Capitolo 3

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"Allora, potremmo organizzarci una volta a settimana. Fino al 4 Novembre abbiamo ancora piú di un mese. E poi potremmo fare a casa mia, visto che lo studio di mio papà è grande e credo che per Niky non sia un problema prendere l'autobus una volta la settimana. Giusto Nik?"
"Per me è okay Nina, organizzatevi voi e fatemi sapere. Io ci sono sempre."
Siamo solo al quinto giorno di scuola e abbiamo già una prestazione autentica di biologia da preparare. Assurdo. In ogni caso, per quanto mi stessi sforzando, non riuscivo a seguire i loro discorsi.. Un pò perché la professoressa mi ha fatto il grandissimo favore di mettere nel mio gruppo tutte le persone che odio di piú in assoluto. Per fortuna ha avuto la decenza di affiancarmi Nina, altrimenti giuro che a quest'ora avrei già fatto una strage.
E un pó perché in realtà avevo altro a cui pensare.

"Caro diario,
É da un pò di tempo che non scrivo. Forse dovrei ricominciare, raccontarti le novità. Forse qualcosina da dire c'é...
Il mio ragazzo mi ha lasciata, o meglio, io ho lasciato lui. Sinceramente non ho ancora ben capito come sia andata. So solo che tutto quello che abbiamo costruito in dieci mesi si é frantumato nel corso di all'incirca quattro ore. Ma la cosa piú assurda é che non é questo il motivo per cui sto male, non é questo il motivo per cui la notte piango, non dormo, faccio incubi e mi sveglio con gli occhi gonfi ed arrossati. Non é perché la persona che piú amavo al mondo mi ha lasciata. 
Perché l'ho amato, l'ho amato come solo Dio sa, ma a lui non ci penso già piú.
Credo sia... Si, credo sia Stephan..."

"Niky, dovresti smettere di pensarci. Sai che ti stai solo facendo del male cosí?"
"I tuoi tentativi di farmi smettere di pensare a lui stanno miseramente fallendo Nina, come i miei tentativi di far uscire questo stupidissimo problema di trigonometria."
Eravamo in camera sua, sdraiate sul suo letto cercando invano di ripetere trigonometria per il compito in classe del giorno successivo. Ci abbiamo provato, ma tra un'equazione di una circonferenza e una tangente riusciva sempre ad inserire qualche domanda per farmi sputare qualunque rospo avessi dentro che non riuscivo a sopportare.
Alla fine ci ho rinunciato e dopo aver chiuso i libri mi sono seduta a gambe incrociate sul letto. Mi guardava con sguardo attento, aspettando una mia mossa.
"Allora, togliamoci il dente. Cosa vuoi sapere?" Sapevo che era la domanda che si aspettava da una settimana, ma non sono molto brava a condividere le mie emozioni con gli altri. Cosí ho sempre cercato di posticipare quel momento. Ma sapevo che non avrei resistito ancora a lungo e quello era il momento perfetto per parlare.
"Voglio sapere tutto. Cosa é successo, perché non mangi, perché non dormi. E non dirmi che é per Alex! Ti conosco e so per certo che hai smesso di pensare a lui la stessa sera che vi siete lasciati. C'é dell'altro... e io voglio sapere cosa."
Per qualche secondo ripercorsi mentalmente quegli ultimi mesi e quelle parole furono come una pugnalata al cuore. Non ne avevo mai parlato con nessuno prima.
"So che tu vuoi che io smetta di pensare a lui continuamente, so che vorresti lo considerassi un idolo e nient'altro. E sai che é quello che vorrei anche io! É quello che ho sempre voluto. Ma non ce la faccio..."
Le parole uscivano da sole, senza che nemmeno ci pensassi e ad accompagnarle le lacrime, prima deboli e salate, poi copiose e amare, scendevano a rigare il mio viso.
Lei mi stringeva le mani e lasciava che mi sfogassi in qualche modo, per quanto possibile.
"... mi sono rotta di stare male, soffrire per persone che nemmeno mi meritano. E soprattutto, sono stanca di essere sempre la sfigata di turno. Ho bisogno di una cosa in questo momento. Lui."
Mi abbracciò forte mentre io cercavo di respirare per regolarizzare il battito e smettere di piangere.
"Non so a quanto serva ma... Io sono qua, e lo sai."
Sorrisi, sinceramente questa volta, e la ringraziai per il supporto.
Poi sistemai le mie cose e andai via. Si propose per accompagnarmi alla fermata dell'autobus, ma le dissi che avevo bisogno di stare un pò da sola.
Mi abbracciò di nuovo, piú forte questa volta e dopo avermi salutata la rividi entrare in casa.

La strada era abbastanza trafficata, infondo era solo il 18 Settembre, faceva caldo e la gente usciva ancora. Le luci soffuse dei lampioni illuminavano i volti dei ragazzini che giocavano a calcio per strada spensierati e sorridenti. Gli anziani erano seduti ai tavolini esterni dei bar e giocavano allegramente a carte. Le coppiette si tenevano per mano e passeggiavano su e giú per il corso fermandosi a darsi qualche dolce bacio ogni tanto. Era una serata perfetta, per gli altri almeno.

Erano quasi le 19:00, il mio autobus stava arrivando.
'Sono riuscita a sfogarmi con la mia migliore amica. Allora perché mi sento peggio di prima? Vuota, inutile, persa... '

Tornai a casa e dissi ai miei che non mi andava di mangiare e andai direttamente a letto. 
Misi il pigiama, presi il cellulare e sotto le lenzuola cominciai a scrivere un messaggio.
"Hei,
Non so perché mi sono convinta che scrivendoti sarei stata un pò... Meno peggio, diciamo cosí.
Vorrei tanto poterti abbracciare in questo momento, dirti quanto sei importante, quanto mi fai stare bene, quanto ho bisogno di te.
So che é una cosa assurda, che forse gli altri hanno ragione, pensare a te mi fa stare solo peggio. Ma per me non é cosí, la mia vita é cambiata da quando ci sei, in positivo. E non ho intenzione di lasciarti andare, per nessun motivo al mondo.
Spero di sognarti stanotte, come mi capita spesso ultimamente.
Ho bisogno di te."

Ero completamente consapevole che quel messaggio non avrebbe mai ricevuto una risposta, ma scrivergli me lo faceva sentire piú vicino. E poi, in un certo senso, non ho mai smesso di sperare per un attimo che quella fosse la volta buona, che prima o poi lo avrebbe letto un messaggio. Ovviamente erano tutte illusioni, piú che sogni. Ma nella vita mai dire mai, giusto?
Spensi il cellulare per una notte e cercai di dormire, dormire sul serio. Perché ne avevo davvero bisogno.
Fu veloce, mi sdraiai e subito crollai tra le braccia di Morfeo.

'Quella spiaggia era bellissima, probabilmente non ci ero mai stata. L'acqua era limpida, la sabbia bianca e pulita, l'aria fresca e pura. Il sole stava facendo capolino dietro la distesa azzurra e io mi sentii accarezzare una spalla.
"Dove siamo?"
"Siamo da qualche parte, lontano da tutto e tutti."
Sorrisi a lui che mi tese una mano per farmi alzare e cominciammo a camminare sul bagnasciuga mano nella mano.
Lui era bellissimo. I suoi occhi brillavano sotto l'influenza dei raggi del sole. Era facile annegarci dentro e ogni volta che mi guardava mi scioglievo. 
Mi portò con se dove c'era un vecchio tronco di un albero e mi indicò di sedermici accanto a lui.
Lo feci, appoggiando la mia testa sulla sua spalla. Lui cinse la mia vita con un braccio e poggiò la sua testa sulla mia.
Restammo cosí, non so per quanto tempo, perché a noi non servivano parole. Stavamo comunicando, in silenzio. E io gli stavo urlando con tutto il silenzio di cui ero capace, quanto mi mancasse.
"Perché non può essere sempre cosí?"
Si ritrasse per un secondo. Prese il mio viso tra le sue mani costringendomi a guardarlo negli occhi .
"Perché io non sono reale. E probabilmente non lo sarò mai. Lo sai questo, vero?"
Le lacrime cominciarono a scendere senza chiedere il permesso. Annuii e tonai tra le sue braccia. "


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