Se volete proprio saperlo, la risposta è no, non me l'aspettavo per niente. Non mi sarei mai aspettata di rivederlo dopo tanti mesi di assenza, non mi sarei mai immaginata di incontrare i suoi occhi color cioccolato, così profondi, così belli da osservare. Non avrei mai creduto, in tutta la mia vita, di rimanere così sorpresa. È qualcosa di assurdo rivederlo adesso, proprio fuori da un ospedale dove c’è mio padre addormentato inghiottito di farmaci, dove ci sono io, straziata dagli avvenimenti.
Non faccio nemmeno in tempo a rispondere, a respirare, a pensare, che lui si avvicina a me e mi bacia una guancia. “Allora, come te la passi Rossi? Già tornata da Miami?” dice poi con totale disinvoltura.
Penso un momento a cosa ha appena fatto e mi sale l’ira. Mi sale una rabbia tale da poter scaraventarlo su una macchina e staccargli il collo. Con quale permesso mi ha baciato una guancia? Con quale intenzione?!
“Cosa hai fatto?” sibilo sotto i denti, cercando di calmarmi. La mia vocina interiore mi dice di fermarmi e trattenermi, ma non ci riesco. Non riesco a non dargli una spinta e farlo cadere a terra quando mi sorride in modo sghembo.
“Che cazzo hai fatto, stronzo!” faccio per avvicinarmi a lui per menarlo, ma qualcuno da dietro mi tiene le braccia.
“Tu sei tutta pazza!” mi urla lui a distanza, mi urla con quel sorriso che ho sempre odiato come se non gliene fregasse niente di tutto quello che mi ha fatto pur sapendo cos’ho passato.
“Lasciatemi!” dico dimenandomi dai due poliziotti che mi tengono con una forza inaudita.
“Ragazzina se non ti calmi sono costretto a portarti in caserma” afferma calmo uno dei due, l’accento milanese piuttosto forte.
Decido di rilassarmi e far capire ai due cretini dietro di me che non sono pazza e che è stato solo un momento di leggera ansia. Loro sembrano credermi e si allontanano. Penso di aver fatto una cazzata perché guardandomi intorno, noto che diverse persone mi stanno fissando con sguardo apprensivo. Decido di avvicinarmi a Nicolò, ma lui si allontana subito. “Voglio la distanza di sicurezza” scherza, come sempre. Non riesca a essere serio nemmeno dopo una quasi pestata.
“Se dobbiamo parlare andiamo via da qui. La gente ci fissa”
“Fissa te, forse” aggiunge, facendomi notare la sua macchina grigia con la mano.
È forse un invito ad andare nella sua macchina? Cazzo, dovrei accettare? Guardo un momento il cellulare e trovo due messaggi di Martina che ignoro e uno di Harry. Dice “Va tutto bene? Chiamami appena leggi il messaggio”
No, non posso chiamarlo. Devo parlare con Nicolò penso e, anche se la mia coscienza pensa sia una cattiva idea, decido di entrare nella sua auto.
Lui si mette al volante e prende una sigaretta dal cruscotto. Noto che sono delle Marlboro Gold, quelle che fumava prima di entrare a scuola. Me le ricordo.
“Allora…” esordisce “Questa vacanza a Miami?”
Decido di iniziare a parlarci tranquillamente, senza nessuna preoccupazione. So bene che quando ne avrà voglia e quando si sentirà in un posto più adeguato, comincerà a fare lo stronzo e a tirarmi fuori quello che gli ho detto l’ultimo giorno di scuola, ma per adesso non gli conviene, e io sono tranquilla.
“Vacanza perfetta. Sono dovuta tornare un po’ prima per delle questione di famiglia” dico, cercando di omettere il fatto di mio padre. Voglio che mi veda forte, non debole come un tempo.
“E cosa ci facevi fuori dall’ospedale?” domanda. Gli viene fuori così semplicemente dalla bocca che rimango stupida. Intanto aspira un po’ fumo e disegna cerchi perfetti.
STAI LEGGENDO
We are meant to be
Fanfiction"Penso che sia il destino a decidere tutto. Penso sia stato il destino a decidere che io avrei dovuto prendere quell'aereo nel momento in cui, tu, ne prendevi un altro, sempre per la stessa destinazione. Penso sia stato il destino a decidere di farc...