1. Erina Stevenson

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Ian camminava scazzato per le vie della periferia, non veniva mai in questi luoghi, ma uno dei suoi cari amici si era trovato in difficoltà con degli ubriaconi. La solita solfa. Un bicchiere di troppo ed ecco la bottiglia spaccata sulla testa di qualcuno.

Sospirò e si guardò la nocca ancora sporca di sangue. Odiava passare alle mani, ma quel tipo era seriamente troppo ubriaco per poterci comunicare. Inoltre, erano anche quattro contro due, bisognava per forza difendersi in qualche modo. 

Era tutto così buio, c'era solo qualche lampione qua e là, alcuni che addirittura funzionavano a scatti. Tirò su un po' con il naso, era freddo, c'era la nebbia e lui era uscito di corsa solo con una felpa nera. 

Si tirò su anche il cappuccio e si mise le mani nei jeans neri. Non c'era anima viva, se non qualche vagabondo e qualche gatto randagio. Era davvero un luogo pessimo per delle donne.

Ed ecco che sentì un urlo spaventato.

Per avere una voce così acuta doveva per forza essere una donna.

Seguì la voce, veniva da un vicolo poco più avanti. Si gelò sul posto. Un uomo vecchio e grasso, sicuramente ubriaco lercio, con i pantaloni mezzi abbassati, rideva smaniacamente mentre era schiacciato sopra un'esile ragazza. La poverina stava cercando di liberarsi con tutte le proprie forze senza però avere troppo successo.

Mise subito il cellulare in tasca e si avvicinò, ma non fece neanche in tempo a fare due passi, che già un'altra ragazza aveva dato un calcio sulla testa dell'uomo, che preso dalla sorpresa cadde di lato urlando con dolore, mentre si teneva la testa tra le mani.

In un secondo fece alzare la ragazza a terra e si mise davanti a lei. Non c'era un minimo accenno di paura. Era sicura di sé e guardava schifata l'uomo ancora a terra.

Poi, con un calcio ben mirato ai genitali scoperti, lo stese del tutto, senza neanche dargli il tempo di reagire. L'uomo mugugnò per poi svenire a terra a causa del dolore. Involontariamente, Ian si mise una mano sul pacco, doveva fare abbastanza male.

La bionda gli diede un calcio al fianco e, dopo essersi accertata che effettivamente era svenuto e dunque innocuo, andò verso la ragazza con la camicetta aperta, con in bella mostra il suo reggiseno rosa con i cupcakes. Aveva delle belle tette.

"La prossima volta non venire più in questi luoghi. Non ci saranno sempre persone come me che ti salveranno" disse con freddezza mentre abbottonava uno ad uno i piccoli bottoni della ragazza, la quale stava cercando di smettere di piangere tra un singhiozzo e l'altro.

"Non serve a nulla piangere. È solo uno spreco di energia. Ormai sei al sicuro, ora chiamo la polizia" detto ciò iniziò a digitare il numero sul cellulare e diede le coordinate del posto. Poi, alzò la testa e solo in quel momento Ian si rese conto che la periferia non era più così vuota.

L'urlo di quell'uomo aveva svegliato quasi tutte le case vicine "Tu, apri la porta" disse guardando dritto ad un ragazzo che aveva assistito a tutta la scena dal suo balcone. Quest'ultimo, prima si bloccò perché si sentì chiamato in causa, poi corse subito al primo piano per aprire la porta.

"Tieni con te la ragazza fino all'arrivo della polizia, dalle qualcosa di caldo da bere, grazie" il suo tono era fermo, abbastanza imperativo, ma traspirava comunque dolcezza. Il ragazzo in questione annuì e fece cenno alla ragazza ancora tremante di entrare in casa. In quel momento arrivò anche una donna sulla cinquantina in vestaglia da notte, la quale mise sulle spalle della ragazza una coperta.

"Riprenditi, ciao" disse la bionda e, dopo averle accarezzato la testa, se ne andò senza neanche girarsi, aggiungendo solo "Se mi vuoi ringraziare, non dire alla polizia di me".

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