Capitolo 18

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CONSIGLIO PER LA LETTURA : "Skinny Love" di Birdy, mi sono innamorata di questa canzone 😍


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All'improvviso mi ritrovai in una caverna piena di ossa, la stessa dove avevo sognato Calen giorni prima. Lui era ancora lì, legato a pesanti catene e martoriato da gravi e profonde ferite.

Mi guardava con occhi sofferenti, implorando soccorso, ma un muro invisibile ci teneva separati. Cominciai a tirare pugni uno dietro l'altro, fino a farmi sanguinare le nocche, eppure la barriera rimaneva intatta. Mi accasciai sconfitta di fronte ad essa, respirando affannosamente e creando delle piccole nuvole nell'aria gelida.

Non volevo arrendermi, desideravo sentire il calore del suo corpo ancora una volta. Desideravo riaverlo al mio fianco, come se nulla fosse accaduto.

Desideravo amarlo con tutta me stessa, per l'eternità.

Improvvisamente sentii una voce provenire da un angolo oscuro della caverna. Una risata malvagia, come se a qualcuno godesse nel vederci soffrire.

Dall'oscurità comparve la figura di Davoch, il quale ci osservava compiaciuto attraverso i suoi occhi demoniaci. Sentii la rabbia cominciare a ribollirmi nelle vene, lo avrei fatto a pezzi se non ci fosse stata la barriera di mezzo.

Le pareti della caverna cominciarono a ricoprirsi di uno spesso strato di ghiaccio, il quale inghiottì in pochi secondi anche il corpo di Calen. Ricominciai a dimenarmi, dovevo salvarlo ad ogni costo. La risata di Davoch continuava a riecheggiare nella grotta, mentre il ghiaccio iniziava ad avanzare nella mia direzione. Mi ritrassi subito dalla barriera, premendo la mia schiena contro la parete alle mie spalle: ero in trappola. Sentii i piedi divenire velocemente freddi, poi le gambe, il busto, le braccia, fino a quando il ghiaccio mi imprigionò completamente. L'ultima cosa che vidi fu il blocco di ghiaccio nel quale si trovava Calen, ed una lacrima mi rigò il viso, per poi cristallizzarsi sulla mia guancia.

Un istante dopo ripresi conoscenza nella cella di Dol Guldur, con la risata di Davoch che ancora riecheggiava nella mia testa. Accanto al letto su cui ero distesa vi era Pallando, il quale aveva vegliato costantemente sul mio sonno tormentato.

-Mia signora, come vi sentite?- mi chiese subito preoccupato vedendo la mia espressione sconvolta.

-Credo ... bene.

Sentii che le mie forze erano aumentate, per cui provai ad invocare la Fiamma. Sul palmo della mia mano comparve una piccola fiammella blu oceano, dalla luce fioca e non molto potente.

La Fiamma stava tornando.

Immediatamente la gioia su sostituita dal terrore: che cosa ne avrei fatto?

Avrei accettato le condizioni di Sauron, mettendo in pericolo tutta la Terra di Mezzo solo per rivedere Calen?

Sentivo che era Calen ancora in vita, ma avrei davvero posto i miei bisogni prima del mio dovere?

La Fiamma Imperitura mi conferiva poteri incredibili, ma al tempo stesso una enorme responsabilità: ero in grado di plasmare qualsiasi cosa, perfino delle nuove vite, le quali sarebbero state per sempre legate a me e le cui azioni sarebbero ricadute solamente sulle mie spalle. Tutto questo mi era stato spiegato da Manwë, durante il mio lungo soggiorno a Valinor. Avevamo passato interi giorni chiusi in biblioteca, per studiare fino a che punto arrivasse il mio potere. Creare dal nulla anche il più semplice oggetto era qualcosa che richiedeva un enorme controllo della Fiamma, per questo non avevo mai tentato di utilizzare quella parte del mio potere, neanche entro le mura dell'Arena di Tulkas. Se qualcosa fosse andato storto, avrei potuto mettere ugualmente in pericolo la Terra di Mezzo, per questo avevo giurato ai Valar di non utilizzare mai la Fiamma per quello scopo, ed avrei mantenuto la parola data.

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