calma mi ripeto, ma più lo faccio, più la pancia mi fa male. Perchè mia madre mi ha fatta così ansiosa? Perrchè non potevo essere una ragazza sicura di se, con la testa per terra? Perchè il mio cervello deve sempre vagare verso gli argomenti che più mi turbano?
Martina mi scocca un'occhiata veloce, forse per assicurarsi che io stia bene, forse perchè ha notato il mio terribile stato di panico, in entrambi i casi il suo sguardo si posa su di me e, dopo poco, mi rendo conto che la macchina si è appena fermata. Dannazione, è durato pochissimo il viaggio. Scendo dall'auto nera, un po' indolenzita, recupero la valigia e squadro l'hotel dal basso verso l'alto. E' davvero uno dei più lussuosi di Miami, mi sembra quasi di star guardando Zac e Cody al grand Hotel. Che paragone stupido, Megan! Il palazzo è alto, ci saranno minimo venti piani, il vetro trasparente lascia intravedere alcune stanze all'interno e la mia bocca non riesce a non schiudersi per la sorpresa. Per ultimo, noto che c'è una piscina enorme, a pochi passi dall'entrata. Non voglio sapere quanto ha speso mia madre per farci passare un mese di vacanza in questo... coso, perchè albergo non si può proprio chiamare.
"Venite ragazze!" ci urla mia madre dall'entrata, trascinandosi il suo troller nero e prendendo in mano il beauty-case giallo.
La mia amica mi guarda. "Wow" sospira.
"Già" commento insieme a lei "Mi sento parecchio ricca in questo momento"
Lei ride e recupera la valigia, io faccio lo stesso. "Come se non lo fossi già!"
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We are meant to be
Fanfiction"Penso che sia il destino a decidere tutto. Penso sia stato il destino a decidere che io avrei dovuto prendere quell'aereo nel momento in cui, tu, ne prendevi un altro, sempre per la stessa destinazione. Penso sia stato il destino a decidere di farc...