Capitolo 4

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É passato piú di un mese da quella notte, da quel sogno che ancora mi tormenta. Avrò forse fatto già dodici giorni di assenza su trenta. Ho saltato un pó la scuola e i miei non sono per niente contenti.
Ho litigato pesantamente con una delle mie amiche virtuali, quella a cui tenevo di piú. Sono stata malissimo. Fisicamente e psicologicamente. Credo di aver perso altri sei chili, non importa.
Oggi é 27 Ottobre... il giorno del suo compleanno.
L'avevo fatta una pazzia, eccome.
Gli ho scritto una lettera, gli ho comprato un regalo e ho spedito tutto, con la speranza che gli arrivasse. Anche se ovviamente sapevo che non sarebbe stato cosí.

Avevo il compito in classe di latino il giorno dopo e dovevo assolumente mettermi con la testa sui libri e studiare quel pomeriggio.
Stranamente lo feci per davvero, passai tutto il pomeriggio tra Terenzio, Plauto, Ennio e tutto il circolo scipionico.
Verso le sette avevo già finito, ma avevo un mal di testa tremendo. Scesi di sotto per prendere un'aspirina. Mi sentivo un pò cosí, ma nulla di che.
Mia madre era in cucina, stava leggendo un giornale. Io mi avvicinai al lavello, presi un bicchiere e dell'acqua. Le mie mani tremavano. Cercai di riempire il bicchiere senza far cadere l'acqua e ci misi dentro l'aspirina. Poi lo presi tra le mani che continuavano a tremare e mi poggiai con la schiena alla cucina. Respirai a fondo, cercando di riprendermi. Non riuscivo a capire perché all'improvviso mi sentissi cosí.
Piano piano le mie mani smisero di tremare. Il battito rallentò e mi sembrò di stare meglio.
Fin quando mia madre non alzò gli occhi dal suo giornale, mi guardò e disse una frase, una sola frase che mi fece crollare.
"Tesoro , che hai?"
All'improvviso il bicchiere mi cadde dalle mani e si frantumò in mille pezzi, le mie gambe cedettero e caddi in ginocchio sui pezzettini di vetro che si infilavano crudeli nella mia pelle. Piangevo, urlavo. Mia madre mi corse vicino, provó ad aiutarmi ad alzarmi mentre urlava per chiamare mio padre. Io non riuscivo a fare nient'altro che piangere.
Mio padre arrivò presto e si trovò davanti una scena pietosa, mia madre era disperata non riusciva a capire cosa avessi e io ero lí, inerme su quei pezzetti di vetro che erano l'unica cosa che forse non mi provocava dolore in quel momento.
Tutto quello che avevo tenuto dentro fino ad all'ora, il dolore, la rabbia, la perenne solitudine che mi faceva soffrire, il bisogno di una persona che non c'era.. Tutto, in quel momento venne a galla. E io non riuscii a sopportare tanto dolore tutto insieme.
Continuavo a piangere e urlare. Mio padre mi parlava, mi accarezzava ma all'improvviso non vidi piú nulla, solo buio.

"La terremo qui per qualche giorno, il tempo di fare delle analisi, capire cos'abbia. Starà meglio."
"Grazie dottore."
Sentii una porta chiudersi e le voci di due persone che non riuscivo ancora a riconoscere.
"Io non capisco cosa le prenda. Non capisco dove ho sbagliato con lei. Perché sta cosí male?"
Era la voce di una donna. Piangeva...
"Non é colpa tua. E nemmeno colpa sua. Vedrai che riusciremo a capire cosa c'é che non va e riusciremo ad aiutarla. Starà meglio. Deve stare meglio, perché non voglio mai piú vederla come l'ho vista stasera."
Un uomo cercava di consolare la donna che in silenzio probabilmente continuava a piangere.
Cercai con tutte le mie forze di aprire gli occhi.
La luce fioca della luna illuminava la stanza. Io ero distesa in un letto immobile, attaccata a delle macchine. Non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo.
Solo in quel momento capii di chi erano quelle voci: mamma e papà si avvicinarono al mio letto, guardandomi sorridendo, un sorriso forzato, che nascondeva una forte paura e tristezza, si vedeva. Entrambi con gli occhi lucidi. Mormorai un "Dove sono?" , ma la mia voce era irriconoscibile.
Rispose mia madre.
"Non sforzarti tesoro. Hai perso molto sangue. Siamo in ospedale."
Mio padre si allontanò per rispondere al telefono e io rimasi sola con mia madre.
"Mamma, cosa é successo?"
"Non ricordi nulla?"
"Solo... Il bicchiere rotto e le lacrime. Nient'altro. Sono svenuta?"
Mia madre cercò di trattenere le lacrime per spiegarmi cosa fosse successo.
"Non sei svenuta per lo sforzo. Mentre..." fece una pausa, respirò a fondo e poi riprese. "Mentre eri a terra e tuo padre cercava di rialzarti hai raccolto in preda alle urla un grosso pezzo di vetro e... E ti sei quasi squarciata un polso. Sei svenuta probabilmente per il dolore."
Non ci potevo credere. Davvero ero stata capace di un gesto del genere?
"Mamma, mi dispiace tanto. Io non avrei mai fatto una cosa del genere. Non so perché.. Non so come mi sia passato per la testa."
Mia madre mi accarezzava i capelli biondi. Aspettò un pó prima di rispondere.
"Abbiamo parlato con uno psicologo. Non possiamo piú vederti stare cosí"
"Cosa? Mamma io non sono malata, non ho bisogno di uno psicologo."
"Lui ha letto il tuo diario e ha paura tu possa farlo di nuovo. Mettere in pericolo la tua vita. Hai bisogno di aiuto."
"HA LETTO IL MIO DIARIO? COME LO HAI TROVATO? QUANTO TEMPO HO DORMITO? NON AVEVATE NESSUN DIRITTO DI LEGGERLO!"
Ero arrabbiata. Si chiama diario segreto, ci sarà un motivo!
Poi però mi fermai a pensare...
Avevo avuto un crollo davanti ai miei genitori, ho tentato di farmi del male davanti a loro ( e ci sono anche riuscita). Era logico che cercassero almeno degli indizi per capire cosa avessi.
"Mamma, io so che l'unica cosa che volete é aiutarmi, ma potevate chiedere a me. Non serviva leggere il mio diario!"
"Guardati?! Sei sdraiata in un letto di ospedale, stavi rischiando di morire dissanguata perché non ci hai mai parlato! Non ti sei sfogata con noi! Quindi non ti sorprendere e smetti di dirci cosa dobbiamo fare. Fino ad oggi ti ho lasciata fare. Ho lasciato che tu facessi le tue esperienze, che sbagliassi da sola e imparassi la lezione. Ma ora non resteremo piú a guardare. Ora ci tocca prendere in mano la situazione. Perché oggi ho visto una cosa che nella mia vita mai avrei voluto vedere! Se mi avessero ucciso sarebbe stato meglio. Non puoi capire quanto faccia male vedere una figlia in queste condizioni. Basta. Ti terranno qualche altro giorno in ospedale e poi valuteremo con papà cosa fare."
Era arrabbiata, triste, delusa...
L'ho delusa. Gli ho delusi. E questo é il dolore piú grande.
"Mamma..."
Si girò a guardarmi, ancora con gli occhi lucidi, e io continuai a parlare.
"Avevo studiato cosí bene per il compito, mi spiace non farlo."
Le strappai un sorriso. Mi diede un piccolo bacio sulla fronte. Nel frattempo mio padre tornò nella stanza e ne approfittai.
"Mi dispiace, mi dispiace tanto. So che vi ho delusi... Non volevo. E non immaginavo minimamente che sarei arrivata a fare una cosa del genere. Non ne avevo davvero l'intenzione. E credo lo dimostri il fatto che non lo ricordavo quando mi sono svegliata.
Ma vi prometto, che non succederà mai piú. Che starò meglio, tornerò quella di prima. La ragazza innamorata della scuola, del calcio, la piccola bomber, determinata, combattiva e sorridente che ero. Da sola, senza bisogno di nessuno psicologo. Posso farlo, davvero.
Ma ho bisogno di cambiare aria. Devo andare via da qui."
I miei si guardarono negli occhi e dopo pochi secondi ricevetti uno sguardo di intesa da parte di tutti e due.
"Dormi ora, devi riposare. Noi staremo qui, promesso."
Non mi accorsi di essere stanca fin quando non me lo fecero notare.
Sorrisi e chiusi gli occhi, lentamente crollai.

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