Capitolo diciotto - Bis peccare in bello non licet

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"Long in this hallway
Silent beside me
Driving a nightmare I can't escape from
Helpless and praying
The light isn't fading
Hiding the shock and the chill in my bones
They took you away on a table
I pace back and forth as you lay still
They pull you and feel your heartbeat
Can you hear me screaming please don't leave me?

Hold on, I still want you
Come back, I still need you"

Hold On - Chord Overstreet
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Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque...

Alzo la testa, un movimento così svelto da farmi dolere il collo, ma non me ne curo. A malapena me ne accorgo, in realtà. Nel vedere l'ennesima infermiera passarmi davanti incurante, tuttavia, il mio sguardo riprende tenace a puntare il pavimento, seguendo le strane linee geometriche che ne decorano le piastrelle senza vederle veramente.

Con gli occhi incantati, riprendo a contare mentalmente i battiti del mio cuore, pulsazione dopo pulsazione, cercando di arginare la sensazione opprimente che mi invade periodicamente il petto, togliendomi il respiro. Ogni tanto, riesco quasi a sentire il ritmo aumentare o rallentare di colpo, e allora, senza alcun motivo concreto, cado quasi nel panico. Non so il perché, ma in questo momento mi piace illudermi che il suo, di cuore, corra allo stesso ritmo del mio, come in una sorta di strano collegamento. Mi piace fingere che, sentendo il mio pulsare così forte contro il costato, il suo riesca a trovare la forza di continuare a funzionare.

All'improvviso, un conato inaspettato mi scuote, facendomi piegare su me stessa nel tentativo di darmi un contegno. Non che nel mio stomaco ci sia molto altro da vomitare, in questo momento, a parte bile. Tutto ciò che avevo mangiato l'ho rimesso qualche ora fa, nel vedere il corpo morente di mio padre, circondato dai paramedici, riverso a terra e completamente ricoperto di sangue, il ventre squarciato in numerosi punti, un rivolo rosso a sporcargli le labbra e parte del viso.

Respiro profondamente, trattenendo un singhiozzo violento nel ricordare quella scena. Dopo la sua chiamata, io e Will ci siamo precipitati fuori dall'appartamento e abbiamo chiamato la polizia, anche se le parole, ostacolate dal fiatone della corsa, faticavano ad uscire. Non ho mai corso tanto velocemente in vita mia, mentre, nella mia testa, le preghiere si alternavano a varie maledizioni verso il ragazzo al mio fianco, che, nonostante i suoi vent'anni, ha pensato bene di non prendere mai la patente. Quando siamo arrivati di fronte a casa mia, le pareti bianche illuminate a intermittenza dalle sirene della polizia e dell'ambulanza, mi sono sentita morire.

Nulla, tuttavia, avrebbe mai potuto prepararmi allo spettacolo che mi aspettava all'interno. Sgomitando fra i poliziotti, intenzionati probabilmente a fermare la mia corsa disperata verso la porta d'ingresso, ho sentito il fiato mozzarsi prima ancora di poter raggiungere la fonte delle voci: la camera da letto di mio padre. La prima cosa che mi è saltata all'occhio una volta entrata è stato il sangue. La stanza, quasi completamente distrutta proprio come il salotto, era totalmente ricoperta di quella sostanza rossa, che ne imbrattava le pareti con il suo odore metallico e nauseante.

Poi, subito dopo, ho visto il corpo. Era sdraiato a pancia in su, cosa che mi ha permesso di mettere subito a fuoco l'enorme macchia rossa e umida che ne sporcava la maglietta, la stessa a cui, poche ore prima, mi ero aggrappata con forza, nel pieno di una sicurezza che ora mi era stata strappata via. Prima che me ne potessi rendere conto, ho sentito le ginocchia cedere sotto il mio stesso peso, colpendo il pavimento con una tale forza da lasciarmi senza fiato, lo stomaco contorcersi in un violento conato e rigettare ogni cosa sotto di me.

Soltanto quando ho alzato lo sguardo, però, sono riuscita a notare, sulla parete di fronte a me, il presagio scritto con lo stesso orribile colore che ricopriva tutto il resto: Presto.

Haley - In Morte Ultima VeritasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora