Capitolo 13

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Passai l'intera notte con il naso rivolto all'insù, guardando il cielo ricoperto di tante piccole luci, qualcuna più vicina, altre più lontane, ma tutte splendenti e pure, come se fossero preziosi gioielli incastonati nell'infinito manto scuro della notte.

Osservai la Luna, chiamata anche Isil il Chiarore e ultimo Fiore d'Argento dell'antico albero Telperion, sbocciato a Valinor ai tempi degli Alberi. A guidare il tragitto della Luna vi era Tilion, Maiar cacciatore della schiera di Oromë, mentre a guidare il Sole vi era Arien, fanciulla Maiar dalle sembianze di uno spirito di fuoco, immune agli ardori prodotti dall'albero Laurelin. Tilion fu subito attratto da Arien, e sempre lo sarà. Per questo non sempre segue il cammino stabilito ed alcune volte riesce ad avvicinarsi a lei, causando però bruciature alla Luna e la formazione di profondi crateri sulla superficie.

Un amore eterno e impossibile al tempo stesso; due amanti costretti a rincorrersi all'infinito.

Ben presto all'orizzonte cominciò a diffondersi il tenue bagliore dell'alba, riempiendo sempre di più il profondo blu della notte con leggere sfumature rossastre: Arien stava tornando.

Scelsi dal ramo su cui mi ero adagiata per la notte, appoggiata con la schiena al robusto tronco dell'albero, e ritornai vicino al focolare ormai quasi del tutto spento. Attorno ad esso vi erano i Nani ancora addormentati, così come Bilbo e Gandalf. Gli unici ad essere svegli erano i nipoti di Thorin, rimasti di guardia durante la notte. Il più giovane, Kili, stava controllando se la corda del suo arco fosse abbastanza tesa, mentre Fili affilava i pugnali che teneva nascosti in più punti dei suoi abiti.

-Buon giorno ...- dissi sorridendogli.

Da quel giorno volevo rinstaurare il rapporto con loro, mettendo da parte i momenti di tensione al nido delle Aquile e della sera precedente. Se desideravo avere la loro fiducia, dovevo guadagnarmela.

I giovani Nani al suono della mia voce sussultarono sorpresi, essendo talmente assorti nel loro lavoro da non avermi visto arrivare.

-Custode!

-Vi prego, chiamatemi Belthil. Non sono superiore a voi, per cui non serve neanche che mi diate sempre del lei, anzi, mi piace parlare francamente e senza troppe infiorettature.

-Va bene Cu... Belthil. È già l'alba?- chiese Fili.

-Sta iniziando a sorgere il sole e visto che sono già sveglia volevo sapere se potevo fare qualcosa, per esempio cacciare qualcosa per il viaggio o aiutarvi con le vostre armi ...

I due fratelli si guardarono perplessi: un Elfo si era appena messo al servizio di due Nani, una cosa mai accaduta prima.

-Ecco.. noi ... - per loro era così strano quello che stava succedendo che non sapevano cosa dirmi, perciò presi io l'iniziativa.

-Tornerò tra poco, non dovrei impiegarci molto a trovare qualcosa.- dissi imbracciando l'arco, per poi congedarmi da loro e addentrarmi nel fitto della foresta.

Iniziai a correre velocemente, schivando gli alberi e non lasciando quasi nessuna traccia del mio passaggio. Mi concentrai sui suoni che provenivano dalla boscaglia: i cinguettii degli uccelli nei loro nidi, il fruscio delle foglie scosse da una leggera brezza mattutina, l'inteso stridio prodotto dalle cicale. La foresta riprendeva vita.

Infine sentii i leggeri passi di due lepri, non molto lontane da me. Mi acquattai tra i cespugli, presi una freccia dalla faretra posizionandola sull'arco e cominciai a scrutare tra il fogliame caduto a terra, cercando le mie prede. Appena le trovai feci un profondo respiro.

Per un comune Elfo uccidere un animale era qualcosa di proibito, ma non per tutti, non per me. A volte era necessario per puro istinto di sopravvivenza o, come nel mio caso, per necessità: i Nani non avrebbero di certo mangiato solo pane elfico.

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