-thirty eight-

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Calum era distrutto. Non voleva più leggere i messaggi che la sua migliore amica, disperatamente, gli scriveva. Era arrabbiato, molto anche. Si sentiva preso in giro: perché gli aveva detto "Ti amo" se non era sicura? Lui sapeva bene ciò che sentiva: amava Shyla più di tutto e più di tutti. Ma non riusciva a perdonarla per ciò che gli aveva detto: non ci riusciva proprio. L'amore non è una cosa da prendere alla leggera, è l'arma più potente esistente sulla faccia della terra. Si sollevò dal letto, sistemando il cuscino che aveva raccolto le sue lacrime versate per ogni messaggio che riceveva da Shyla e uscì di casa. Il sole brillava intensamente nel cielo perfettamente azzurro. Camminò fino ad arrivare alla spiaggia dove, per la prima volta, aveva incontrato la ragazza. Entrò nel bar del lungomare e ordinò una granita alla menta. Una volta pagato raggiunse la spiaggia e si sedette sugli scogli. Osservò l'orizzonte e si chiese perché si stava comportando così da stronzo. Sapeva che a lei, lui, mancava e sapeva che a lui, lei,  mancava. E allora perché non la cercava? Si diede subito la risposta: il suo orgoglio troppo sviluppato lo fermava. Rimase fermo ad osservare le onde del mare accarezzare la costa, per poi ritirarsi fino a tarda sera, quando tutti se n'erano andati. Prese il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni corti color cenere, si collegò a Whatsapp, aprì la chat di Shyla, la sbloccò e fece una foto al paesaggio che lo circondava per inviargliela. Proprio quando stava per premere "invio" si fermò. L'aveva fatta soffrire che le sarebbe importato di una semplice foto? Niente. Sospirò rimettendo via il cellulare. Si sdraiò sorreggendosi coi gomiti.

"Ti amo, Shyla Parker." Disse osservando il cielo tempestato di stelle.

E' Dio quant'era vero. Dio quanto l'amava.




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