Giorno uno.
E’ passato un solo giorno da quell’enorme casino che si è causato, o meglio che io ho causato, e già mi manca tutto di quel ragazzo.
Com’è possibile? Io non sono mai stata dipendente da nessuno, fin da piccola ho imparato a sbrigarmela da sola. Poi, improvvisamente da quando lo conosco, è come se ogni parte del mio corpo e del mio cervello sia collegata alla sua vita. Non riesco a fare nulla senza pensare a lui.
Mi sembra quasi di morire. Dopo quella discussione sfiancante, non ci siamo più sentiti. Martina è sempre più apprensiva e mi chiede come sto ogni cinque minuti, cosa che mi fa girare le palle. Non sono una bambina! O forse si? Mi sono comportata come una bambina viziata che preferisce mettere al sicuro le sue emozioni invece che provare nuove esperienze. Sei una bambina! urla la vocina dentro di me.
Forse, se mi comprassi dei gatti, starei meglio. Oh si, gireranno anche un film su di me: Megan e i cinque gatti.
Cosa sto dicendo?
Giorno due.
Oggi pomeriggio sono andata con la mia amica in centro, per vedere se riuscivo a distrarmi. Martina mi ha esplicitamente detto ‘Non voglio che ti deprimi, quindi alza quel culo piatto che hai e vieni con me!’
Beh si, la sua gentilezza mi ha quasi commossa. Così, abbiamo passeggiato per qualche ora fino a quando non mi sono fermata davanti a uno starbucks che aveva un cartello giallognolo che diceva ‘Cercasi cameriera al di sopra dei sedici anni. Per eventuali informazioni, rivolgersi a uno dei lavoranti, grazie.’
Mi sono subito precipitata dentro e ho chiesto se era ancora valida qualche richiesta. Ho pensato che, magari, con un lavoretto, mi sarei potuta distrarre ancora di più. Ho ricevuto la risposta che desideravo e mi hanno informata che avrei cominciato il giorno dopo. Ero felicissima, almeno avrei portato anche un po’ di soldi a casa. O meglio, in albergo.
E la cosa più perfetta è che non ho pensato ad Harry. È una cosa buona, vero?
Giorno sette.
È una settimana che non sento nessuno. Nessuno dei ragazzi, intendo. Dopo il litigio di sette giorni fa, non ho più avuto contatti con nessuno. Cosa peggiore, non ho sentito Harry ed è questa la cosa che più fa male. Si è comportato esattamente come Nicolò quando gli ho rivelato cosa provavo. Non ha detto nulla, non ha avuto reazioni. Non ci tiene a me. Non lo ha mai fatto.
Ripenso alle ultime parole che gli ho urlato. “Sai che ti dico Harry Styles? Che hanno ragione i giornali. Sei proprio uno stronzo”
Dio, forse ho esagerato. Da fan quale sono, so quante paranoie si faccia quando scrivono cose false su di lui. E io so che sono false, so che non è uno stronzo. E allora perché l’hai chiamato così? chiede ovviamente la mia vocina interiore. Non lo so, vorrei risponderle. Ero infuriata, infuriata da quel suo bacio che non significava nulla.
E a quel punto, mi viene da piangere. Lui mi ha baciata. Le sue labbra ero a contatto con le mie. Non ci credo ancora. Potrei anche sorridere ripensando a quel leggero contatto, ma poi ricordo cos’è successo dopo. E beh, mi passa la voglia di sorridere e vorrei soltanto prenderlo a calci negli stinchi. Dannazione sei proprio una bambina! urla ancora la vocina. Sembro una matta, sul serio, non ne posso più.
Forse il lavoro porterà ad alcuni risultati. O almeno, così spero.
Giorno dieci.
Stranamente, stamattina sono di buon’umore. Ho dormito bene, senza incubi, senza rotture, e mi sono alzata presto, ancora prima di Martina, che ora è accanto a me che dorme tranquillamente. Sorrido in modo involontario. Scendo dal letto e mi faccio una veloce doccia, infilo un paio di pantaloncini e una canotta, le mie superga bianche e chiudo la porta della stanza. Mi dirigo con calma verso l’ascensore principale, il quale mi riporta a delle vecchie conversazioni con Louis. Dio, quanto mi manca. Come facevo prima ancora che lo conoscessi? Mi manca da morire quel ragazzo. Quando finalmente l’ascensore apre le sue porte, entro e clicco il pulsante che porta alla stanza della colazione. Noto con piacere che ci sono solo poche persone all’interno con me, una coppia di francesi che parlano allegramente. Quanto mi piacerebbe essere tranquilla come loro. Niente incomprensioni, niente problemi, solo una vacanza a Miami per staccare dalla propria città. Ma, ovviamente, io non posso avere una vacanza rilassante con la mia migliore amica, perché Dio ce l’ha con me e mi odia. Le porte si aprono e io vado verso un tavolo, uno un po’ distante dal resto degli altri. Ordino dal bacon e dei croissant appena sfornati che arrivano quasi subito. Mentre mi gusto la mia aranciata rossa, vedo una figura avvicinarsi al mio tavolo. Alzo gli occhi e riconosco subito i capelli tinti di Niall. Sorrido.
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We are meant to be
Fanfiction"Penso che sia il destino a decidere tutto. Penso sia stato il destino a decidere che io avrei dovuto prendere quell'aereo nel momento in cui, tu, ne prendevi un altro, sempre per la stessa destinazione. Penso sia stato il destino a decidere di farc...