"Your reason to be."

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Nei giorni successivi Louis si sentì male come mai si era sentito in vita sua, non solo moralmente, ma anche fisicamente.
Mangiava come un bue per poi vomitare poco dopo tutto ciò che aveva ingerito.
Sembrava che il suo corpo si stesse rifiutando di continuare a vivere senza Harry.

Scese le scale di corsa e fece irruzione in cucina, dove sua madre e Lottie stavano chiacchierando tranquillamente.
Aprì l'anta di uno scaffale e iniziò a rovistare tra le varie cibarie.
-Dove sono i biscotti?!- Chiese.
-Li hai finiti prima, tesoro.- Gli rispose dolcemente Johanna.
Louis sbuffò, seccato.
-Louis, stai mangiando davvero tanto ultimamente, che succede?-
-Non lo so, mamma. So soltanto che tutto quello che finisce nel mio stomaco torna su poco dopo.- Sbottò Louis, sbattendo lo sportello.
-Cosa? Perché non me lo hai detto?- Chiese la donna, mettendo le mani sui fianchi con un'espressione arrabbiata.
-Perché non volevo farti preoccupare.-
Louis era sincero: sapeva che sua madre era già in pena per lui per la faccenda di Harry e non voleva farle ulteriori motivi per preoccuparsi.
-Sono tua madre, Louis.-
-Lo so, mamma. Scusami, va bene?-
Johanna si rilassò e lo abbracciò.
-Stai tranquillo, tesoro. Devi solo capire che, se non mi parli dei tuoi problemi, non posso aiutarti in nessun modo.-
Louis annuì, consapevole del fatto che sua mamma non si riferisse solo al discorso cibo-vomito, ma anche alla sua condizione morale e mentale.
Johanna lo aveva trovato più volte in lacrime, durante una delle sue crisi, ma Louis non le aveva permesso di entrare nel muro di protezione che si era eretto intorno.

-Dopo ti porto dal dottore.- Annunciò la donna.
-No! Mamma, sono abbastanza grande da sapere se ho bisogno di un dottore e..- La voce di Louis fu interrotta dal l'ennesimo conato di vomito che lo costrinse a scattare sulle scale verso il bagno.
Rigettò nel water tutto il contenuto del suo stomaco e poi si sciacquò la bocca.
Ormai si stava quasi abituando.
Quando aprì la porta, sua madre era lì, poggiata allo stipite con un sopracciglio alzato.
-Ok, verrò dal dottore!- Sbottò Louis, alzando le braccia in segno di resa.
Johanna sorrise compiaciuta.
-Oh, mi stavo quasi dimenticando. Prima è passata Gemma e ha lasciato questa per te.- Disse poi, porgendogli una busta.
-Tesoro, per quanto sia dura, devi andare avanti. Sai che io sono qui per te, vero?-
Louis la prese annuendo e, dopo aver ringraziato sua madre, entrò in camera sua e si sedette sul letto.
Aprì la busta e tirò fuori un piccolo oggetto avvolto nella carta e un foglietto con scritto "è giusto che la abbia tu. Anne".
Louis tolse la carta e si ritrovò tra le mani la piastrina identificativo di Harry, quella con il nome è la data di nascita che avevano al collo tutti i soldati per essere riconosciuti in caso di morte.
Louis la strinse nella mano, come a voler passare le incisioni dal metallo alla sua pelle, mentre gli occhi iniziavano a pizzicargli e le lacrime riprendevano a scendere.
-Non la toglierò mai. Te lo prometto.- Mormorò, mettendosela al collo.

Louis aspettava nervosamente il suo turno nella sala d'attesa dell'ospedale.
Sua madre gli stava carezzando la schiena per tranquillizzarlo, ma non sembrava che la cosa stesse avendo molti riscontri positivi.
-Louis Tomlinson?- Chiamò un'infermiera.
Louis deglutì e si alzò, imitato da sua madre e seguì l'infermiera in una stanza, dove un uomo sulla quarantina con una folta barba e l'aria amichevole lo stava aspettando, seduto alla scrivania.
-Buongiorno! Accomodatevi!- Li salutò allegramente.
-Tu devi essere Louis.-
Louis annuì, nonostante trovasse quella domanda terribilmente inutile. Chi altro poteva essere?
-Quanti anni hai?-
-Diciannove e mezzo.-
Nei seguenti minuti Louis rispose ad un'altra serie di domande da lui giudicate assolutamente superflue, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco, dato che sua madre lo inceneriva ogni volta che provava a rispondere in maniera sarcastica.
-Allora, cosa ti porta qui?- Chiese infine il medico.
-Beh, dottore, sono giorni che Louis mangia tantissimo e poi rigetta tutto dopo poco tempo. Sono molto preoccupata.- Rispose Johanna, al posto del figlio che rimase seccato da quell'intrusione.
-Non si preoccupi, signora: ora lo visito e vediamo che succede. Ho bisogno che tu ti spogli, Louis.-
Johanna si voltò, per lasciargli un po' di privacy e lui fece come il dottore gli aveva detto, rifiutandosi però di togliere la piastrina di Harry.

L'uomo controllò le condizioni di Louis per una buona mezz'ora, prima di dirgli di rivestirsi.
-Louis, dalla visita direi che sei sano come un pesce.-
-Ma dottore..-
-Sarà un virus, signora, passerà.-
-Ma un virus che dura da più di due settimane?- Chiese Johanna perplessa.
Louis, annoiato, si mordicchiò una pellicina sul dito.
-Gli farò fare delle analisi. Ci vorrà un po' per avere i risultati, ma così scopriremo che succede e lei, signora, stia tranquilla.-

Louis venne accompagnato in un'altra stanza, dove un'infermiera gli fece il prelievo del sangue.
Louis, alla vista dell'ago e del liquido scarlatto che scorreva nei piccoli tubi, ebbe un conato di vomito e rigettò tutto ciò che gli era rimasto nello stomaco.

Erano passate due settimane dal giorno della visita e Louis aveva continuato a mangiare in maniera esagerata e a vomitare tutto.
Si sentiva svuotato, completamente a pezzi, senza forze.
Il malessere fisico, ovviamente, era sempre accompagnato dalla tristezza e dal dolore per la mancanza di Harry e sembrava non esserci alcuna soluzione a questo.
Non servivano più le sigarette, che prima lo aiutavano a prendersi un momento di pausa da tutto e non era servito neanche ubriacarsi come non mai, con il solo esito di vomitare in maniera ancora peggiore.
Non c'era modo per uscire da quella situazione, ogni tentativo non faceva altro che peggiorare le cose.
Che senso aveva continuare a vivere in quel modo?
"Nessuno". Così penso Louis, in piedi davanti al lavandino del bagno, dopo aver vomitato per l'ennesima volta.
Si odiava per ciò che stava per fare, ma semplicemente non poteva andare avanti in quelle condizioni.
Aprì lo sportello del mobiletto e prese una delle sue lame da barba.
Se la rigirò tra le mani, poi prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e la premette sul suo polso, che subito si tinse del rosso del suo sangue.
Quando Louis aprì gli occhi e posò lo sguardo sul polso sanguinante, il colore scarlatto, nella sua mente, fu subito sostituito da un verde così intenso che quasi accecava.
-Scusa, Haz.- Mormorò Louis tra i singhiozzi.
Non era giusto. Tutto quello che stava facendo non era giusto bei confronti di Harry. Era quasi un insulto alla sua memoria il volersi togliere la vita ma, in quel momento, quel verde per Louis fu solo una spinta per continuare.
E allora premette di nuovo la lametta sul polso e si lasciò sfuggire un lamento perché faceva male, ma mai quanto avrebbe fatto male una vita intera vissuta senza più vedere gli occhi di Harry.
Fece un terzo taglio e sentì che piano piano il dolore al cuore si affievoliva, sostituito in maniera irruente da quello sul polso.
Il telefono squillò.
Louis fissò il lavandino pieno di sangue, la sua mano altrettanto sporca che teneva stretta la lametta, il suo braccio martoriato.
Il telefono squillò ancora.
Sarebbe stato così facile farla finita.
Qualche altro taglio e finalmente sarebbe stato in pace.
Stava per ricominciare, quando il telefono riprese a suonare imperterrito. Fu quel suono a tenerlo a galla, a condurlo fuori dal tunnel da cui sembrava non potesse più uscire.
Posò la lametta, rimandando il suo addio al mondo e alla vita e scese le scale, arrivando al telefono e alzando la cornetta.
-Pronto?-
-Louis..- La voce di sua madre era terribilmente tesa.
-Mamma? Che succede?- Chiese Louis, allarmato.
-Tesoro, devi venire subito all'ospedale.-
-Perché?-
-Sono venuta a prendere i risultati delle tue analisi e..-
-Cosa? Sto per morire?- Chiese Louis. Una parte di lui, in fondo, sperava davvero che il responso fosse quello.
-No. Devi venire subito qui.-
Louis guardò preoccupato i tagli ancora sanguinanti sul suo braccio: avrebbe di sicuro dovuto trovare una spiegazione accettabile.
-È proprio necessario?- Chiese.
Sentì Johanna sospirare e poi ripetere la sua domanda a qualcuno, forse a un dottore.
-Sì, Louis.- Esclamò poi.
-Cosa?- Chiese lui.
-Devi venire. Subito.-
-Va bene.-
Louis attaccò sospirando e cercando una soluzione a quel casino immenso.
Corse in bagno e si sciacquò il braccio che iniziò a bruciargli in una maniera insopportabile mentre il sangue continuava ad uscire.
Si morse il labbro, cercando in tutti i modi di non piangere, ma senza successo.
Poco dopo, il pollo che aveva mangiato a pranzo finì nel water.
Louis, lavandosi i denti per mandare via il terribile sapore del vomito, si chiese se ci fosse una ragione per continuare a vivere.
Guardò la sua faccia riflessa nello specchio, il volto scavato e le occhiaie profonde, il polso pieno di tagli e sangue, lo schifo che aveva appena rigettato; pensò a Harry, che era la sua vera ragione per vivere, o anche solo per essere.
La risposta alla sua domanda non poteva essere più chiara: non esisteva una ragione al mondo per continuare a vivere.

It was always you.|Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora