"I never meant to break your heart..."

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Harry, con addosso i postumi dell'orgasmo appena avuto e della sbronza, rimase lì, sconvolto, accasciato contro il muro.
Era sudato e non riusciva a respirare normalmente.
Il cuore gli batteva talmente forte che sembrava potesse uscirgli dal petto da un momento all'altro.
Dopo mezz'ora riuscì ad alzarsi, barcollando, e uscì dal bagno.
La testa gli girava vorticosamente, così si sedette ad un tavolo, chiedendo un bicchiere d'acqua al barista.
Fino a neanche un'ora prima era convinto che Louis fosse etero e che lo rifiutasse per quel motivo, e invece no: Louis non era per niente etero, questo era sicuro.
Allora perché lo respingeva?
La paura di non essere abbastanza travolse Harry, che ingurgitò l'acqua e poi se ne andò dal locale.
Forse non era abbastanza bello, abbastanza alto, abbastanza forte.
Forse, Louis voleva di più.

Louis uscì dal bagno dopo essersi ripulito le mani e, ridendo, uscì dal bar e tornò a casa sua.
Era troppo ubriaco per realizzare ciò che era successo solo pochi minuti prima, troppo ubriaco per poter avere pensieri sensati, così si infilò sotto le coperte e si addormentò subito, con il sorriso sulle labbra.

Louis aprì gli occhi e sbatté le palpebre ripetutamente, sbadigliò ed cercò di alzarsi, mettendo un piede fuori dal letto. Si pentì del suo gesto appena sentì il piede gelarsi e lo ritirò subito: di certo non sarebbe stato un problema rimanere un po' sotto le coperte.
Ovviamente aveva un gran mal di testa, anche se era sicuro di ricordare cosa fosse successo quella notte.
Aveva bevuto, in diversi bar, e poi era tornato a casa, ma c'era qualcos'altro, qualcosa che non riusciva a ricordare.
"Se è qualcosa di importante, mi verrà in mente." Pensò, alzandosi e rabbrividendo per il freddo.
Si infilò un maglione sopra il pigiama e scese a fare colazione.
-Buongiorno, Lou.- Lo salutò sua mamma.
Louis rimase colpito: ultimamente non incontrava quasi mai sua mamma in cucina quando faceva colazione, e invece ora lei era lì.
-Ciao, mamma.- Rispose Louis, sedendosi.
-Sei tornato tardi ieri sera.- Disse lei, sedendosi di fronte a lui.
-Mi dispiace di averti svegliata.- Rispose Louis, iniziando a versare il latte e i cereali.
-Non lo avresti fatto, se non avessi parlato nel sonno.- Continuò lei, un'espressione preoccupata sul viso.
Louis si bloccò e fissò sua madre meglio occhi intensamente.
-Aspetta, ho parlato nel sonno?-
Johanna annuì lentamente.
-E cosa ho detto?- Chiese ancora Louis.
-Continuavi a ripetere un nome.- Rispose lei.
-Quale nome?- Chiese Louis, impaziente, ma senza capire.
Johanna lo guardò, indecisa se dirli la verità oppure no.
-Harry.- Esclamò alla fine.
Louis sgranò gli occhi e in quel momento realizzò ciò che prima non riusciva a ricordare.
Scattò in piedi e corse per le scale, mentre sua madre cercava di trattenerlo, invano.
Si chiuse in camera.
No. Non poteva essere. Non era successo. Non lo aveva fatto. No.
Nonostante si ripetesse tutto questo, sapeva dentro di sé che la verità era tutt'altra.
Com'era potuto succedere?
Un'esplosione ormonale improvvisa? Una voglia improvvisa?
Ma Louis aveva goduto solo nel far godere Harry, quindi non era possibile.
Louis, certo fino a pochi minuti prima della sua eterosessualità, si ritrovò con un dubbio nella mente.
"E se fossi davvero gay?"
Mentre quella domanda gli ronzava in testa, sua mamma continuava a bussare alla porta e non si fermò finché lui, finalmente, le aprì.
Louis si buttò sul letto e sua mamma si sedette vicino a lui.
-Lou.. Che succede? So che c'è qualcosa che non va e so anche che Harry c'entra qualcosa.- Gli disse.
Louis inspirò profondamente, poi si voltò verso di lei.
-Mamma... Se tu avessi sempre creduto di essere qualcuno, e poi scoprissi che in realtà sei qualcuno di completamente diverso e ti sembrasse terribilmente sbagliato, che faresti?- Chiese lui, con le lacrime agli occhi.
Johanna inizialmente sembrò stupita da quella domanda, ma poi il suo volto si aprì in un dolce sorriso.
-Beh, io penso che non esista qualcosa di giusto o di sbagliato, la cosa importante è capire che cosa vuoi veramente.-
"Cosa voglio veramente?" Si chiese Louis nella mente.
In realtà ancora non lo sapeva, o almeno non se ne rendeva conto.
-Amore mio, io ti accetterò sempre, qualsiasi scelta tu faccia. Sono tua madre e ti amo infinitamente.- Gli disse Johanna, attirandolo a sé e abbracciandolo.
-Grazie..- Cominciò lui.
-Fammi finire. Voglio darti un consiglio: qualunque sia la tua scelta, non rovinare le cose con Harry. In un modo o in un altro, lui è importante per te ed è una persona stupenda. Non fartelo scappare, ti prego.-
Louis guardò sua madre, sconvolto.
Era davvero possibile che sua madre avesse capito tutto, anche meglio di lui?

Harry, la notte precedente, era arrivato a casa e aveva svegliato tutti, inciampando nel tavolino del salotto e cadendo, facendo un rumore terribile.
Dopo essersi scusato mille volte e dopo aver assicurato di stare bene, si era barricato nella sua stanza e lì aveva passato la notte insonne.
Aveva deciso che non avrebbe detto nulla di ciò che era successo a nessuno. No, avrebbe tenuto quel segreto per sé. Anche perché sicuramente Louis si sarebbe scordato di tutto oppure avrebbe negato.

La mattina dopo si rifiutò di andare a scuola e rimase nel letto fino all'ora di pranzo quando, ancora in pigiama, si decise a scendere in cucina.
-Buongiorno..- Salutò sua madre, sbadigliando.
-Harry! Come stai?- Chiese lei, abbandonando i fornelli ed andando ad abbracciarlo.
-Bene, come dovrei stare?-
-Beh, visto lo stato in cui ti trovavi ieri sera, non saprei.-
Anne, ovviamente, aveva fatto centro.
Harry si sentiva a pezzi: aveva un'emicrania che lo stava distruggendo e il morale a terra.
-Sto bene, davvero.- Rispose infine.
Pranzò silenziosamente, immerso nei suoi pensieri e fu eternamente grato a sua madre che evitò di rivolgergli altre domande.
Poi si vestì e uscì per prendere una boccata d'aria.

Louis rimase chiuso in casa per giorni, fingendosi malato.
Si alzò dal letto solo per andare in bagno e mangiò pochissimo, scatenando la preoccupazione della sua famiglia.
Aveva perfino chiamato la scuola di musica per avvertire della sua malattia e giustificare la sua assenza prolungata.
Nel frattempo continuava a riflettere su tutto ciò che gli era successo l'ultima volta che aveva messo il naso fuori di casa e, più precisamente, su cosa era successo con Harry.
Pensò e ripensò, finché riuscì ad auto convincersi in qualche modo di non essere minimamente innamorato di Harry, di non essere gay e del fatto che gli avvenimenti di QUELLA sera erano stati causati dal fatto che non faceva sesso da un sacco di tempo. Logico, no?
La verità che si rifiutava di accettare era che aveva paura.
Aveva paura di amare Harry.
Aveva paura delle conseguenze.
Aveva paura di perderlo.

Harry era preoccupato: non aveva notizie di Louis da giorni, era sparito di nuovo.
Decise allora di telefonargli, ma rispose Johanna che lo informò del fatto che Louis stava male.
Harry, nonostante fosse molto scettico riguardo l'improvvisa malattia dell'amico, ringraziò la donna e riattaccò.

Johanna salì le scale ed entrò nella camera di Louis.
-Lou?- Lo chiamò e lui rispose mugolando qualcosa da sotto le coperte.
-Ha chiamato Harry, era molto preoccupato.-
Sentendo quelle parole, Louis si riscosse dal suo letargo.
Era vero, aveva preso una decisione, ma di certo non aveva chiarito nulla con Harry.
Per quanto la cosa lo spaventasse, era arrivato il momento di alzarsi.
Era arrivato il momento di uscire.
Era arrivato il momento di affrontare Harry, il suo migliore amico e probabilmente, era arrivato il momento di spezzargli il cuore.
Non voleva ferirlo perché gli voleva bene, ma non poteva dargli quello che voleva perché lui non era gay.
Nonostante non volesse, gli avrebbe inevitabilmente spezzato il cuore.
Di nuovo.

It was always you.|Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora