Capitolo venti - Procul ex oculis, procul ex mente

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"So here I go
I'm still scratching around in the same old hole
My body feels young but my mind is very old
So what do you say?
You can't give me the dreams that are mine anyway
You're half the world away
You're half the world away"

Half The World Away - AURORA
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Mi alzo in piedi, cercando di concentrare tutte le forze nelle gambe stanche per non cadere di faccia sul marciapiede che costeggia la strada. D'altronde, contando la tenacia con cui la fortuna mi sta tenendo per mano in questo periodo, una svolta del genere in questa giornata fin troppo soleggiata non mi sorprenderebbe affatto.

Prima che io riesca a fare anche solo un passo verso il vialetto di casa mia, tuttavia, la voce di Marilù, ancora seduta sul sedile del guidatore, mi richiama, costringendomi a voltarmi.

"Vorrei che tu non facessi parola di tutto questo con nessuno, Cara" mi chiede, la voce ridotta ad un sussurro appena udibile. "Né con Will, né soprattutto con Elliot."

La guardo in silenzio per un paio di secondi, la mano ancora stretta contro la portiera nel gesto interrotto di richiuderla. A vederla ora, non si direbbe nemmeno che fino a qualche minuto fa stesse piangendo disperata. I suoi occhi, anzi, sembrano ormai sulla strada di riacquistare la solita vivacità che li caratterizza, mentre il rosso vivido che le colora le guance le ringiovanisce quasi il viso, appena toccato dagli inevitabili segni del tempo.

"Elliot non..."

"Lui non sa nulla" risponde lei alla mia domanda interrotta, stringendo le labbra in una linea severa. "Crede che suo padre sia morto di infarto. Non sa nemmeno di aver avuto una sorella."

Immediatamente aggrotto le sopracciglia, stringendo il labbro inferiore fra i denti nel tentativo di trattenere un rimprovero che non ho alcun diritto di pronunciare. Non sono mai stata un'amante delle bugie, che queste siano a fin di bene o meno, ma come posso pretendere io - proprio io - di avere il diritto di esprimere una critica del genere, di fingere di non essermene giocata il più possibile fino all'ultimo? In fondo, devo riconoscerlo, è molto più facile nuotare nella merda con un fazzoletto profumato premuto contro il naso.

"Non guardarmi così, bambina" mi riprende con un sorriso. "Io posso pure convivere con il peso di questa cosa per tutta la vita, ma non posso accettare anche lui venga travolto da tutto questo. Forse capirai quello che ti sto dicendo quando diventerai madre anche tu."

Annuisco, non tanto convinta dalle sue parole quanto più desiderosa di allontanarmi dalla vettura. Se per qualche minuto la sua storia è riuscita a farmi stare meglio, a farmi sentire compresa, ora come ora essa sta iniziando a gravarmi sulle spalle con tutto il peso di una responsabilità che in realtà non sono io a dover sopportare ogni giorno. E, quasi quasi, vorrei che non me l'avesse mai raccontata, che mi avesse lasciata a crogiolarmi nella mia incapacità di affrontare il dolore che sento ancora rimbombarmi con violenza nel petto, soltanto minimamente attutito dal suo tentativo di farmi sentire meglio.

"Ciao Mary" mi limito quindi a dire, tirandomi forzatamente fuori dai denti quel nomignolo con cui lei, ormai settimane fa, mi ha chiesto di chiamarla.

"Ti aspetto qui finché non esci."

Chiudo la portiera prima che lei possa pronunciare altro, dirigendomi a passi pesanti verso la mia meta.

È con mano tremante che afferro il nastro della polizia che circonda la casa, dello stesso giallo vivace di un nastro da pacco arricciato, sollevandolo abbastanza in alto da permettermi di passare sotto e poter così raggiungere la porta d'ingresso. Come se non bastasse, fallisco almeno tre tentativi prima di riuscire finalmente ad infilare la chiave nella serratura, sentendo poi le dita quasi formicolare nell'azione di girarla quattro volte verso sinistra e abbassare la maniglia.

Haley - In Morte Ultima VeritasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora