Capitolo due - Oculum pro oculo

434 21 11
                                    

"No one can unring this bell
Unsound this alarm
Unbreak my heart new"

Mercury - Sleeping At Last
► Play


Con la mano mi sposto velocemente i pochi ciuffi di capelli ricaduti davanti al viso, non trattenendo uno sbuffo infastidito. E' come avere tanti piccoli ragni che mi corrono sul collo, poi sulle guance, sulla fronte, sul naso, solleticandomi la pelle. Butto la testa all'indietro, liberandomi da quella sensazione fastidiosa, le braccia inizialmente tese e premute sul copriletto azzurro che si piegano su se stesse, lasciandomi cadere supina sul morbido materasso, forse fin troppo grande per una sola persona.

Il cielo fuori dalla finestra ha assunto un colore a metà fra l'azzurro e il blu notte, una sfumatura quasi tranquillizzante che mi fa intuire che il sole deve essere ormai già tramontato. Mi stiracchio, rendendomi conto, senza troppe preoccupazioni, di aver dormito più di quanto volessi e ricordando a malapena la discussione avuta con mio padre qualche ora fa, così come il doloroso martellio alla testa che ne è conseguito. Dopo quell'ennesima lite, mi sono semplicemente ritirata in camera, mentre sentivo chiaramente la mia testa spaccarsi. Ho immaginato che questa si aprisse e che dal cervello sanguinolento nascessero dei fiori. Forse l'ho sognato. Così come immagino di aver sognato anche Alfred, un gatto verde vomito con i baffi fucsia e gli occhi enormi a spirale, che mi ha svolazzato per un po' intorno recitando una reinterpretazione dell'Amleto.

Al leggero brontolio del mio stomaco non posso fare a meno di ridacchiare, consapevole di essermela cercata, ma respingendo qualsiasi senso di colpa. Mangerò qualcosa fra poco, se proprio mi va. Sperando che mio padre sia già uscito, ovviamente; infatti, mentre lui probabilmente avrà già accantonato la nostra litigata di poco fa tra le cose di poco conto, il mio nervosismo mi porterebbe soltanto ad iniziarne un'altra e, sinceramente, non credo di avere la forza psicologica e fisica necessaria per saltare un altro pasto.

Sbuffo rumorosamente, osservando il soffitto sopra di me. Sono sveglia da appena qualche minuto, ma già mi annoio. Non ho nulla da fare per passare il tempo e, me ne rendo conto, ultimamente questa cosa capita sempre più spesso. Non perché non abbia interessi, sia chiaro, ma semplicemente perché non mi va di farli fruttare. Credo di essere ancora abbastanza giovane da poter non avere troppe aspettative senza dovermene preoccupare, eppure è come se sentissi questo insetto nella testa che mi punzecchia in continuazione il cervello, rendendo i miei sporadici momenti di ozio quasi dolorosi. Come se a diciotto anni dovessi sentirmi in colpa per questo.

Spesso mi capita di saltare le ore di sonno notturne, preferendo concentrarmi su tutte le attività che non trovo mai il tempo - o semplicemente non ho voglia - di fare: ad esempio, giusto settimana scorsa ho appeso finalmente al muro quei poster che avevo comprato in occasione del trasferimento, ormai risalente ad un anno fa, quando ero ancora emozionata dall'idea di poter arredare la camera a mio piacimento. Quell'entusiasmo, tuttavia, si smorzò abbastanza velocemente e tutto ciò che riuscii a concludere fu tinteggiare le pareti. E nemmeno tutte, se devo essere sincera, nonostante di fronte agli altri ci tenga a specificare che sia stata una scelta artistica quella di dipingere soltanto un muro su quattro, di un orribile lilla di cui ora mi pento, oltretutto.

Quando ci trasferimmo qui, a mio padre piaceva pensare, forse illudendo sia me che se stesso, che saremmo tornati ad essere una famiglia normale. O forse che, cambiando aria, sarei stata troppo impegnata a ricostruirmi una vita per avercela con lui, e credo che all'inizio sia stato davvero così. Lui era così preso da questo nuovo progetto che sembrava aver dimenticato totalmente tutto il resto: i suoi impegni, il suo lavoro, i suoi viaggi continui, perfino la sua macchina fotografica. Fra di noi aleggiava un'atmosfera di antico affetto che avevo dimenticato con il tempo, ma l'effetto che tutto questo ebbe su di lui lo rese, più che felice, malinconico. Come se qualcosa mancasse.

Haley - In Morte Ultima VeritasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora